Le ragioni di Marx. E la sinistra?
Da più parti si invoca un nuovo ordine economico, più stato e meno mercato, ma la sinistra annaspa
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Da più parti si invoca un nuovo ordine economico, più stato e meno mercato, ma la sinistra annaspa
• – Fabio Dozio
In questo anno di guerra Putin ha stretto ulteriormente le misure contro militanti di sinistra e dissidenti: la lotta al regime avviene ormai in forma clandestina
• – Redazione
In un quadriennio politicamente infarcito di iniziative ed atti parlamentari sulla scuola che si sommano e annullano, qualcuno ha provato a dare uno sguardo fuori casa? In Finlandia, per esempio
• – Rocco Bianchi
Due anni dopo il colpo di stato si moltiplicano gli appelli per un'azione globale capace di fermare l'assalto ai diritti umani da parte dei militari birmani.
• – Loretta Dalpozzo
Non trovare certe medicine nelle nostre farmacie aiuta a riflettere sull’errore di dipendere troppo dall’estero per una serie dei prodotti strategici
• – Redazione
Esistono forme di dissenso interno in Russia? Indagine e note sulle forme di contestazione russa nei confronti del conflitto in Ucraina
• – Redazione
Attorno a due parole emerse in questi giorni
• – Silvano Toppi
In Italia si parla di calcio più nelle procure che negli stadi, e dal doping fantasma si passa con triste disinvoltura al doping finanziario, con la Juventus messa in croce sul viale del tramonto
• – Fabrizio Quadranti
Più utile, forse, prendere seriamente in considerazione tutte le conseguenze che si stanno sviluppando sul fronte internazionale in relazione al conflitto che ha scatenato
• – Redazione
Dal più grande Paese del blocco, il Brasile, viene l’impulso verso questo progetto, ritenuto necessario per porre fine alla dipendenza dal dollaro
• – Redazione
Da più parti si invoca un nuovo ordine economico, più stato e meno mercato, ma la sinistra annaspa
I ricchi sono sempre più ricchi e nel mondo crescono le disuguaglianze. Sono ormai dati inconfutabili. Oxfam (Oxford Committee for Famine Relief) pubblica ogni anno, in occasione del World Economic Forum (WEF) di Davos, le informazioni aggiornate sulla scandalosa ripartizione della ricchezza. “La fortuna dei miliardari aumenta di 2,7 miliardi di dollari al giorno, mentre i salari di 1,7 miliardi di persone non si adeguano all’inflazione”. Elon Musk, afferma Oxfam, uno degli uomini più ricchi al mondo, ha avuto un tasso di imposizione fiscale reale di circa il 3% tra il 2014 e il 2018. Aber Christine, una venditrice di farina in Uganda guadagna 80 dollari al mese e paga il 40% di imposte. Perfino i super ricchi accreditati al circo WEF di Davos, che “era e rimane un circolo di segaioli”- come dice l’ex direttrice del New York Times Jill Abramson – propongono di pagare più tasse perché si rendono conto dello squilibrio che potrebbe minare le loro ricchezze.
Insomma, la disuguaglianza è un dato di fatto e si è acuita negli anni della pandemia e, recentemente, con la crisi energetica. Ormai anche da parte di voci che non appartengono alla sinistra radicale si comincia a mettere in discussione il capitalismo.
Der Spiegel, settimanale tedesco, comincia bene il nuovo anno, mettendo in copertina Carlo Marx, con tatuaggi e vestiti da millennials, chiedendosi se, dopotutto, Marx non avesse ragione: “Perché il capitalismo così non funziona più, come si può rinnovarlo?” (Internazionale propone la versione italiana).
Ray Dalio, miliardario fondatore del più grande fondo speculativo del mondo, sentenzia: “Il capitalismo non funziona più per la maggioranza della gente, deve essere riformato altrimenti rischia di morire”.
Adam Tooze, storico britannico, afferma che siamo in una policrisi (il primo a utilizzare questo termine è stato Edgar Morin). Riscaldamento globale, crisi ambientale, pandemia, crisi energetica, guerra, rischio nucleare, siccità, emigrazioni, sono tessere di un grande puzzle che potrebbe portare alla fine del mondo. Le diverse crisi che stiamo attraversando si intersecano e si rafforzano.
