Sul palcoscenico fino alla fine
La scomparsa di Endo Anaconda, uno dei musicisti svizzeri più celebri e grintosi
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La scomparsa di Endo Anaconda, uno dei musicisti svizzeri più celebri e grintosi
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La scomparsa di Endo Anaconda, uno dei musicisti svizzeri più celebri e grintosi
Amico del cuore di un altro grande Mundart Musiker – quel folto nugolo di cantanti che si esprimono in svizzero tedesco – come Polo Hofer (scherzosamente denominato «cannaiolo nazionale» dalla stampa d’Oltre Gottardo e scomparso nel 2017), Endo Anaconda aveva dalla sua una lucidità di pensiero e una padronanza della lingua straordinarie, basti pensare che nel 2021, recitando poesie, aveva chiuso le Giornate letterarie di Soletta, e contro di sé una debolezza endemica che lo portava a cascare di continuo in una serie di dipendenze di cui non faceva mistero alcuno.
Potenza primordiale, Tom Waits svizzero, bluesman dell’Aare, ultimo dei dadaisti… sono solo alcuni degli appellativi che la stampa elvetica di lingua tedesca gli ha dedicato all’indomani della notizia della sua morte, che pure non ha destato particolare stupore, vista la sua precarietà fisica. Eppure Endo, con cui avevamo trascorso una mattinata al Bar Bière di Berna la scorsa estate [nell’immagine], era pieno di progetti: al termine della tournée avrebbe iniziato a studiare l’italiano (cantava infatti Buscaglione e Natalino Otto, amava follemente Vasco e De André) e sarebbe tornato per qualche tempo in Austria, per dedicarsi all’Hochdeutsch, mettendo da parte quello Schwyzerdütsch che a suo avviso si era negli anni trasformato in un pericoloso strumento di autocelebrazione e diffusione di idee politicamente schierate dalla parte sbagliata (sebbene sia stato uno dei primi a fare Spoken Word in dialetto bernese).
Sì, perché la sua visione del nostro Paese era lucida e impietosa: Anaconda condannava infatti il nostro modo di concepire il futuro, organizzato a scadenze trimestrali molto simili a quelle del mondo della finanza, e poco attento alle esigenze e ai diritti delle generazioni più giovani, dai problemi legati al clima allo smaltimento delle scorie nucleari. Un pensatore fine e un grande lettore, un attivista che era ritornato in Svizzera dall’Austria negli anni 80 per partecipare alle proteste giovanili, un artista che era capace anche di litigare con i giornalisti per un’idea, di alzare la voce se una cosa non gli andava a genio.
Ed era quello che lo rendeva così autentico e irresistibile, al di là della sua figura massiccia e quasi intimidatoria, al suo approccio sanguigno (anche se si definiva timido) e alla voce tonante, che piegava in blues improbabili e di incredibile successo come quello dedicato all’Aare, in testi surreali come Znüni näh, o a rievocazioni comico-piccanti a ritmo spumeggiante come in Vampirella.
Mancherà Endo, e mancherà soprattutto a coloro che credevano nella possibilità e nella necessità della giustizia, e che riconoscevano il flow trascinante di ogni cosa su cui si incaponiva, dalla musica alla poesia, passando, ovviamente per la politica.
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