I Leopard e l’escalation della guerra
La fornitura di tank non rende, stando al diritto internazionale, l’Europa co-belligerante, tuttavia la coinvolge ancor di più su una scacchiera dove nessuno è in grado di compiere la mossa decisiva
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La fornitura di tank non rende, stando al diritto internazionale, l’Europa co-belligerante, tuttavia la coinvolge ancor di più su una scacchiera dove nessuno è in grado di compiere la mossa decisiva
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La fornitura di tank non rende, stando al diritto internazionale, l’Europa co-belligerante, tuttavia la coinvolge ancor di più su una scacchiera dove nessuno è in grado di compiere la mossa decisiva
In tutto, si stima, due battaglioni di 80 carri armati da combattimento (sui 2000 in dotazione agli eserciti europei). Kiev naturalmente saluta la svolta, una buona notizia nel bel mezzo del repulisti per la corruzione dilagante (forse il tratto che più accomuna i due paesi belligeranti) e in un momento in cui la controffensiva militare sembra insabbiarsi. La caduta di Soledar a est è ormai confermata mentre si intensificano i combattimenti a Zaporijia, più a sud.
Un’escalation « estremamente pericolosa » secondo il Cremlino le cui linee militari in territorio occupato potrebbero essere sfondate proprio grazie ai Leopard e consentire agli ucraini di avanzare per distruggere il ponte di Kerch fra la Russia e la Crimea illegalmente annessa. Mosca si appresta ad annunciare nuovi massicci arruolamenti: la carne da macello non manca, così come la volontà di devastare tutti e tutto quanto resiste all’aggressione. Le lancette del Doomsday Clock (il Giorno del Giudizio) segnano 90 secondi prima della mezzanotte: se l’allarme del Bulletin of Atomic Scientists viene di fatto ignorato è anche perché nessuno è in grado di definire una via d’uscita.
La trattativa proposta da Mosca hai i contorni della farsa (« negoziamo ma a condizione che riconosciate le annessioni ») e l’unica alternativa alla fornitura di armi all’Ucraina oggi sarebbe la sua resa. Al tempo stesso non ci sarà una vittoria militare in senso stretto, da parte di nessuno, secondo quanto ha ammesso lo stesso capo di Stato Maggiore americano Mark Milley. L’impasse è il destino di molte guerre moderne. Lo aveva già capito, nel contesto mediorientale, il presidente Barack Obama quando escluse il coinvolgimento militare americano in Siria contro Bashar Assad.
E’ ancor più vero dopo un anno di mattanza russa: fallita l’offensiva a Kiev nel febbraio del 2022, in difficoltà per la controffensiva ucraina in estate, ora siamo di fronte a una terza insidiosa fase. Il ricorso al nucleare è stato più volte invocato da Mosca: uno scenario orripilante quanto reale in caso di attacco alla Crimea. D’altra parte assecondare il ricatto atomico avvalorerebbe altrove l’opzione nucleare. La fornitura di tank non rende, stando al diritto internazionale, l’Europa co-belligerante, tuttavia la coinvolge ancor di più su una scacchiera dove nessuno è in grado di compiere la mossa decisiva . Vano (forse) anche speculare su una morte imminente di Putin: fin quando non emergerà una forte richiesta negoziale (ad esempio sulla base del riconoscimento russo delle frontiere del 23 febbraio 2022 in cambio di quello ucraino di un nuovo status della Crimea) non potrà concludersi l’ultimo atto del dramma.
Articolo scritto per laRegione
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