L’embargo sull’oro russo fa più male alla Svizzera che alla Russia
Quando una sanzione può diventare un boomerang, soprattutto per il nostro Paese
Filtra per rubrica
Filtra per autore/trice
Quando una sanzione può diventare un boomerang, soprattutto per il nostro Paese
• – Silvano Toppi
A proposito dell’articolo di Giusfin apparso ieri in questa sede: una replica di Aurelio Sargenti
• – Redazione
Cosa resta di una visita controversa che ha posto l’intera regione in stato d’allerta
• – Loretta Dalpozzo
La crisi climatica non è solo una questione che tocca il futuro prossimo di eco-sistema, economia e società, ma anche, e già sin d’ora, la salute della popolazione del pianeta
• – Redazione
Cosa cerca Mosca nel Continente nero
• – Redazione
Tra programmi velleitari o inesistenti, alleanze indesiderate e cerchio magico
• – Giusfin
Pochi giorni dopo l’uccisione, da parte americana, di Al-Zawahiri, co-fondatore di Al Qaeda assieme a Osama Bin Laden, l’Afghanistan governato dai talebani si trova di fronte ad enormi incognite sul proprio futuro
• – Roberto Antonini
Quello che spaventa di Salvini è che non gliene frega niente dei crimini russi in Ucraina
• – Redazione
Di fronte ai peggiori scenari, per nulla ipotetici, mostriamo sempre più un’eccitata propensione al passivo adattamento
• – Lelio Demichelis
Stampa / Pdf
• – Franco Cavani
Quando una sanzione può diventare un boomerang, soprattutto per il nostro Paese
Il pessimismo della ragione. O della realtà: oggi, ad esempio, ci troviamo tutto quanto. Persino la pestilenza, arrivata in anticipo. Che potrebbe però anche essere la paranoia che non manca mai ai governanti.
L’oro è tornato protagonista di questi giorni più che mai. Con un valore e una funzione nuovi: quella di essere punitivo. Divieto di acquistarne, importarne o trasportarne dalla Russia, per punire Putin e la sua economia e mettere in difficoltà la sua macchina da guerra. La Svizzera si è adeguata alle sanzioni degli Stati Uniti e dell’Unione europea. Questa volta non si è parlato di neutralità perché, con l’oro, era perlomeno indecoroso.
Gli Stati Uniti (o il segretario di Stato americano Blinken) hanno fatto i loro calcoli: costerà alla Russia 19 miliardi di franchi all’anno, quest’embargo. Cifra che corrisponde alle esportazioni d’oro della Russia nel 2020. Non si è aggiunto che il 90 per cento di quelle esportazioni passava comunque dal Regno Unito. Oppure che, tutto calcolato, assai lontano del petrolio o dal gas, l’oro rappresenta una infima parte delle esportazioni russe, circa il 5 per cento, da 10 a 20 miliardi di dollari negli ultimi anni. Oppure, ancora, che la Banca di Russia è assai restia nel vendere l’oro perché rimane fattore essenziale di fiducia e solidità per il rublo e anche per i suoi cittadini.
C’è però anche da chiedersi se con questa sanzione (com’è avvenuto per altre sanzioni) non si stia rendendo un servizio alla Russia, portata, per reazione o difesa, ad accelerare alcuni suoi mutamenti già in atto. È dal 2014 che la Russia sta tentando un lento ma continuo sganciamento dal dollaro (de-dollarizzazione) della sua economia e del suo sistema finanziario. La Banca di Russia, ad esempio, è da qualche tempo che sta diversificando le sue riserve di cambio evitando il dollaro e puntando soprattutto sull’oro: all’inizio di quest’anno l’oro rappresentava il 21.5 per cento delle riserve della banca centrale russa, due volte più della “riserva” dollaro (10.9 per cento). Una tendenza, a dire il vero, che sembra ormai scelta politica di parecchie Banche nazionali. Una diversificazione che le ha permesso di limitare assai il congelamento dei suoi averi causato dalle sanzioni. Per il momento, quindi, la Russia che è quasi sepolta dalle valute straniere grazie alla vendita, continuata, di petrolio e gas, non ha nessun bisogno di vendere oro. Anzi, venderlo nel contesto attuale sarebbe rischioso.
C’è da credere che quest’embargo sull’oro sia più un atto simbolico o “dovuto” (com’è il caso per la Svizzera) che punitivo. Lo scorso anno la Svizzera è stato il primo importatore d’oro del mondo, tutti i paesi considerati, con quasi un quarto della produzione mondiale, ossia 92 miliardi di dollari. Gli altri sono l’India (55.8), il Regno Unito (53.7) e la Cina (43.7).
Ancora nel maggio scorso 3 tonnellate d’oro di origine russa sono state importate in Svizzera, attraverso l’Inghilterra. Era una sorta di “première” dopo l’invasione dell’Ucraina da parte di Putin. Lo ha rivelato la nota e ormai celebre agenzia americana Bloomberg. Notevole intuizione svizzera, riuscita anticipazione rispetto a ciò che stava arrivando, accortezza “etica”, in certo qual modo, scegliendo la via britannica?
La Svizzera possiede le maggiori riserve d’oro pro capite del mondo. Ogni svizzero, calcolando solo le tonnellate d’oro custodite dalla Banca Nazionale (circa 1300) possiede 128 grammi del metallo giallo (senza tener conto di lingotti privati gioielli ecc.). Un valore che supera di gran lunga quello di tutti gli altri paesi (tedeschi 42 grammi, italiani 40, francesi 28, americani 26).
C’è chi ha così parlato della “grande fame d’oro degli svizzeri”. Perché l’oro è equiparato a “sicurezza… sicura” ed è rimasto il “mito aureo “della Seconda guerra mondiale, quando la Svizzera acquistò oro per 1.8 miliardi di franchi dagli Alleati e 1.3 miliardi anche dalle forze dell’Asse (Germania, Italia e Giappone, per non dire dell’oro arrivato dagli ebrei, come ha spiegato Tobias Straumann, docente di storia economica all’Università di Zurigo). Tanto che un’iniziativa popolare della destra nazionale, che ha sempre il chiodo dell’insicurezza o della paura su cui martella e cresce, chiedeva ancora qualche anno fa in una iniziativa popolare (2014) di triplicare le riserve auree della Banca Nazionale.
C’è quindi da credere che la Svizzera, snodo fondamentale nel commercio internazionale dell’oro, Paese ove operano cinque raffinerie (4 in Ticino) che lavorano sino al 70 per cento dell’oro estratto nel mondo, resa più “insicura” anche perché lo sviamento britannico non funziona più, da questo embargo sull’oro russo ci rimetta più della Russia stessa, la nazione che si voleva punita.
C’è anche un elemento alquanto paradossale e di attualità da aggiungere: rispetto a marzo dove l’oro raggiungeva un’alta quotazione (66 franchi al grammo) l’embargo sull’oro russo non ha provocato un’impennata del corso dell’oro, come poteva essere logico, ma il contrario (54 il 4 agosto). Forse la Cina, grande consumatrice d’oro anche per la sua industria elettronica e sempre in combutta con gli Stati Uniti anche in questo campo, deve aver fatto un grande affare.
Esistono soluzioni praticabili per un maggiore benessere con minori consumi; ma è una scelta ideologica
In Europa i vaccini anti Corona-virus del due giganti della distribuzione costeranno molto di più: grandi profitti e governi zitti