Oggi al Festival – The Cave
di Feras Fayyad, 2019, 95 minuti, Danimarca, Germania
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The Cave, in italiano “la caverna”, è il nome con cui era noto l’ospedale realizzato nel sottosuolo della Goutha orientale, alla periferia est di Damasco. La struttura rimase in attività fino a marzo 2018. Allora, Amani Ballour, direttrice dell’ospedale, insieme allo staff medico, dovette evacuare i pazienti e abbandonare l’enclave dopo una resistenza durata sei lunghi anni. Appena un mese prima, l’ospedale aveva curato numerosi civili colpiti da bombe al cloro. Nel 2013, Goutha era stata teatro di un ulteriore attacco a base di armi chimiche. All’epoca fu usato il Sarin, un gas nervino classificato come arma di distruzione di massa. La produzione, acquisizione o conservazione di questo tipo di armi è proibita da una apposita Convenzione internazionale di cui la Siria non faceva parte all’epoca dei fatti. A seguito dell’attacco chimico di Ghouta dell’agosto 2013, la Siria, a lungo sospettata di possedere armi chimiche, accettò di metterle sotto supervisione internazionale, prendendo parte ad un programma di distruzione delle stesse e accettando di applicare la Convenzione in via provvisoria. Tuttavia, gli attacchi chimici che nuovamente si verificheranno nel paese negli anni a seguire, indicheranno la presenza di scorte non dichiarate.
Pur non facendo ancora parte, nel 2013, della Convenzione sulle Armi Chimiche, la Siria rimane perseguibile in base al diritto internazionale umanitario. Tuttavia, la Corte Penale Internazionale, competente nel giudicare crimini di guerra commessi nel territorio o dai cittadini di uno Stato membro del trattato istitutivo della stessa, non può occuparsi direttamente del caso della Siria. Quest’ultima in effetti, non è un paese firmatario dello Statuto di Roma, nome con cui è noto il trattato istitutivo della Corte Penale Internazionale. L’impasse potrebbe essere superata, come avvenne per la Libia nel 2011, dal Consiglio di Sicurezza Onu, che ha il potere di deferire alla Corte per fattispecie che ricadono fuori dalla sua giurisdizione. Ciononostante, la Russia, e in parte anche la Cina, ha ripetutamente fatto ricorso allo status di membro permanente del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite per bloccare qualsiasi tentativo di portare la Siria di Bashar al-Assad innanzi alla giurisdizione della Corte Penale Internazionale. Ne consegue che gli attacchi chimici perpetrati nel paese restano ad oggi senza formale condanna penale a livello internazionale. L’incapacità del Consiglio di Sicurezza di identificare formalmente i responsabili degli attacchi in Siria nei fori competenti, supporta un messaggio estremamente pericoloso, ovvero che l’uso di armi chimiche resta tollerato ed impunito dal diritto internazionale. La speranza che questo possa cambiare resta tuttavia accesa, per Amani Ballour e per l’umanità.
Trama
Dopo il documentario candidato all’Oscar Last Men in Aleppo, il regista siriano Feras Fayyad torna nel suo paese natale per seguire l’operato inarrestabile della pediatra Amani Ballour, anima e responsabile di The Cave, l’ospedale sotterraneo in cui si tenta con pochi mezzi di aiutare tutti gli aiutabili, in primis i bambini. Una storia potente, disarmante, sulle conseguenze atroci di attacchi chimici, di crimini contro l’umanità, ma anche di sessismo e arretratezza culturale di chi non accetta che a capo di un ospedale ci sia una donna.
Sabato, 16 Ottobre 2021, Cinema Corso, Lugano, ore 20:45
Intervengono al dibattito
Moderatore: Aldo Sofia, giornalista – Ospiti: Feras Fayyad, regista
di Milo Rau, 2020, 107 minuti, Svizzera
di Nick MacWilliam, 2021, 89 minuti, Gran Bretagna