Biden, Putin e la Bibbia
Il vertice a Ginevra dei due presidenti che finora hanno più che altro litigato
Filtra per rubrica
Filtra per autore/trice
Il vertice a Ginevra dei due presidenti che finora hanno più che altro litigato
• – Aldo Sofia
La trascuratezza e il degrado linguistico oggi sono ovunque. La RSI si deve adeguare?
• – Maurizio Chiaruttini
La mediazione tra Molino e la città di Lugano è una cosa seria
• – Sergio Roic
e i conti senza l'oste...
• – Franco Cavani
Agli Stati un progetto di modifica del Codice di procedura civile può diventare un altro ostacolo alla libertà di stampa
• – Redazione
Il tempo dei doveri sarà solo quando la questione dei diritti non verrà più liquidata con una scrollata di spalle
• – Simona Sala
Intervento della sindacalista Chiara Landi alla manifestazione "Donne in sciopero: indietro non torniamo" di Bellinzona
• – Redazione
Il racconto di Anna
• – Redazione
Le ripercussioni delle votazioni: ma non è detto che sia la fine dell’onda verde
• – Daniele Piazza
Motivi e prospettive della domenica nera del fronte ambientalista
• – Aldo Sofia
Il vertice a Ginevra dei due presidenti che finora hanno più che altro litigato
Si compiace, la Svizzera, di offrire i servigi della propria neutralità. In realtà, di mettere a disposizione due comode poltrone. Per i due ospiti eccellenti. La retorica elvetica suona anche un po’ stucchevole (“Ginevra al centro del mondo”), trito surrogato allo stato non certo apprezzabile della nostra politica estera, poco costruttiva, originale, dinamica.
Così, inevitabilmente, per esaltare l’evento di oggi si rispolvera la memoria di un altro grande vertice, novembre 1985, sempre sulle rive del Lemano, quando Reagan e Gorbaciov riuscirono a rompere il ghiaccio della guerra fredda, quella vera, dei due blocchi nucleari contrapposti, cui seguì a breve la prima intesa dei sovrabbondanti arsenali atomici. Allora, clima inaspettatamente idilliaco, con il russo che cita la Bibbia, “c’è un tempo per ogni cosa”, e l’americano pronto a ribattere “anche il tempo di lavorare insieme” (troppo bella per non essere stata preparata).
Ci si aggrappa all’aneddoto per sperare che, fra il super-dinamico ‘zio Joe’ e il gelido neo-zar, lo scenario si ripeta. Perché, a guardar le sole premesse, fra un “lui è un killer” e un “chi lo dice lo è”, e le successive reciproche accuse (soprattutto americane: spionaggio russo, occupazione parziale della Crimea, violazione dei diritti umani) ci sarebbe poco da essere fiduciosi, mentre il russo esalta Trump “uomo di talento” e derubrica Biden a “politico di professione”.
Ma è dimenticare che la realpolitik ha ragioni che il sentimento non può avere. Quindi, uno spiraglio pur piccolo rimane. Anche se non si capisce bene per farne cosa. L’America ha chiamato all’allineamento i suoi alleati europei (non proprio entusiasti) e ottenuto dalla NATO (i cui confini non dovrebbero superare di molto il quadrilatero atlantico) di elevare la Cina a nemico pubblico numero uno. Trump era ‘America first’, Biden “America is back”, ma pur con altri metodi, non polemici ma inclusivi, continua a imporre ai partner il suo menu. Con quale obiettivo? L’ha ben descritto il direttore della rivista geo-strategica ‘Limes’, Lucio Caracciolo. Nostra sintesi: rinsaldare i vincoli con l’Europa, averla al fianco nel contenimento della Russia, concentrarsi poi sull’aspro confronto con il nuovo nemico, la Cina non più potenza dai piedi ancora d’argilla (come pensa sia rimasta la Russia) ma già superpotenza in grado di imporsi in economia, tecnologia, strategia per strappare agli Stati Uniti il primato planetario.
Se la gioca tutta, il 41esimo presidente Usa. E rischia. Rischia di ritrovarsi alla fine con alleati troppo riottosi di andare al totale scontro politico-economico con Pechino, e con una Russia tutt’altro che cedevole (a meno di concessioni americane sostanziose, ma quali?) all’idea di servire il gioco del nemico d’oltre Atlantico allentando o addirittura compromettendo la stagione di buona collaborazione su diversi fronti con l’ex nemico cinese (lontani i tempi degli scontri armati lungo il fiume Ussuri fra i due poli comunisti, con Washington compiaciuto osservatore). E già c’è chi pronostica ‘scenari da incubo’ per il riproposto leader del ‘mondo libero’. Ginevra qualcosa dovrà rivelare delle possibilità del calcolo americano, e della risposta dello scacchista ex sovietico. Ma è improbabile che uno dei due rispolveri quel versetto della Bibbia.
Articolo scritto per laRegione del 15 gennaio
Note stridule, stridenti e qualche volta stonate in slogan, messaggi e dichiarazioni in vista delle elezioni cantonali del 2 aprile
In Salvador la Chiesa di papa Francesco riscatta la figura del prelato ucciso perché diventato simbolo della teologia della liberazione