Una questione d’avverbio
Agli Stati un progetto di modifica del Codice di procedura civile può diventare un altro ostacolo alla libertà di stampa
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Solo un avverbio, che sarà mai? Perché allarmarsi per una eventuale sua soppressione? E invece i motivi di preoccupazione sono forti. Perché, nell’ambito del dibattito parlamentare sulla modifica del Codice di procedura civile, la cancellazione di quell’avverbio rappresenterebbe un’altra insidia alla libertà di stampa nel nostro paese.
Di che si tratta? Nella sua versione attuale, la legge consente a tutti di sottoporre alla magistratura la richiesta di bloccare un prodotto giornalistico (stampa scritta, radio, tv, online) pubblicato o che sta per essere pubblicato: articolo o programma radiotv che il ricorrente considera lesivo per la sua persona, fisica o giuridica. Si chiama misura cautelare. La legge dice che è possibile ottenerla se il magistrato ritiene che quanto é stato pubblicato o sta per essere pubblicato può causare “un pregiudizio particolarmente grave”, se l’intervento è palesemente giustificato, e se non appare sproporzionato. Una giusta tutela dei cittadini, dunque. Allora? Allora accade che la maggioranza della Commissione affari giuridici della Camera dei cantoni intende cancellare da questo articolo 266 del Codice di procedura civile l’avverbio “particolarmente”, allo scopo di concedere l’applicazione della misura provvisionale quando un pregiudizio è (semplicemente) grave.
Non è affatto una nuance di poco conto. Proposta dal senatore PLR Thomas Hefti [nell’immagine], senza molte spiegazioni, ha scritto “Le Temps”, e senza che ne sia seguito un vero dibattito. Interrogato dal giornale “24 Heures”, Hefti ha spiegato che va riequilibrato il rapporto fra i media e i cittadini. Ottenendo il sostegno della maggioranza della Commissione giuridica. Insufficiente si è rivelata l’opposizione socialista al progetto. Carlo Sommaruga, senatore ginevrino, ha sottolineando che “i giornalisti devono già affrontare regolarmente richieste per bloccare il loro lavoro, e sarebbe pericoloso abbassare ulteriormente la soglia per facilitare la richiesta di provvedimenti di provvisionali…Bisogna contrastare qualsiasi ulteriore riduzione dello spazio garantito alla libertà di informare, perché significherebbe indebolire lo stesso dibattito democratico”.
È stata “Gotham City”, rivista specializzata in inchieste sulla criminalità economica, e presa spesso di mira dai finanzieri bersaglio delle sue indagini giornalistiche, a denunciare per primo il pericolo rappresentato dall’emendamento. Convincendo non pochi editori, ma anche sindacati e giornalisti, che la cancellazione di quell’avverbio non è una piccola cosa, e rappresenta in effetti una pericolosa forma di censura preventiva. Si tratta di un’iniziativa politica che può indebolire la protezione dei giornalisti, mettendoli ulteriormente sotto pressione. Insieme agli editori, sarebbero infatti costretti ad affrontare un aumento esponenziale delle procedure per ottenere provvedimenti cautelari. Soprattutto la stampa d’inchiesta sarebbe costretta a investire energie, tempo e denaro. Nulla che possa incoraggiare un giornalismo che spesso in questi casi deve confrontarsi con chi dispone di importanti mezzi economici per avviare pratiche che possono rivelarsi complesse e lunghe. Ed è anche così che si conta sulla ‘resa preventiva’ di chi invece dovrebbe essere messo nella condizione di informare. Certo, rispettando le leggi cui anche i giornalisti sono confrontati, nonché le regole e la vigilanza del Consiglio svizzero della Stampa.
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