Kohei Saito, giovane professore di filosofia, è diventato una star in Giappone, pubblicando una critica ecologica del capitalismo rispolverando Marx. Il suo saggio, Il Capitale nell’antropocene, ha venduto più di mezzo milione di copie, un best seller. I giovani, scioccati dalla crisi ambientale e dalla tragedia di Fukushima, sono sensibili al progetto eco socialista tracciato da Saito, che afferma: “Perché dobbiamo andare avanti così, dedicando tutta la vita al lavoro, al guadagno, al consumo? Le nuove generazioni cominciano a chiederselo”. Saito è particolarmente critico nei confronti dello sviluppo e ritiene che il futuro debba basarsi sulla decrescita, che concepisce come rallentamento dell’attività economica attraverso la riforma democratica del lavoro e della produzione.
Tim Jackson, economista britannico, da Londra mette in guardia nei confronti dell’ideologia capitalista che vuole sempre di più, di più e di più, più soldi e più possesso. Jackson ha inquadrato la sua critica più di dieci anni fa nel lavoro Prosperità senza crescita.
È il mito della crescita che va messo in discussione, così come aveva intuito il Club di Roma più di cinquant’anni fa, pubblicando il famosissimo I limiti dello sviluppo. Si metteva in guardia sul fatto che le risorse del pianeta non potevano essere infinite: parole al vento. Ora, con il riscaldamento climatico che è diventato un dato scientificamente acquisito (a parte qualche pifferaio negazionista), diventa impellente cambiare marcia.
Andreas Reckwitz, sociologo tedesco di fama, rileva che dobbiamo mettere in discussione il nostro rapporto con il progresso. Sempre di più e sempre meglio è un concetto che non vale più. Apparteneva al passato. Ora bisogna fare i conti con qualche rinuncia: “Il fatto che i figli debbano vivere meglio dei loro genitori non sembra ormai più realistico per la classe media”.
Thimotée Parrique, giovane professore francese che lavora all’Università di Lund, in Svezia, studia da anni la decrescita. “La decrescita – afferma – è diventato un concetto inevitabile della discussione sulla transizione ecologica”. “Invece di massimizzare il PIL, i profitti e le rendite, la decrescita favorirebbe il benessere, l’utilità sociale, il potere di vita. La ricerca astratta di lucro sarà sostituita da obiettivi concreti di convivialità e sostenibilità”. Parrique ha pubblicato recentemente, con alcuni colleghi, uno studio sulla decrescita dove si citano centinaia di “strumenti di decrescita” applicati in forme diverse. Per esempio: il divieto di pubblicità negli spazi pubblici a Grenoble, la criminalizzazione dell’obsolescenza programmata in Francia, le politiche di riduzione del tempo di lavoro e la promozione delle mobilità attive nei Paesi Bassi, la tassa carbone in Svezia, il diritto intrinseco alla natura nella costituzione boliviana.
Thierry Pech, del laboratorio Terra Nova, vicino alla sinistra francese, rilancia il ruolo dello Stato: “Va rivista la frontiera tra ruolo dello Stato e delle comunità locali, da una parte, e quello delle imprese e del mercato dall’altra. La situazione attuale è diversa da quella del secolo scorso, caratterizzata dal credo della deregolamentazione in nome dell’efficienza. Un nuovo ordine economico e ambientale passa per una nuova metamorfosi del capitalismo e per l’integrazione di maggior servizio pubblico”.
La critica al capitalismo è più viva che mai e proviene da una miriade di voci, anche appartenenti ad ambienti politici non espressamente di sinistra. La questione climatica impone una correzione delle politiche ambientali, che però faticano a essere attuate. Le disuguaglianze economiche e sociali rischiano di incrinare le democrazie. “L’imposizione fiscale delle persone ricche – afferma la direttrice di Oxfam Gabriela Bucher – è una condizione minima strategica, se si vogliono ridurre le ineguaglianze ed evitare di indebolire la democrazia. Dobbiamo reintrodurla per sostenere l’innovazione, rinforzare il servizio pubblico e favorire il benessere e la salute delle società”.
Insomma, si moltiplicano le voci critiche nei confronti del capitalismo e c’è chi rispolvera Marx: come suggeriva il filosofo di Treviri, non basta interpretare il mondo, si tratta di trasformarlo. La cassetta degli attrezzi per attivare un’opposizione alle politiche liberiste di questi anni è pronta, ma si fatica a usarla. La sinistra, in particolare, stenta a tradurre questo bagaglio di strumenti critici in consenso e mobilitazione.
Nell’immagine: la copertina dell’edizione di Internazionale che riporta la versione italiana dell’articolo dello Spiegel
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