Dal vignettista, al broker luganese, a Baruch Spinoza
La sconvolgente attualità del Trattato del grande filosofo sui meccanismi del potere e sull’ignoranza che rende ‘obbedienti’
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La sconvolgente attualità del Trattato del grande filosofo sui meccanismi del potere e sull’ignoranza che rende ‘obbedienti’
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La sconvolgente attualità del Trattato del grande filosofo sui meccanismi del potere e sull’ignoranza che rende ‘obbedienti’
Uno dei fermi timonieri di questa zattera di naufraghi, che è riduttivo definire il nostro vignettista, anche se fulminante, Franco Cavani, mi scrive: “Oggi ho riletto il prologo del Trattato teologico-politico di Spinoza. È di una attualità sconvolgente nel descrivere l’attitudine umana nella dinamica della gestione del potere da parte delle classi dominanti, nel saper condurre attraverso ignoranza, paura e superstizione indotte, le classi subalterne a subire e riprodurre ogni genere di risposta irrazionale e violenta a vantaggio di chi, il potere, lo detiene… Grande Spinoza”. Sintesi perfetta, ammirevole e lodevole Cavani: non è facile avventurarsi nel Trattato di Spinoza (1670), anche se, persistendo, diventa non solo affascinante, ma illuminante anche per i tempi che corrono.
Un conosciuto consulente finanziario della piazza di Lugano si è a sua volta innamorato di Spinoza. Sorpresa quindi doppia: per la coincidenza, e perché, certamente per pregiudizi nei confronti di banchieri, fiduciari, consulenti finanziari (i pregiudizi dell’immaginazione deprecati da Spinoza?), mai avrei immaginato che un broker – in tutt’altri scopi, interessi e faccende affaccendato – finisse investito da Spinoza. Richiama per certi aspetti le osservazioni del nostro Cavani. In due modi: perché, nonostante il grigiore plumbeo incombente su politica, economia, esercizio del potere, spesso con macello dell’intelligenza e trionfo della stupidità, si accendono fuochi di speranza; perché, anche in luoghi con tutt’altre richieste speculative e per definizione refrattari a ciò che non porta subito redditività, possono fiorire la necessità di filosofia o le grandi domande che la filosofia si pone. Che sono quella della vita, oltre l’economia e il denaro, gli interrogativi sui nostri comportamenti e sull’etica oppure (fossimo pure atei o agnostici o panteisti) i pungoli inevitabili della teologia, soprattutto quando si avvicina il “redde rationem” o il consuntivo.
Il broker, che si chiama Carlo Bernardazzi, che opera e investe con la sua agenzia per conto terzi sui grandi mercati finanziari e ha come suo grande obiettivo quella “speculazione” (equivalente, nella sua professione, a un misto di intelligenza, informazione, calcolo, intuito ed anche fortuna) che gli permette di affermarsi grazie alla sua “performance” (che è il giudizio finale degli investitori), ha scritto un libro: Riassunti di filosofia e interpretazioni. È un inno di riconoscenza, a suo modo, all’incommensurabile Baruch Spinoza (1632- 1677), ebreo, olandese per rifugio, condannato da tutti (ebrei, protestanti, cattolici) per il suo spirito libero e i suoi scritti, ottico per necessità, filosofo per libertà e sostanza di vita. Bernardazzi, nel bel mezzo della sua carriera finanziaria, ha sentito il bisogno di filosofia e segue per quindici anni i corsi su Spinoza del prof. Angelo Alimonta. Il libro ne è appunto una sequenza di annotazioni, di sintesi, di riflessioni personali. Che cosa suscita l’innamoramento del filosofo di Amsterdam nel broker luganese, è ovviamente la domanda intrigante.
A me sembra (e mi permetto di interpretare) che nell’uno e nell’altro caso, prima ancora di imbattersi in Spinoza o nei suoi scritti, siano emerse tre esigenze che, di fronte allo scadimento culturale e politico dei tempi che corrono, sono diventate esistenziali e hanno poi trovato nel filosofo seicentesco un interlocutore. Sono: l’esercizio del pensiero (più che del potere), l’opposizione all’ignoranza (assurta invece a “valore popolare”), lo sforzo (conatus, secondo il termine spinoziano) di autoconservazione.
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