Gazprom, profondo rosso
Ma non è detto che la forte riduzione delle esportazioni di gas russo minerà a breve il potenziale bellico del Cremlino in Ucraina
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Ma non è detto che la forte riduzione delle esportazioni di gas russo minerà a breve il potenziale bellico del Cremlino in Ucraina
• – Yurii Colombo
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Una volta di più la parola spetta a chi non è stato ascoltato: esperti, docenti e famiglie
• – Fabio Dozio
Ricordando i migranti per mare, quelli che dall’Europa sono partiti, per cercare un mondo migliore
• – Enrico Lombardi
Fra slogan, silenzi e litigi gli schieramenti politici si avvicinano alla prova delle urne e alla sfida ad un comune “fantasma”: l’astensionismo
• – Enrico Lombardi
Le ultime mosse dell’autarca Daniel Ortega e della moglie Rosario Murillo, campioni di cristianità sulla carta e poi ossessionati da quanto la Chiesa potrebbe fare a presunto danno della loro dittatura
• – Gianni Beretta
Cercare di spiegare il presente senza ricorrere a categorie derivanti dalla spuma di superficie delle scelte politiche
• – Paolo Favilli
Storie di vite in fuga, chiamate a ricucire lo strappo dell’esilio, a riannodare i fili della propria identità lacerata
• – Raffaella Carobbio
La Banca Nazionale soccorre CS con 50 miliardi, ma non è per niente scontato che bastino per scongiurare un fallimento epocale, che si poteva almeno provare a prevenire
• – Enrico Lombardi
Le reazioni e le manovre del clero tradizionalista americano e dei suoi sostenitori all’operato decennale di papa Francesco
• – Silvano Toppi
Ma non è detto che la forte riduzione delle esportazioni di gas russo minerà a breve il potenziale bellico del Cremlino in Ucraina
Il dato tanto atteso sulla salute delle esportazioni di gas russo è stato pubblicato e fa tremare le vene e i polsi. Secondo il comunicato ufficiale di Gazprom gli utili netti dell’azienda per il 2022 sono stati solo di 747,246 miliardi di rubli rispetto ai 2 mila 684 miliardi di rubli dell’anno precedente. Secondo” Kommersant”, il quotidiano della Confindustria russa che cita fonti bene informate, lo scorso anno la produzione russa di gas è scesa dell’11,8% su base annua a 672 miliardi di metri cubi. “Gli interlocutori di Kommersant operanti sul mercato, ritengono che entro la fine del 2023 la produzione di Gazprom diminuirà di altri 30-40 miliardi di metri cubi”, riducendo ancora significativamente i profitti del colosso energetico russo.
I motivi del tracollo sono un segreto di Pulcinella. Li ha elencati lo stesso amministratore delegato e amico sanpietroburghese di una vita di Putin, Alexej Miller a fine dicembre: la riduzione delle forniture attraverso il gasdotto Yamal-Europa e la chiusura di Nord Stream, mentre solo le esportazioni attraverso l’Ucraina in qualche misura restano stabili. La riduzione della domanda mondiale (soprattutto nella seconda parte dell’anno) ha fatto il resto.
Secondo l’agenzia tedesca “Reuters”, tra gennaio e febbraio 2023 la vendita di gas russo in Europa si è ridotta ancora di un 30%.
L’economia russa dipende in larga misura dalle esportazioni di materie prime: i ricavi delle vendite di petrolio grezzo, prodotti petroliferi e gas naturale costituiscono circa la metà del bilancio federale russo. Le principali esportazioni russe sono combustibili e prodotti energetici (63% del totale di cui il petrolio greggio e il gas naturale rappresentano rispettivamente il 26% e il 12%); metalli (10%); macchinari e attrezzature (7,4%); prodotti chimici (7,4%) e prodotti alimentari (5%) mentre principali partner per le esportazioni sono noti: Cina (12%), Germania (9%), Paesi Bassi (8,4%), Italia (5,8%), Bielorussia (4,7%) e Turchia (4,4%).
L’effetto delle sanzioni e del “price cap” imposto dalla UE sugli idrocarburi hanno giocato certamente un ruolo non marginale in questa dinamica a riprova che le sanzioni – lentamente ma inesorabilmente – pesano sul principale fattore di profitti per il Cremlino. Ma tutto ciò non deve indurre a un esagerato ottimismo per chi ritiene che la riduzione di entrate nelle esportazioni russe potrebbe ridurre anche il potenziale bellico del Cremlino in Ucraina. In primo luogo, perché nessuna politica delle sanzioni ha mai posto fine, di per sé, a un conflitto o a un regime. Cuba, l’Iran o la Corea del Nord continuano a sopravvivere da decenni malgrado le sanzioni.
Inoltre, la Russia ha una struttura economica particolare di cui non vanno sottovalutate le potenzialità.
In primo luogo, il deficit di bilancio è iniziato a espandersi solo con l’ultima legge di bilancio. Ciò significa che la Russia può sviluppare politiche di deficit-spending, alimentare la macchina bellica con il debito pubblico. Non è una novità ed è un volano di profitti – come insegnano altre guerre – se il paese non conosce distruzioni significative di infrastrutture. Questa è la storia, l’analogia valga solo come riferimento – at-large – della prima fase della guerra hitleriana e per altri versi dell’intervento americano in Vietnam.
Inoltre, l’uscita dal mercato di prodotti dell’industria leggera occidentale (mobili, abbigliamento, prodotti alimentari) sta dando impulso all’industria nazionale in questi comparti in termini sia di allargamento di quote del mercato interno sia (in misura minore) di impulso all’innovazione.
Certo, nel futuro la Cina potrebbe accrescere la quota delle sue importazioni di idrocarburi russi più di quanto non faccia ora. Ma confermerebbe solo che la Russia si attrezza non a diventare una potenza “sovrana” ma un ”junior partner” del Dragone.
Nell’immagine: la faraonica (703m) nuova sede della Gazprom, in progetto a San Pietroburgo
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