E Putin comincia dal Donbass
Il neo-zar ha annunciato il riconoscimento delle due Repubbliche auto-proclamatesi indipendenti da Kiev; un altro passo verso il peggio
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Il neo-zar ha annunciato il riconoscimento delle due Repubbliche auto-proclamatesi indipendenti da Kiev; un altro passo verso il peggio
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Il neo-zar ha annunciato il riconoscimento delle due Repubbliche auto-proclamatesi indipendenti da Kiev; un altro passo verso il peggio
Così, accelerando sul fatale piano inclinato dell’ultimo dramma europeo, la crisi ucraina registra il suo primo punto di caduta nel più logico degli scenari: il Donbass, la regione a maggioranza russofona, con le sue due principali regioni, Donetsk e Lugansk, autoproclamatesi Repubbliche indipendenti, dove già da sette anni si combatte fra reparti ucraini e milizie scissioniste eterodirette, foraggiate, e armate dal Cremlino. Le due entità che Vladimir Putin ha formalmente riconosciuto nel loro definitivo distacco dall’Ucraina all’inizio del suo fluviale discorso di questa sera.
Un passo, un’interferenza, che suona come un atto di guerra, pur non essendolo ancora sul piano formale. E un fiume in piena con cui il neo-zar ha denunciato non solo Kiev per il mancato rispetto degli accordi di Minsk (soprattutto la piena autonomia di quelle regioni), ma soprattutto l’Occidente. Colpevole tre volte, sostiene Putin: 1. di non tener conto della Storia, cioè di un’Ucraina che per secoli ha fatto parte della Grande Madre Russia, sotto forma zarista o sovietica, a cui Lenin aveva accordato la condizione di Stato ma solo all’interno della Federazione delle Repubbliche comuniste; 2. di voler inglobare Kiev nell’Alleanza Atlantica, con la possibilità di piazzare missili della Nato “a soli cinque minuti dal Cremlino”; e così di accrescere la minaccia alla sicurezza nazionale portandola fino alle porte di casa dell’ex impero, oltretutto con la garanzia, se accolta fra le braccia dell’alleanza militare occidentale, che l’Ucraina possa in futuro beneficiare dell’articolo 5 che garantisce l’immediata mutua assistenza militare dei paesi Nato in caso di aggressione armata.
Putin naturalmente sa benissimo che l’adesione dell’Ucraina ‘non è all’ordine del giorno’, come gli hanno ripetuto il cancelliere tedesco Scholz, il presidente francese Macron, e tutti gli interlocutori europei che hanno tentato una mediazione. Del resto, nemmeno da Washington è arrivata un’indicazione sostanzialmente diversa, anche se Joe Biden ha sottolineato a più riprese che non si può negare a un Paese indipendente di fare quantomeno richiesta di adesione. Ma era chiaro da tempo che l’uomo di Mosca avrebbe giocato d’anticipo, anche in violazione del diritto internazionale e dell’integrità degli Stati: principi che del resto egli ha già violato, esattamente sette anni fa, con l’annessione della Crimea, dopo un referendum non certo trasparente fra i votanti della penisola affacciata sul Mar Nero.
La svolta di stasera può trasformarsi rapidamente in qualcosa di assai più serio e tragico. Una repubblica riconosciuta dalla Russia (e ancor prima di Putin dalla Duma, il suo parlamento) può chiedere di far parte di quella Alleanza euro-asiatica guidata da Mosca con cui il presidente russo, ossessionato dall’idea di ristabilire la trascorsa potenza del suo paese collassato dopo la caduta del Muro, cerca di ricomporre una parte almeno del mosaico sovietico, finito in pezzi tre decenni fa; e facendone parte il Donbass avrebbe diritto all’esplicita e fattiva assistenza militare del Cremlino, esattamente come avvenuto poche settimane fa nel ricco Kazakistan, dopo la repressione delle proteste popolari contro la corrotta leadership di Astana.
Sembra quindi impensabile che la reazione e le ritorsioni occidentali possano ritardare. Prime fra tutte, quelle ‘sanzioni di eccezionale portata e senza precedenti’ con cui, fra l’altro, si pensa di paralizzare la Russia sul piano del circuito finanziario mondiale. Se prima era il capo del Cremlino a dare l’impressione di essersi messo in un angolo, e di non poterne uscire senza un pericoloso colpo di mano, ora sono americani ed europei a non potersi permettere una fase di tentennamenti e di attesa. Quanto basta per temere anche il peggio.
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