Strade e spiagge
Nella propaganda per il PSE c'erano solo pedoni e ciclisti. La realtà del progetto è ben diversa
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Nella propaganda per il PSE c'erano solo pedoni e ciclisti. La realtà del progetto è ben diversa
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Nella propaganda per il PSE c'erano solo pedoni e ciclisti. La realtà del progetto è ben diversa
«Oggi possiamo creare un’ultima opportunità per ripensare questo sciagurato progetto. Poi sarà troppo tardi». Si conclude con questa frase l’interrogazione presentata dai Verdi di Lugano, e sottoscritta da altri tre consiglieri comunali, intitolata «Ripensare via Stadio» (la si può trovare qui con il numero 1258).
Via Stadio? Eh sì: via Stadio. Un via che ancora non esiste e di cui si è riparlato nel corso della campagna di votazione sul Polo sportivo e degli eventi (PSE). In quel dibattito infuocato, Verdi, ATA e Cittadini per il Territorio hanno più volte cercato di portare l’attenzione su questo infausto progetto viario, elemento estraneo al referendum (il piano viario è cantonale) ma strettamente connesso alla pianificazione del comparto di Cornaredo. La propaganda visiva dei favorevoli lo occultava spudoratamente. In particolare il render assurto a immagine ufficiale del progetto – icona ricorrente del PSE, sfondo immancabile dei dibattiti televisivi e illustrazione di molti articoli – ci presentava quella striscia di territorio come un’oasi tranquilla percorsa in tutto relax da pedoni e ciclisti. Cinque anni fa, quando è stata presentata l’ultima versione del piano viario previsto dal cantone tra la galleria Vedeggio-Cassarate e l’area di Cornaredo – che prevede all’uscita la creazione di una megarotonda sul fiume Cassarate e più a sud la creazione della nuova via Stadio – l’opinione pubblica si è mostrata un po’ distratta. Non così ATA e Cittadini per il territorio, che hanno inoltrato un’opposizione ben argomentata e nel 2019 un ricorso ancora in attesa di un giudizio definitivo. Ma in precedenza anche il Municipio aveva avversato l’ipotesi di via Stadio, che taglia in due la proprietà comunale dedicata allo sport: “l’inserimento di un nuovo tracciato non deve in alcun modo costituire una cesura tra le aree e le strutture esistenti”, aveva scritto l’esecutivo. Saggia considerazione. Ora non più: quella strada che taglierà in due l’area sportiva, prevista di 4 corsie con una larghezza di quasi venti metri, va bene. Anche la prima reazione all’interrogazione da parte della Municipale Zanini Barzaghi (vedi «Corriere del Ticino» del 2 febbraio, giorno della Candelora) lascia intendere che non ci saranno ripensamenti, vaneggiando di riduzione del traffico a vantaggio della «mobilità lenta» e di «ricucitura» con la collina di Trevano grazie alla creazione di via Stadio. Ora si sa che aprendo nuove strade non si riduce il traffico, anzi. E per una fantasmatica ricucitura con la collina (il tratto di via Sonvico a nord dell’attuale stadio e del Cinestar rimarrà, per quanto alleggerito) si crea una potente cesura all’interno dell’area sportiva e tra questa e il Cassarate. Sì, perché creare via Stadio significa necessariamente anche portare quel traffico sul tratto di via Ciani che costeggia il futuro stadio. E così, in barba a tutti i bei discorsi sull’«asse verde» del Cassarate, tra l’area sportiva e il fiume ci sarà una bella barriera di traffico pulsante (mentre senza la via Stadio si potrebbe addirittura immaginare una fitta ricucitura verde, questa sì reale e allettante, tra stadio e fiume). O forse anche la nuova strada va vista come parte integrante di «una risposta allo sfilacciamento territoriale che è anche disunità sociale», capace di dare all’area «vitalità, dignità, bellezza» a tutto vantaggio dei ceti popolari che vivono in zona? (Anche questo ci è capitato di leggere, e non lontano da qui, a favore del PSE: quanto ai suddetti abitanti, ne avranno un generoso assaggio, e prolungato, con l’avvio del cantiere).
Insomma, le ragioni per un ripensamento non mancano. Questa è forse l’ultima spiaggia per rimediare almeno in parte all’infelice pianificazione di quell’area dopo il voto popolare che ha accolto tutto quel ben di dio offerto alla cittadinanza (o forse agli investitori privati), voto ottenuto anche con una spesa pubblicitaria impressionante e subdola (ne ho detto qualcosa il 31 dicembre su «La Regione»). Le affermazioni della municipale fanno però pensare che il Municipio a questa spiaggia proprio non vorrà approdare, preferendo magari un’altra spiaggia, quel «sogno» rilanciato con l’anno nuovo da Alessio Petralli e garbatamente definito qui da Marco Züblin una corbelleria. Da uno sproposito pianificatorio all’altro. E sempre nel segno di un malinteso “progresso” di cui faremmo volentieri a meno.
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