Due immagini parallele spiegano la Cina del nuovo imperatore
Xi Jinping è ormai l’uomo dei pieni poteri; e due immagini in contemporanea alla fine del XX Congresso del partito comunista sono assai eloquenti sulla sua nuova strategia
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Xi Jinping è ormai l’uomo dei pieni poteri; e due immagini in contemporanea alla fine del XX Congresso del partito comunista sono assai eloquenti sulla sua nuova strategia
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Xi Jinping è ormai l’uomo dei pieni poteri; e due immagini in contemporanea alla fine del XX Congresso del partito comunista sono assai eloquenti sulla sua nuova strategia
Il primo ‘frame’: uno dei ‘grandi vecchi’ che in prima fila seguono il (cosiddetto) confronto fra centinaia di delegati, snodatosi su diversi giorni, viene strattonato improvvisamente da un commesso, che lo obbliga ad alzarsi prendendolo per un braccio, mentre il malcapitato cerca di rivolgersi al capo supremo, seduto impassibile al suo fianco, forse per chiedergli una spiegazione, probabilmente per una supplica, poiché ha immediatamente capito di essere caduto in disgrazia’. Lo sventurato è Hu Jintao, un ex presidente della Repubblica popolare, mentre l’imperturbabile vicino altri non è che il nuovo “imperatore rosso”, Xi Jinping, unico caso dopo Mao a ottenere un terzo mandato alla testa del partito, quindi del ‘paese di mezzo’, e perciò del suo esercito: ormai è l’incontestato “uomo dei pieni poteri”.
Seconda istantanea: Borsa di Hong Kong (ormai sotto stretta sorveglianza di Pechino), sul quadrante luminoso le quotazioni improvvisamente in picchiata, un brusco scivolone da -4,22 per cento, la perdita più importante degli ultimi tredici anni, un altro segnale della discesa economica che ha registrato una crescita del pil “soltanto” del 3,9 per cento (contro il 6 pronosticato dalla leadership cinese all’inizio dell’anno), e a questo ritmo, assicura il “Financial Times”, il decantato sorpasso dell’economia americana verrà posticipato al 2060, ben oltre il 2035 previsto dai “successori” di Mao. Ma nemmeno è sicuro.
In che modo queste due immagini possono essere affiancate? Come connettere l’umiliazione inflitta a un ex capo dello Stato (in stile un po’ russo, simile al tormento che Putin inflisse in presa diretta tv al responsabile della sua intelligence, incalzato dalle domande dello zar perché esitava a dare la risposta gradita sul futuro del Donbass), e una giornata nera dei giochi della finanza nell’isola ex britannica, ormai da oltre un anno ‘normalizzata’ dal potere centrale cinese?
Una rilettura attenta del discorso conclusivo di Xi al 22esimo Congresso fornisce la risposta. Dopo anni in cui la priorità cinese è stata la corsa economica, che ha consacrato la “Cina fabbrica del mondo”, periodo dei grandi numeri e dei grandi balzi in avanti della ricchezza nazionale, ottenuti con tenacia, progresso scientifico, e anche competizione sleale, per la prima volta l’intervento del ‘numero uno’ ha dato la precedenza ai problemi della sicurezza, sicurezza della nazione “in pericolo”. Insidie dall’esterno – vedi Usa -, ma anche dall’interno – mai nei 33 anni dopo piazza Tien An Men, c’era stato un così alto tasso di contestazione e di preoccupazione nella società civile, a causa dei problemi causati dalla strategia “Covid zero”, dalla disoccupazione crescente, della bolla immobiliare -. Vanno dunque strette ulteriormente le viti del controllo, ancor più affidato ai vertici di un partito unico che deve recuperare il controllo (loro direbbero ‘la popolarità’) dei cittadini.
Liberatosi, grazie ad epurazioni e anagrafe, degli esponenti a suo giudizio più moderati o meno affidabili, Xi si è infatti circondato di soli fedelissimi sulla plancia di comando. Mettendosi alle spalle uno dei pilastri voluti dal riformista Deng Xiaoping (due soli mandati presidenziali per ristabilire la legittimità del partito comunista), il neo-imperatore prepara per sé stesso un mandato a vita. Mentre il secondo pilastro (l’arricchimento generale grazie allo sviluppo del settore privato) conosce una fase di vistosa rimessa in gioco, di indebolimento, dall’alto una mano ferma e più invasiva deve guidare la crescita. Anche perché il nuovo quadro economico internazionale (sostanziale fine del processo di mondializzazione assai favorevole alla Cina) potrebbe essere soltanto un preavviso di ridimensionamenti futuri per il Drago asiatico, insieme all’acuirsi della competizione (e fors’anche dello scontro, causa Taiwan) col nemico sistemico, gli Stati Uniti.
È appunto quanto può simboleggiare la doppia istantanea che ha chiuso il Congresso del trionfo politico del capo: il povero Hu Jintao trascinato fuori dalla grande sala, messaggio a qualsiasi sorta di contestazione popolare e di non allineamento sulla posizione di un presidente di cui già si insegnano idee e opere nelle scuole della nazione (in pieno ‘culto della popolarità’); e le parallele fibrillazioni della Borsa di Hong Kong, come dire che se l’economia cala, deve subito risalire il termometro di una vigilanza ancora più aspra sulla “sicurezza interna”.
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