Biden, nessuna illusione
Appunti sparsi su chi regge i destini del mondo
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Appunti sparsi su chi regge i destini del mondo
• – Marco Züblin
Stampa / Pdf
• – Franco Cavani
Votazione del 13 giugno, perché la legge federale sulle misure di polizia è arbitraria e superflua
• – Bruno Balestra
Questioni e domande intorno al rapporto di bilancio 2020 della SSR
• – Enrico Lombardi
Con la seconda dose, la vaccinazione mi mette al riparo dalle conseguenze più gravi del Covid19, ma ora proteggerò gli altri
• – Riccardo Fanciola
Il consiglio federale fa credere che l’accordo quadro con l’UE sia impopolare, ma un sondaggio serio dice il contrario
• – Daniele Piazza
Come cavolo ti comporti davanti a un ventenne che ti mostra il braccio tatuato con un simbolo neo-nazista e dice di ammirare Hitler?
• – Franco Cavani
In questa storia vi è anche un cieco calcolo strategico di Israele, che oggi si rivela catastrofico
• – Aldo Sofia
Imponenti nuove cubature e massicci interventi edilizi non giovano a nessuno
• – Cristina Kopreinig Guzzi
Dimissioni, credibilità elvetica, e crittografia taroccata
• – Marco Züblin
Con benevolenza, la stampa tende a enfatizzare – per ovvio contrasto con l’allucinato quadriennio precedente – ogni decisione anche banalmente ragionevole del nuovo presidente, come il rientro in logici accordi internazionali e in generale l’azzeramento delle decisioni prese da Trump durante la sua presidenza da circo Barnum, o la vaccinazione di massa, o il piano miliardario di investimenti per superare la crisi economica suscitata dalla pandemia. Atti dovuti, direi, per un presidente appena appena normale.
Certo che stupisce constatare come negli ultimi sessant’anni il grande Paese, faro del “mondo libero”, non sia stato in grado di esprimere, per la suprema carica, personalità di vero spessore, statisti autentici, come sarebbe stato lecito attendersi. Forse perché le decisioni vengono prese altrove, e il presidente non ne è che un incravattato portavoce; quindi, se si dice che fu buon presidente Ronnie Reagan, immaginiamoci come potrebbe esserlo uno come George Clooney.
Tornando a Biden, segnalo tre cose: una cretinata che avrebbe però potuto avere gravi conseguenze diplomatiche, una che segnala banale ignoranza, e una prevedibile dichiarazione su un tema di sostanza.
In primo luogo, l’accusa televisiva a Putin non solo di essere un assassino (né più né meno), ma – udite udite – addirittura di non avere … un’anima: affermazione quest’ultima piuttosto sorprendente, da un cattolico che dovrebbe ritenere che chiunque invece ne ha una, di anima, peraltro sempre redimibile con piccolo esercizio di pentimento. Putin ha lucidamente dato a questa stralunata esternazione l’attenzione che meritava, cioè nessuna; evitando crisi diplomatiche da isteria e da dignità offesa, di cui non si sente proprio il bisogno.
Poi, l’inopinato (re)inserimento della Svizzera tra i paradisi fiscali. Oltre ad essere accusa assai curiosa, proveniente dall’ex senatore del Delaware (cioè di uno Stato in cui chiunque, ma proprio chiunque, può ancora farsi gli affaracci suoi in quasi perfetto anonimato), essa manifesta una conoscenza meramente archeologica dei fatti. Il ghostwriter di Biden non è meglio di quello di Cassis (casi Glencore e UNRWA), e non è una bella notizia.
Infine, la sua reazione alla orrenda situazione in Israele e a Gaza, con il sostegno senza distinguo alla politica di Tel Aviv e l’auspicio che si giunga a una “conclusione” al più presto: con qualche bella carneficina di poveri, una serena pulizia etnica e qualche altra annessione territoriale, immagino. Bisognerebbe fargli leggere “Palestine: Peace Not Apartheid” di un suo predecessore, Jimmy Carter, un libro che dovrebbero leggere in tanti.
Ammetto che confido nel potere taumaturgico del tempo che potrebbe mettere in sella la vice presidente Kamala Harris, personaggio forse fuori dai soliti schemi e da cui è quindi lecito sperare qualcosa di nuovo, e forse di buono.
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