Olimpiade a tutti i costi
Tokyo: i Giochi al tempo del virus, l’orgoglio del Giappone, e i calcoli anche economici del CIO
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Tokyo: i Giochi al tempo del virus, l’orgoglio del Giappone, e i calcoli anche economici del CIO
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Tokyo: i Giochi al tempo del virus, l’orgoglio del Giappone, e i calcoli anche economici del CIO
Ma oggi è completamente diverso: niente conflitti armati fra le potenze – se non indirette e per interposta persona su fronti lontani -, non c’è la guerra fredda, e nemmeno ci sono più o meno pretestuosi boicottaggi. No, oggi il nemico degli ideali (veri o presunti) del barone Pierre De Coubertin è un invisibile virus. Che da un anno e mezzo segna e condiziona le nostre vite. E che – secondo le previsioni dei vertici Oms – provocherà altri centomila morti nel mondo da oggi, apertura ufficiale dei Giochi di Tokyo, all’8 agosto, data di chiusura. Volute dall’ex premier Shinzo Abe per rilanciare l’immagine di un Giappone in stallo economico da troppi anni; funestate (triste presagio) in fase di allestimento da maremoto, tsunami e sfiorato disastro nucleare a Fukushima del marzo 2011; e dieci anni dopo, quindi oggi 23 luglio, dopo un rinvio di dodici mesi, ufficialmente inaugurate in un clima surreale.
Sono Olimpiadi volute a tutti i costi, apparentemente contro ogni ragionevolezza, obiettivamente lontane da quello che i cinque anelli dovrebbero rappresentare al di là dell’evento sportivo: la tanto decantata ‘fratellanza dei popoli’. Giochi maledetti, ha titolato un giornale svizzero. Una capitale, Tokyo, in stato di emergenza sanitaria; l’80 per cento della popolazione nipponica contraria allo svolgimento dei Giochi; gli stadi olimpici chiusi anche al pubblico locale; l’arrivo alla spicciolata di 11 mila atleti subito confinati nei loro alloggi; vietato mescolarsi (anche per consumare i pasti, anche per gli allenamenti) con le altre delegazioni; i primi casi di contaminazione fra concorrenti, accompagnatori, giornalisti; addirittura il rischio – riconosciuto ufficialmente – che in corso d’opera tutto debba essere annullato causa il propagarsi del virus.
Giochi assolutamente inediti dunque. Giochi in vitro. Snaturati, ridotti a semplice competizione, tra urla dei competitori sotto sforzo che riempiono gli spalti forzatamente disertati, affannati commentatori che cercheranno di riempire i ‘vuoti’, occhiute telecamere in mondovisione. Contributo asfittico al ‘ritorno alla normalità’ anti-virus a livello globale. Ma Thomas Bach, presidente del Comitato olimpico internazionale (CIO), non ha dubbi: saranno proprio queste condizioni eccezionali a ‘sublimare’ risultati sportivi e riuscita organizzativa. Forse. Quel che Bach non dice è che questo “whatever it takes” (a tutti i costi) non nasce solo dall’impegno solidale, non solo dallo spirito olimpico, non solo dalla nobile causa di voler vincere anche contro la malasorte. C’è altro.
C’è che un’Olimpiade è diventata una gigantesca macchina da soldi, di miliardi in entrata (soprattutto grazie ai diritti televisivi), e che al 90 per cento quei guadagni rappresentano le risorse destinate ai vari comitati olimpici nazionali per finanziare le proprie attività sportive. Nulla di censurabile, se regnasse (ma non è sempre così) la trasparenza su conti e trasferimenti di fondi. Se quello che viene inaugurato oggi è davvero un rischio calcolato. Se il tutto avesse un senso, che invece non si vede. Comunque: auguri, Tokyo.
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