Domenico De Masi e l’ozio creativo
Ricordando la figura ed il pensiero del grande sociologo italiano, recentemente scomparso
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Ricordando la figura ed il pensiero del grande sociologo italiano, recentemente scomparso
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• – Redazione
Nella discussione intorno agli scandali della chiesa cattolica la donna è la grande assente
• – Simona Sala
Ricordando la figura ed il pensiero del grande sociologo italiano, recentemente scomparso
Titolo della puntata di microMACRO: Lavorare con lentezza – e De Masi rifletteva da tempo su questi temi. Paradossalmente, ma non troppo, anche oggi si torna a parlare di grandi dimissioni, di insofferenza per un lavoro spesso pessimo, molti non sopportando più i ritmi sempre più densi e sempre più alienanti imposti alla propria vita dal capitale e dalla tecnologia per il proprio esclusivo profitto, e cercano un modo umano e umanistico di vivere la propria esistenza, mentre si riparla di settimana lavorativa di quattro giorni, a parità di salario.
Non dimentichiamo poi che negli anni ’90 economisti, politici, tecnofili in servizio permanente effettivo e intellettuali organici del capitale promettevano che con le nuove tecnologie di rete avremmo lavorato meno, fatto meno fatica, avuto molto tempo libero da dedicare alle cose belle della vita e che saremmo entrati in una new era di crescita economica infinita, dimenticando – sempre grazie alle nuove tecnologie – i fastidiosi cicli economici del passato in cronica alternanza tra crescita e recessione. Poi è accaduto esattamente il contrario di quanto promesso (lavoro h 24, tempi e ritmi di lavoro appesantiti, stagnazione economica…) ma ci siamo adattati nuovamente e senza fiatare alle nuove esigenze del capitalismo iperindustriale, di piattaforma (la nuova forma della fabbrica) e della sorveglianza.
E De Masi non ha mai smesso di proporci – ma con ben diversa credibilità e passione rispetto ai tanti maître à (non) penser/venditori di auto usate degli anni ’90 – un altro modello di organizzazione del lavoro e della vita. Non lesinando ovviamente critiche al neoliberalismo, come nel libro La felicità negata (Einaudi, 2022) e qui recensito tempo fa – dove De Masi scriveva che “non c’è progresso senza felicità e non ci può essere felicità in un mondo segnato dalla distribuzione iniqua della ricchezza, del lavoro, del potere, del sapere, delle opportunità e delle tutele. Questa inumana disuguaglianza non avviene a caso, ma è lo scopo intenzionale e l’esito raggiunto di una politica economica [il neoliberismo, appunto] che ha come base l’egoismo, come metodo la concorrenza e come obiettivo l’infelicità”. E allora De Masi proponeva, come possibile soluzione al problema della felicità negata, quello che chiamava l’ozio creativo – “la soave capacità di coniugare il lavoro per produrre ricchezza con lo studio per produrre conoscenza e con il gioco per produrre allegria”.
E Ozio creativo era il titolo di un libro famoso di De Masi uscito nel 2002. Dove distingueva tra un ozio dissipativo, alienante, che fa sentire ciascuno come vuoto e inutile; e un ozio attivo, creativo, che faccia sentire bene, felici, che produca idee perché le idee sono necessarie allo sviluppo della società. Certo, anche De Masi forse rifletteva l’ottimismo degli anni ’90 – “marciamo a grandi passi verso un futuro in cui si lavorerà meno e meglio, in cui, grazie alla tecnologia, potremo gestire nel modo più efficace lo spazio e il tempo […]; una rivoluzione copernicana che toccherà da vicino la vita di tutti noi” – ma la sua proposta di ozio creativo – perché non crederci davvero e non solo con riferimento al lavoro? – resta valida sempre, nonostante le smentite della realtà tecnologica e capitalistica/neoliberale.
Dove a dominare è piuttosto – ancora e sempre, nonostante i continui tentativi del management di riciclare le sue vecchie tecniche di modificazione comportamentale, riverniciandole e riducendo i chilometri sul proprio contachilometri per farle sembrare sempre nuove e diverse – l’immagine della gazzella e del leone nella savana (ripresa da De Masi ad esempio ne Il futuro del lavoro, del 1999), per cui non importa se tu sei leone o gazzella, importante è correre sempre più velocemente; che era, per De Masi, una autentica “istigazione a delinquere”, una “disgustosa esaltazione di quella barbara guerra di tutti contro tutti che le imprese chiamano competitività e che attizzano giorno e notte, dentro e fuori, a livello locale e globale”. De Masi invece cercava – con determinazione – di armonizzare il lavoro con la vita, per essere liberi di cercare la propria felicità e non quella indotta (e quindi falsa, ma molto accattivante) dalla sua offerta capitalistica. E aveva alla fine compreso – onore a De Masi – che “dopo avere sostituito con i robot e i computer molta manodopera operaia e impiegatizia, ora il progresso tecnologico sta dando l’assalto anche al lavoro creativo con l’intelligenza artificiale”. Con il che però sembra venire meno anche l’idea/possibilità di un ozio creativo umano – e creativo nel senso di De Masi – tanto ci basta e avanza la creatività dell’IA, che ci evita la fatica di dover pensare e immaginare. Dobbiamo quindi resistere – aggiungiamo – alla tentazione tecnologica.
E De Masi non era solo un teorico, perché sua, di fatto, è stata ad esempio l’idea di un reddito di cittadinanza anche in Italia. Amava sporcarsi le mani. E si era molto avvicinato al Movimento 5 Stelle – o veniva etichettato come molto vicino ai 5S – ma il suo pensiero era soprattutto di sinistra; ma non era un intellettuale organico, come troppi nel passato e come troppi oggi. Era uno spirito libero, con un forte – forse troppo – ottimismo della volontà.
Certo, come abbiamo scritto nella nostra recensione al suo libro, “con De Masi molte cose ci accomunano, ma anche ci dividono: lui scrivendo ad esempio di società postindustriale, noi affermando invece che mai la società e la vita dell’uomo sono state tanto industrializzate come oggi [organizzate, comandate e sorvegliate sul modello della fabbrica]; lui scrivendo che se nella società industriale era il lavoro ‘a egemonizzare la vita, oggi è sempre più vero il contrario’, noi sostenendo invece che, proprio grazie alle nuove tecnologie il lavoro egemonizza ancora di più la vita facendo sfumare i confini tra lavoro e vita”. Ma queste differenze arricchiscono, generano appunto idee, fanno pensiero critico, e senza pensiero critico non esistono la sociologia e la filosofia (e non solo).
Nell’immagine: Domenico De Masi alla RSI
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