Stare distanti e lavarsi le mani non basta
A San Gallo un macello è al centro di un focolaio. E conferma la necessità di ripensare i concetti di protezione
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A San Gallo un macello è al centro di un focolaio. E conferma la necessità di ripensare i concetti di protezione
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A San Gallo un macello è al centro di un focolaio. E conferma la necessità di ripensare i concetti di protezione
Gli alloggi in comune sono in effetti un ambiente ideale per la diffusione del virus ed è vero che in Ungheria la situazione epidemiologica non è attualmente migliore della nostra: anzi, dopo aver gestito meglio la seconda ondata, da metà febbraio la repubblica magiara conosce una crescita esplosiva dei contagi (se ne contano 800 per milione di abitanti, mentre in Svizzera oggi si aggirano sui 230).
Dubito però che basti questo per escludere che i contagi siano avvenuti anche sul posto di lavoro, perché macelli, salumifici e impianti di trattamento della carne sono altrettanto se non più pericolosi degli alloggi in comune. Lo scorso giugno, in Germania, aveva fatto scalpore il caso della Tönnies, un gigante del settore, in cui 1550 dei 7 mila dipendenti si erano infettati. E non si tratta di un caso isolato: già nel maggio 2020, i Centers for disease control and prevention statunitensi documentavano poco meno di 5 mila contagi tra i 130 mila lavoratori di 115 stabilimenti del settore.
Per questo il British Medical Journal li ha definiti un nuovo fronte nella pandemia, sottolineando che al virus condizioni ideali per temperatura, umidità, ambiente e condizioni di lavoro. Era il liglio 2020 e restava da capire se i contagi potessero avvenire per via aerea, interrogativo al quale ha risposto uno studio proprio sul focolaio alla Tönnies: “I contagi si sono verificati in un’area circoscritta dello stabilimento, in cui l’aria è costantemente rimessa in circolo e raffreddata a 10 gradi”, scrivono gli autori. E concludono: “I nostri risultati indicano che le condizioni ambientali (climate conditions) e i flussi d’aria sono fattori che possono favorire una diffusione efficace del virus SARS-CoV-2 su distanze di oltre 8 metri”.
Non conosco lo “Schutzkonzept” della ditta sangallese ma è facile immaginare che si basi sulle regole auree dell’Ufficio federale della sanità pubblica: lavarsi regolarmente le mani col sapone, tenere il famoso metro e mezzo di distanza e portare la mascherina. Magari con l’aggiunta di un po’ di plexiglas. Se così fosse, sarebbe del tutto inadeguato a proteggere i lavoratori da un virus che circola nell’aria su distanze di oltre 8 metri, come già sottolineavo in un precedente contributo.
Certo è più facile stare a un metro e mezzo di distanza, lavarsi le mani e mettere una mascherina che garantire una buona qualità dell’aria, con impianti di ventilazione e filtraggio adeguati. Ma finché non lo faremo, daremo al virus un vantaggio di cui non ha certo bisogno.
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Qualcuno di sicuro l’ha già detto, perché è una verità del signor de Lapalisse: non si può promuovere la salute pubblica senza il pubblico o, peggio ancora, contro di esso. Per...