Vince l’UDC, tutti gli altri perdono
Chiara svolta a destra nei risultati, ancora non definitivi, delle elezioni nazionali: l’Udc sfiora il 30% e punta a dettare l’agenda delle camere federali in accordo con quel che resta del PLR
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Chiara svolta a destra nei risultati, ancora non definitivi, delle elezioni nazionali: l’Udc sfiora il 30% e punta a dettare l’agenda delle camere federali in accordo con quel che resta del PLR
• – Rocco Bianchi
Il racconto autobiografico di Ida Hofmann (1864-1926), una delle ideatrici del Monte Verità in un libro pubblicato da Casagrande di Bellinzona che sarà presentato, in occasione dell’uscita in liberia, il prossimo 25 ottobre
• – Michele Ferrario
Breve incontro con il compositore ticinese alla viglia del concerto a lui dedicato in occasione dell'80mo anniversario
• – Redazione
Aperto e subito chiuso il confine di Rafah, al confine egiziano, da cui sono transitati soltanto pochi autocarri con aiuti umanitari; un gioco cinico e immorale
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• – Redazione
Stampa / Pdf
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Una significativa scelta di opere pittoriche del regista Bruno Soldini, in mostra alla Galleria Job di Giubiasco
• – Redazione
La multinazionale ha versato 70.000 franchi all’UDC e al PLR, partiti in prima linea contro le regolamentazioni anti tabacco
• – Federico Franchini
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E noi assieme a loro. Perché se già oggi a Berna è difficile trovare compromessi e soluzioni, domani lo sarà ancora di più. La leadership democentrista infatti da sempre è piuttosto refrattaria, per non dire aliena, a dialogare con le altre forze politiche cercando delle soluzioni accettabili per (quasi) tutti. Lo fa e lo ha fatto, impossibile negarlo, ma soltanto o quando vi è costretta, o soprattutto quando è certa di poter trattare da una posizione di forza (la linea è quella verticistico-aziendalista imposta negli anni ’90 da Blocher e accoliti); in caso contrario pur magari appoggiandole lascia agli altri la responsabilità delle scelte che non condivide appieno, oppure si erge fiera e solitaria a difensore di mitici valori al 100% svizzeri – che quali siano ancora nessuno l’ha spiegato e dunque lo sappia all’elettorato evidentemente pare importi poco. Scelta evidentemente pagante elettoralmente ma politicamente assai pericolosa, soprattutto in un paese dagli equilibri apparentemente solidi ma in realtà assai precari come la Svizzera, che è e rimane, non dimentichiamolo, una confederazione di quattro culture, quattro lingue più l’inglese e ormai diverse etnie in più.
Ma questa sarà musica del futuro, di un quadriennio che si annuncia difficile e complicato. Unico dato positivo, a dicembre l’elezione del subentrante ad Alain Berset, con i Verdi a sperare di restare sopra la soglia piscologica del 10%, i Verdi liberali in arretramento e la sinistra nel suo complesso in ritirata anche al Consiglio degli Stati, sarà quasi certamente una formalità (e diversi dei suoi candidati, sentite alcune sviolinate indirizzate all’UDC, l’hanno capito), ché il secondo seggio in Consiglio federale al Partito socialista non glielo toglie più nessuno.
Della débâcle annunciata dei Verdi, andata ben oltre ogni più nera aspettativa, non si sa che dire. Certo lo spostarsi dell’interesse generale dai temi climatici seguita alla pandemia ha avuto il suo ruolo, certo il recupero da parte del PS di parte del suo elettorato che quattro anni fa aveva deciso di votare verde ha contribuito, ma perdere in un colpo solo praticamente tutto quello che si era guadagnato impone una riflessione seria e approfondita, di linea politica e di conseguenza, spiace dirlo, di persone. La comunicazione, giova ribadirlo, dovrebbe seguire da sé.
Abbagliati da questi due risultati – la vittoria UDC e il tonfo ecologista – rischia per contro di passare sotto silenzio quello che a nostro avviso è il dato saliente di questa elezione, per lo meno da un punto di vista storico: il sorpasso, se confermato, o comunque il sostanziale pareggio tra il Centro (ex PPD ed ex conservatori) e il PLR. Mai infatti il partito che ha letteralmente immaginato, ideato e creato la Svizzera moderna si è trovato a un livello tanto basso, mai si è trovato alla pari se non addirittura sotto i suoi storici avversari. Tant’è che, se i risultati definitivi confermeranno le proiezioni, se non a dicembre per lo meno alla prossima partenza il partito di Gerhard Pfister potrebbe a giusta ragione rivendicare un secondo seggio in Consiglio federale ai danni proprio dei liberali-radicali.
Di che meditare proprio in nome di quei valori al 100% svizzeri rivendicati spesso a sproposito da alcuni e che proprio il partito che li ha creati e imposti a tutti sembra aver dimenticato. Recuperarli, rifarli propri e riaffermarli potrebbe essere una via per il partito non solo per recuperare consensi, ma per rifondarsi e rinascere. Tenendo magari anche presente il passato più recente: l’unica volta a memoria nostra che il PLR è riuscito a migliorare elettoralmente è quando, dopo anni di lavoro e smettendo di scopiazzare ed accodarsi ad altre forze politiche (all’UDC soprattutto), è riuscito a ridarsi un’immagine propria e ben definita. Il suo presidente si chiamava Fulvio Pelli, allora era criticatissimo, oggi forse qualcuno lo rimpiange…
Nell’immagine: la seconda proiezione per il Consiglio nazionale
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