Domenico De Masi e l’ozio creativo
Ricordando la figura ed il pensiero del grande sociologo italiano, recentemente scomparso
Filtra per rubrica
Filtra per autore/trice
Ricordando la figura ed il pensiero del grande sociologo italiano, recentemente scomparso
• – Lelio Demichelis
Considerazioni intorno al libro Clemenza, di Francesca Rigotti, da poco pubblicato dalle edizioni “Il Mulino” e presentato nei giorni scorsi a Bellinzona
• – Fabio Merlini
Aggressione russa e fuga in massa nei paesi europei hanno accelerato un fenomeno dalle conseguenze gravissime: da 52 milioni di abitanti nell'anno dell'indipendenza a meno di 30 milioni oggi
• – Aldo Sofia
Conversazione con Maria Inés Bussi, la nipote dell’ex-presidente cileno Salvador Allende, a cinquant’anni dalla scomparsa
• – Gianni Beretta
Il percorso di Fernando Botero, il grande pittore e scultore colombiano scomparso da poco
• – Simona Ostinelli
Alla recente Mostra del cinema di Venezia è stato presentato e giustamente premiato un film italiano che non può lasciare indifferenti, forte, coraggioso e con un eccezionale attore protagonista
• – Michele Realini
Iniziativa "Per un diritto di cittadinanza moderno": la Confederazione ha leggi fra le più restrittive in Europa sulla concessione della nazionalità ai residenti stranieri in regola con la legge
• – Aldo Sofia
Le ingerenze e le pressioni delle famiglie sugli insegnanti sono frutto di un’idea mercantile di scuola fatta di concorrenza fra istituti e fra allievi. Ma la scuola pubblica è un’altra cosa
• – Adolfo Tomasini
È dannoso raccontare la natura e l’azione di un partito eversivo con eufemismi rassicuranti
• – Redazione
Nella discussione intorno agli scandali della chiesa cattolica la donna è la grande assente
• – Simona Sala
Ricordando la figura ed il pensiero del grande sociologo italiano, recentemente scomparso
Il mio incontro fisico con il sociologo italiano Domenico De Masi – Docente emerito di Sociologia del lavoro all’Università La Sapienza di Roma morto lo scorso 9 settembre, a 85 anni – risale a molti anni fa, quando venne intervistato per la puntata del 14 marzo 2005 del programma RSI di Fabrizio Fazioli microMACRO ed io, allora, oltre all’Università, ero apprendista di bottega che cercava di imparare come fare programmi di approfondimento in televisione.
Titolo della puntata di microMACRO: Lavorare con lentezza – e De Masi rifletteva da tempo su questi temi. Paradossalmente, ma non troppo, anche oggi si torna a parlare di grandi dimissioni, di insofferenza per un lavoro spesso pessimo, molti non sopportando più i ritmi sempre più densi e sempre più alienanti imposti alla propria vita dal capitale e dalla tecnologia per il proprio esclusivo profitto, e cercano un modo umano e umanistico di vivere la propria esistenza, mentre si riparla di settimana lavorativa di quattro giorni, a parità di salario.
Non dimentichiamo poi che negli anni ’90 economisti, politici, tecnofili in servizio permanente effettivo e intellettuali organici del capitale promettevano che con le nuove tecnologie di rete avremmo lavorato meno, fatto meno fatica, avuto molto tempo libero da dedicare alle cose belle della vita e che saremmo entrati in una new era di crescita economica infinita, dimenticando – sempre grazie alle nuove tecnologie – i fastidiosi cicli economici del passato in cronica alternanza tra crescita e recessione. Poi è accaduto esattamente il contrario di quanto promesso (lavoro h 24, tempi e ritmi di lavoro appesantiti, stagnazione economica…) ma ci siamo adattati nuovamente e senza fiatare alle nuove esigenze del capitalismo iperindustriale, di piattaforma (la nuova forma della fabbrica) e della sorveglianza.
E De Masi non ha mai smesso di proporci – ma con ben diversa credibilità e passione rispetto ai tanti maître à (non) penser/venditori di auto usate degli anni ’90 – un altro modello di organizzazione del lavoro e della vita. Non lesinando ovviamente critiche al neoliberalismo, come nel libro La felicità negata (Einaudi, 2022) e qui recensito tempo fa – dove De Masi scriveva che “non c’è progresso senza felicità e non ci può essere felicità in un mondo segnato dalla distribuzione iniqua della ricchezza, del lavoro, del potere, del sapere, delle opportunità e delle tutele. Questa inumana disuguaglianza non avviene a caso, ma è lo scopo intenzionale e l’esito raggiunto di una politica economica [il neoliberismo, appunto] che ha come base l’egoismo, come metodo la concorrenza e come obiettivo l’infelicità”. E allora De Masi proponeva, come possibile soluzione al problema della felicità negata, quello che chiamava l’ozio creativo – “la soave capacità di coniugare il lavoro per produrre ricchezza con lo studio per produrre conoscenza e con il gioco per produrre allegria”.
