Di Allegra Filippi, InsideOver
Il segretario di Stato statunitense Antony Blinken è in visita in Medio Oriente in un clima di violenze e tensioni scoppiate pochi giorni prima del viaggio. Per primo l’incontro con il presidente egiziano Abdel Fattah al-Sisi con il quale sono stati discussi vari dossier, ma è la visita in Israele che ha dato qualche grattacapo all’amministrazione Biden.
Il nuovo governo formato dai partiti più a destra della storia israeliana sembrano preoccupare il forte legame tra i due Paesi e la sua dura politica nei confronti dei palestinesi pare essere un problema che Washington non vorrebbe avere nell’agenda. Le parole, seppure velate, di Blinken hanno lanciato un avvertimento forte e chiaro a Netanyahu: gli Usa non sono contenti di quello che stanno vedendo in Israele.
Nel medio e breve termine, l’attenzione statunitense è concentrata sulla guerra in Ucraina, a lungo termine invece sulle sfide geopolitiche che riguardano la Cina e l’area del Pacifico. In termini di politica estera che non riguardi queste due regioni, gli Usa vogliono stabilità, fattore che Israele non sembra stia fornendo.
Nell’ultimo periodo molte delle attenzioni internazionali sono rivolte verso Gerusalemme per una serie di motivi. Iniziando dalle tensioni scoppiate con i palestinesi in Cisgiordania e a Gaza che, tra raid e attentati, hanno causato una ventina di morti, passando poi alle proteste dei cittadini israeliani contro il governo arrivando poi all’attacco senza firma alle basi iraniane ad Isfahan, che però ha tutte le carte in regola per essere un prodotto israeliano. Alla luce di questi eventi, l’amministrazione Biden non desidera altro che Israele scompaia dai cicli di notizie televisive e giornalistiche, ma soprattutto non vuole che si inserisca nel Rapporto quotidiano del Presidente, il riassunto dell’intelligence Usa che viene prodotto ogni mattina.
Questione iraniana
Il divario tra le posizioni americane e israeliane sull’Iran sono chiare nonostante le dichiarazioni congiunte di ostacolare in tutti i modi Tehran nello sviluppare armi nucleari. Washington promette di impedire all’Iran di ottenere il nucleare, ma allo stesso tempo tollera la sua capacità di produrlo. Al contrario Tel Aviv dichiara che non lo permetterà e non lo tollererà. Con l’accordo sul nucleare iraniano ormai reso nullo, gli Usa vogliono evitare un’escalation mente Israele cerca di colpire quanto più possibile, come dimostrato da quest’ultimo probabile attacco.
Nella dimensione non nucleare, le attività israeliane contro l’Iran sono sempre state sostenute da Washington. Si parla quindi di destabilizzazione delle organizzazioni terroristiche presenti in Siria, Libano e Yemen oltre che ad Hamas. Ma in una situazione di per sé delicata, in cui l’Iran si intreccia alla Russia nell’offensiva contro l’Ucraina, gli Usa vogliono giocare le loro carte con prudenza e un simile attacco come quello di Isfahan potrebbe portare inevitabilmente a un’escalation che adesso tutti cercano di evitare. Gli Usa comprendono i parametri e la portata delle politiche israeliane, sia quelle internazionali che nazionali, ma desiderano non essere considerati come complici.
Questione palestinese e politica interna
L’amministrazione Biden sa che l’escalation in Cisgiordania e lo spirito antidemocratico del nuovo governo potrebbero rendere difficile il sostegno a Israele nelle Organizzazioni internazionali quali Onu, Corte penale internazionale e Corte internazionale di giustizia dell’Aia. Infatti ad aggiungersi all’escalation con i palestinesi c’è anche la questione della riforma della giustizia voluta dal ministro Yariv Levin che mira a restringere i poteri e l’autonomia della magistratura. Al momento i giudici in Israele vengono scelti da una commissione di magistrati, avvocati e politici, la riforma conferirebbe maggiori poteri ai parlamentari nella nomina dei giudici. Inoltre vi sarebbe anche la proposta di una “clausola di deroga” che consentirebbe al parlamento di annullare una decisione della Corte suprema. La riforma della giustizia ha scatenato delle manifestazioni che hanno coinvolto migliaia di persone e vengono viste da Washington con apprensione. Blinken ha infatti alluso alle manifestazioni quando durante l’incontro con Netanyahu ha detto che “la vivacità della società civile israeliana si è mostrata in tutta la sua evidenza negli ultimi tempi”.
Il Segretario ha poi aggiunto: “Nel corso delle relazioni tra i nostri Paesi, ciò che torniamo a ripetere è che esse sono radicate in valori condivisi. Ciò include il nostro sostegno ai princìpi e alle istituzioni democratiche fondamentali, tra cui il rispetto dei diritti umani, l’equa amministrazione della giustizia per tutti, l’uguaglianza dei diritti delle minoranze, lo Stato di diritto, la libertà di stampa e una solida società civile”. Queste le parole di Blinken che pare vogliano essere un promemoria, o un avvertimento, per Netanyahu e il suo nuovo governo: il legame tra i due Paesi rimane indissolubile ma soltanto se vengono rispettati determinati parametri. Infine Blinken ha elencato i principi democratici fondamentali che sono alla base dei “valori condivisi” tra i due Paesi e che ne sanciscono la relazione.
Nell’immagine: il segretario di Stato Usa Antony Blinken e il presidente Abu Mazen a Ramallah