Dell’asinocrazia… e altro ancora
Quando la democrazia si ammala di ignoranza
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Attenti all’asinocrazia, ci avverte Andrea Ghiringhelli in un dei suoi attenti e lucidissimi articoli che sanno spesso cogliere anche le stravaganze e i groppi di questa nostra società (laRegione, 7 novembre). Quell’articolo va letto per intero, tanto è giusta e precisa e completa l’analisi che vi vien fatta. E non solo dai capipartito, dai politici o dai governanti che forse, a ben sperare, ne avrebbero qualche morso dell’intelligenza. Soprattutto nelle scuole, se non controllate dai politici, tanto la sua è “civica” diversa da quella che qualche miliardario preoccupato dalle deviazioni volle imporre nelle nostre scuole.
In quell’”asinocrazia” ci sono la mediocrità e l’impreparazione diffusa della classe politica, il deperimento della democrazia, “ammalata di ignoranza”, personaggi che si occupano più di sé stessi che dell’interesse comune, il pragmatismo politico (“mantra ossessivamente ribadito”) nemico delle visioni a lungo termine, il lobbismo, (i parlamentari con 2 mila relazioni di interesse con 1700 organizzazioni), i “brocchi” che infestano i parlamenti (“sono ignoranti ma si credono i migliori”).
Chi osa però questa critica è solitamente tacciato di intellettuale superbo e (paradossalmente) staccato dalla realtà vissuta o (economicamente, politicamente) poco o niente “produttivo” con il suo discorso fuorviante e dunque inutile o insignificante. Altri, forse più ottimisti, sosterranno invece che non c’è da preoccuparsi più di quel tanto di quel discorso, non c’è niente di nuovo, l’ignoranza (anche politica) c’è sempre stata. Forse ce n’era anche più nel passato. La sola differenza, con il presente, è che la comunicazione resa più facile e pervasiva con gli inevitabili “social”, l’hanno fatta emergere, l’hanno messa in luce.
Rientro quindi nella categoria dei superbi e dei pessimisti rilevando che Andrea Ghiringhelli finisce per dover constatare come l’asinocrazia non solo è stata resa visibile dalla tecnologica comunicativa, ma è stata soprattutto sdoganata e moltiplicata, quasi contagio, dalla cattiva politica. Che ha trovato la maniera di promuovere l’ignoranza come valore popolare, ricevendone in cambio gratitudine e voti da chi si è sentito onorato per tanta attenzione. Al punto da rivendicare orgogliosamente il suo “status”, un tempo ritenuto infelice o deprecabile, come una vittoria e una sana liberazione. Ed è così che “l’analfabetismo e l’incultura politica sono in espansione: ne abbiamo fulgidi esempi”, constata appunto Ghiringhelli.
L’asinocrazia (che è ignoranza) non può produrre felicità e nemmeno dignità. Anzi, abbruttisce, rende subalterni e meno liberi. C’è chi ha scritto: non diamole troppa fiducia perché prima o poi tornerà a essere quello che è sempre stata: una forma di minorità dalla quale emanciparsi. Il groppo nel quale siamo impigliati finirà per sciogliersi perché porta alla disgregazione sociale, all’impoverimento economico e, prima o poi, alla disgrazia politica.
Certo, se si dà un occhio a quel che hanno maturato negli ultimi tempi la politica, i partiti o i politici ticinesi come proposte di mutamenti o costruzione del futuro, non c’è da essere indotti all’ottimismo: incatenamento del bilancio dello stato, ma con la continua pretesa di aiuti economici da parte dello stato; dogmatica certezza dello sgocciolamento della ricchezza (proposta di riduzione delle tasse ai ricchi che gioverebbe a tutti), ora ridicolizzata persino dalla neoliberista Londra; adozione e venerazione delle criptovalute, convinti di fare soldi facilmente, sfuggire alla moneta di stato, tipica fata morgana ormai di paesi sottosviluppati o incasinati (legandosi però, con il pretesto di una stabilità monetaria al dollaro ballerino), pseudomoneta sfuggente ai controlli, al fisco, alla Giustizia e geniale idea di promovimento dei consumi (in via Nassa, dove arriveranno i ricchi).
A fronte, quasi speculare e paradossale: calamitare sempre gli elettori con la gibigianna della riduzione di tasse e imposte; riduzione delle tasse di circolazione a vantaggio delle auto costose e potenti; trionfo di chi ha fatto e fa della politica antifrontalieri e antiimmigrati la propria grande identità e azione politica, ma chissà poi perché con il risultato di continuo aumento dei frontalieri e una grave carenza di lavoratori immigrati nei settori della ristorazione e albergheria; e poi la minacciosa intenzione italiana di limitare l’afflusso di frontalieri nel settore della salute e ospedaliero; crescente tasso di povertà e di disparità di reddito rispetto ad altri Cantoni o alla media svizzera; giovani formati ma sempre più costretti a diventare i frontalieri dei cantoni tedeschi.
”Quindi denunciamo l’asinocrazia che rovina la reputazione della buona politica”, ci dice Ghiringhelli. Ma aggiunge pure giustamente una citazione di Bertrand Russel (1919!): “In una democrazia la critica dei nostri politici non è altro che la critica di noi stessi; tutti hanno i politici che si meritano”.
Oppure, come diceva un tale, con un filo di riconoscenza: in fondo, veniamo tutti dalle spelonche ed è già bello che non ci siamo ancora tornati.
Non dovremmo comunque assolutamente credere, come uomini e cittadini, a quel matto di Giordano Bruno, quando invitava, per il massimo della felicità (Cabala del cavallo pegaseo): “Pregate, pregate Dio, o carissimi, se non siete ancora asini, che vi faccia diventar asini, perché saremo finalmente tutti incoscienti, felici e rappacificati con Dio”.
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