E Ozio creativo era il titolo di un libro famoso di De Masi uscito nel 2002. Dove distingueva tra un ozio dissipativo, alienante, che fa sentire ciascuno come vuoto e inutile; e un ozio attivo, creativo, che faccia sentire bene, felici, che produca idee perché le idee sono necessarie allo sviluppo della società. Certo, anche De Masi forse rifletteva l’ottimismo degli anni ’90 – “marciamo a grandi passi verso un futuro in cui si lavorerà meno e meglio, in cui, grazie alla tecnologia, potremo gestire nel modo più efficace lo spazio e il tempo […]; una rivoluzione copernicana che toccherà da vicino la vita di tutti noi” – ma la sua proposta di ozio creativo – perché non crederci davvero e non solo con riferimento al lavoro? – resta valida sempre, nonostante le smentite della realtà tecnologica e capitalistica/neoliberale.
Dove a dominare è piuttosto – ancora e sempre, nonostante i continui tentativi del management di riciclare le sue vecchie tecniche di modificazione comportamentale, riverniciandole e riducendo i chilometri sul proprio contachilometri per farle sembrare sempre nuove e diverse – l’immagine della gazzella e del leone nella savana (ripresa da De Masi ad esempio ne Il futuro del lavoro, del 1999), per cui non importa se tu sei leone o gazzella, importante è correre sempre più velocemente; che era, per De Masi, una autentica “istigazione a delinquere”, una “disgustosa esaltazione di quella barbara guerra di tutti contro tutti che le imprese chiamano competitività e che attizzano giorno e notte, dentro e fuori, a livello locale e globale”. De Masi invece cercava – con determinazione – di armonizzare il lavoro con la vita, per essere liberi di cercare la propria felicità e non quella indotta (e quindi falsa, ma molto accattivante) dalla sua offerta capitalistica. E aveva alla fine compreso – onore a De Masi – che “dopo avere sostituito con i robot e i computer molta manodopera operaia e impiegatizia, ora il progresso tecnologico sta dando l’assalto anche al lavoro creativo con l’intelligenza artificiale”. Con il che però sembra venire meno anche l’idea/possibilità di un ozio creativo umano – e creativo nel senso di De Masi – tanto ci basta e avanza la creatività dell’IA, che ci evita la fatica di dover pensare e immaginare. Dobbiamo quindi resistere – aggiungiamo – alla tentazione tecnologica.
E De Masi non era solo un teorico, perché sua, di fatto, è stata ad esempio l’idea di un reddito di cittadinanza anche in Italia. Amava sporcarsi le mani. E si era molto avvicinato al Movimento 5 Stelle – o veniva etichettato come molto vicino ai 5S – ma il suo pensiero era soprattutto di sinistra; ma non era un intellettuale organico, come troppi nel passato e come troppi oggi. Era uno spirito libero, con un forte – forse troppo – ottimismo della volontà.
Certo, come abbiamo scritto nella nostra recensione al suo libro, “con De Masi molte cose ci accomunano, ma anche ci dividono: lui scrivendo ad esempio di società postindustriale, noi affermando invece che mai la società e la vita dell’uomo sono state tanto industrializzate come oggi [organizzate, comandate e sorvegliate sul modello della fabbrica]; lui scrivendo che se nella società industriale era il lavoro ‘a egemonizzare la vita, oggi è sempre più vero il contrario’, noi sostenendo invece che, proprio grazie alle nuove tecnologie il lavoro egemonizza ancora di più la vita facendo sfumare i confini tra lavoro e vita”. Ma queste differenze arricchiscono, generano appunto idee, fanno pensiero critico, e senza pensiero critico non esistono la sociologia e la filosofia (e non solo).
Nell’immagine: Domenico De Masi alla RSI
Unico paese al mondo, la Svizzera ha votato sulla strategia anti-Covid: insieme a no-Vax e no-Pass perde il partito di maggioranza relativa che li ha corteggiati
Al potere dal 1985, il Primo Ministro cambogiano, 70 anni, ha annunciato le dimissioni tre giorni dopo la sua vittoria elettorale. A succedergli sarà il figlio Hun Manet: uno...