A Dante con moto
Issare il sommo poeta ancor più sul piedestallo aiuta a farlo amare e capire?
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Issare il sommo poeta ancor più sul piedestallo aiuta a farlo amare e capire?
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Issare il sommo poeta ancor più sul piedestallo aiuta a farlo amare e capire?
Accogliendo il suggerimento di Paolo Di Stefano, inviato ed editorialista del “Corriere della Sera”, il governo italiano ha deciso che il 25 marzo 2021 dovesse essere, nell’anno del 700mo anniversario della morte del sommo poeta, il “Dantedì”, una giornata speciale per rendere omaggio al padre della lingua italiana.
Numerosissime sono oggi le occasioni pubbliche e accademiche previste per sottolineare la grandezza di Dante, che con la sua opera continua dopo secoli a segnare profondamente, fino ai nostri giorni, la cultura e la civiltà italiane.
Anche nel nostro paese, il “Forum per l’Italiano in Svizzera” ha promosso, con la collaborazione della SRG/SSR, ben quattro eventi, nelle quattro regioni linguistiche, per ricordare il poeta e la sua opera più importante e più nota attraverso discorsi diffusi in diretta streaming. Tra mattina e pomeriggio, tutto un susseguirsi di “saluti” e “riflessioni”, a cominciare da Alain Berset: un segno di attenzione verso una delle componenti linguistiche nazionali, pur di minoranza che arriva in un momento in cui, verso l’italiano ed il suo insegnamento universitario in Svizzera, non paiono correre tempi fastosi né festosi.
Alle 14.00, per la Svizzera italiana la sede è stata (e non poteva essere diversamente) Paradiso, per la precisione la vetta del San Salvatore, un luogo “iconico” per la più iconica delle opere letterarie. A parlare, come nelle altre sedi, una serie di “autorità politiche” (che non possono mai mancare) e poi un poeta e studioso, Fabio Pusterla, accanto ad un uomo di teatro come Daniele Finzi Pasca.
Insomma, si è messa in moto, un po’ ovunque (e compatibilmente con i tempi di restrizioni) la macchina, sempre anche un po’ retorica, delle celebrazioni, come si conviene per i grandi della letteratura, dell’arte, della cultura.
Poi, presumibilmente, Dante tornerà essenzialmente ad incombere nelle aule liceali, in virtù, sostanzialmente, della sua indiscutibile importanza storico-letteraria, che continua a farne il caposaldo dell’insegnamento dell’italiano a scuola.
Del resto, è vero, a Dante si deve una scelta decisiva di una lingua che si definiva “volgare”, di cui scelse il registro “comico”, per scrivere in versi un’opera “serissima”, dalle infinite implicazioni e letture.
Oggi, si dice e si ripete, noi parliamo, pensiamo, immaginiamo il mondo e noi stessi attraverso parole che si sono radicate, sono diventate il nostro patrimonio identitario, in relazione alle scelte compiute, settecento anni fa, da Dante Alighieri.
Poi, di quella lingua, il tempo ha portato a cambiarne (semplificarne?) la struttura, ha logicamente inciso sul lessico, con aggiornamenti di forme esistenti e con neologismi, che non toccano però, la sostanza di un’opera che sa continuare a “parlare” anche oggi.
Naturalmente ci sa dire di più o di meno a seconda di come ci viene proposta.
Da noi, nei Licei, la lettura di Dante è materia del secondo anno, dunque per ragazzi di 15-16 anni. Può venir proposta come “esempio” per cavarne non solo nozioni di storia letteraria, ma anche “lezioni di vita”, con cui, con le debite mediazioni, anche i giovani possano rapportare il proprio vissuto; oppure come “inscalfibile modello di grande letteratura” che ai ragazzi rischia di dire molto meno e che probabilmente li trova per lo meno impreparati, tanto è complessa e stratificata la struttura della “Commedia”.
Perché quella di Dante rimanga o divenga davvero la lingua in cui ancora oggi i giovani studenti possano immaginare, pensare, raccontare il loro mondo, occorre che quella “mediazione” conceda magari qualcosa al rigore di filologi, esegeti e critici, e conceda maggiormente al fascino dell’invenzione, all’esemplarità delle vicende, tante, che vi sono narrate: comiche, truci, oscure, commoventi.
Che si trovi, per esempio, un modo particolare ed originale per parlare di Dante e della sua opera, partendo da una specifica e curiosa angolazione, come fa Lella Costa in una bella serie di quattro “letture” dantesche proposte dalla Rete Due della RSI, che hanno come filo conduttore “le donne”. Quattro “storie” che intrecciano versi e commenti, spesso e volentieri con un linguaggio contemporaneo, che esplicitamente si richiama a “versi” di canzoni di oggi, o fa, per esempio, riferimento alla tecnologia, magari con le sue “derive anglofile”. Insomma, una mediazione, quella di Lella Costa, che prova ad adattare la narrazione agli orizzonti dei giovani (e non solo) del terzo Millennio (ascolta qui).
Certo, ci va immaginazione, creatività, e disponibilità al “dialogo”; magari, perché no, ci va anche un po’ di sana ribellione a programmi ingialliti, ad approcci consunti. Insomma, essere un po’ “rivoluzionari”, come lo fu il “sommo poeta”.
Forse così, si avrà qualche possibilità in più di poter ascoltare in futuro conversazioni e dibattiti che non si dibattano disperatamente fra approssimazioni, strafalcioni, silenzi imbarazzanti: quelli, autistici, di frange giovanili estreme che si esprimono menando le mani o di politici che minacciano di fare la stessa cosa.
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