CIP, CIP, che cosa troveranno?
Il crac di Credit Suisse ed una Commissione parlamentare d’inchiesta alla ricerca, forse, di etica e moralità
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Il crac di Credit Suisse ed una Commissione parlamentare d’inchiesta alla ricerca, forse, di etica e moralità
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Il crac di Credit Suisse ed una Commissione parlamentare d’inchiesta alla ricerca, forse, di etica e moralità
CIP con grandi poteri. 14 membri ripartiti equamente tra i partiti, le due Camere, le regioni linguistiche. Come democrazia comanda. Con due posti di prestigio contesi, quello di presidente e vicepresidente; di prestigio perché, in altra occasione, sono stati trampolino di lancio per conquistare il Consiglio federale (v. ad esempio Leuenberger e lo scandalo delle schedature). Bisognerà vedere come sarà definito il mandato.
O come si risponderà alla domanda: come ha potuto prevalere una logica tanto astrusa per cui – dopo quanto capitato con la crisi del 2008 – nessuna condizione veramente efficace si è potuto imporre ai mercati finanziari benché apparve a tutti maledettamente chiaro che ogni mercato, se non è regolamentato non funziona e porta alla malora, non solo una banca o una società finanziaria, ma l’economia, la società intera e soprattutto i povericristi? (E si potrebbe subito aggiungere un’altra domanda, cattivella ma di attualità: come mai se assumi una certa posizione a difesa del clima sei ideologico, mentre in questo caso – proprio dalla voce di un nostro consigliere nazionale – si sostiene che non è questione di ideologia… ma di amministratori cattivi, e che l’articolo 754 del Codice delle obbligazioni stipula precisamente che i consigli di amministrazione devono assumere la responsabilità dei danni causati e… se ci sono state perdite o purtroppo non hanno avuto fortuna o la colpa è di altri, della concorrenza americana, della Finma e dello Stato…poco vigili?).
Prendiamola invece un po’ alla larga, per dire quel che non si dice o non si dirà. Il 2009, dopo il cataclisma della crisi finanziaria, doveva essere l’anno della morale. Della “moral re-entry”, si diceva, ovviamente in inglese. O, meglio, si preferiva dire da noi del ritorno dell’etica. Forse perché la morale obbliga (non fare, non commettere, non rubare) mentre l’etica si limita a raccomandare (sarebbe meglio evitare che).
Il quotidiano (Financial Times) che è anche la bibbia della finanza scriveva nel gennaio del 2009: “Gli scandali finanziari che hanno infarcito la crisi economica pongono urgentemente la questione dell’etica in economia e nel capitalismo finanziario”. Tutti i capi di stato, separatamente o nelle varie riunioni G8, G15, G20, rifacevano il verso: senza una maggiore etica, che significa maggiori regole al mercato, non si esce dalla follia.
Una volta tanto di apparente concerto giunsero ad impegnarsi per ripensare i sistemi di rimunerazione dei finanzieri e dei banchieri e, stabiliti elenchi neri, grigi o bianchi, ad abolire i paradisi fiscali: gli uni ritenuti il motore e gli altri il rifugio della speculazione devastatrice. Colui che fu il manitù del sistema, l’ex-governatore della Banca centrale americana, Alan Greenspan, pronunciò un solenne mea culpa che lasciò tutti di marmo (“Ho fatto un errore madornale contando solo sull’interesse privato”). Persino il nostro PLR Merz, allora presidente della Confederazione, pronunciò il discorso d’ inizio anno, sostenendo che la Svizzera doveva tornare alle sue virtù tradizionali, cominciando dalla sobrietà, prudenza, solidarietà. È vero, si cominciò con la solidarietà a una banca (UBS, allora), ma era già allora giocoforza.
Cos’è rimasto di quella fiammata etica, sovranista, patriottica? C’è chi, come la Svizzera, ha semplicemente rinunciato a intervenire o giustificandosi con la carenza del proprio diritto (o per “timidezza incomprensibile di fronte al disastro “, come ebbero a dichiarare due ex-procuratori pubblici, Bertossa e Marty) oppure per furberia politica, che continuò a ritenere la deregolamentazione l’unica possibilità liberale (o liberistica, vedete poi voi) di ritorno alla vitalità del mercato e alla gloria secolare della piazza finanziaria.
In realtà, tra il ritorno all’etica e la vitalità del mercato e della piazza finanziaria, sono tornati a prevalere, senza respiro, le due tendenze che avevano portato a quella grave crisi, marcata anche come follia economica, e a quelle che ad essa sono succedute.
La prima è la logica dell’avidità accumulativa che è data di per sé illimitata, anzi sterminata. Quindi una logica impossibile, illogica, folle, che è alla base non solo dei disastri finanziari, ma anche di quelli ambientali, ancora più devastanti e irreversibili.
La seconda è quella del mercato che economicizza l’etica. Pretende cioè di averla già incorporata in sé stesso, di non aver bisogno di regole, di sapersi autoregolamentare. Riuscendo, come capita in Svizzera, a piegare anche la politica e persino il diritto, a rendere impotenti i tribunali penali e civili, fragili i risparmiatori e i lavoratori con i loro risparmi (casse pensioni). Come prima, insomma.
Ma forse anche in questo, come dice la duchessa nella storia di Alice nel paese delle meraviglie, ci si accorge che “c’è una morale, basta trovarla”. La troverà la CIP?
Nell’immagine: una seduta della CIP (da John Tenniel, La duchessa, illustrazione per Alice nel paese delle meraviglie (1865)
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