Il caso Quadroni: se la “mafia” è cosa nostra
Metodi mafiosi, appalti truccati, omertà, stampa imbavagliata. Tutto fatto in casa, nei Grigioni
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Metodi mafiosi, appalti truccati, omertà, stampa imbavagliata. Tutto fatto in casa, nei Grigioni
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Metodi mafiosi, appalti truccati, omertà, stampa imbavagliata. Tutto fatto in casa, nei Grigioni
Già il rapporto Brunner commissionato dal Parlamento, aveva rivelato 19 punti da correggere nel comportamento delle autorità preposte al caso, ma ora la faccenda si complica: polizia, giudice distrettuale e medico hanno agito di loro iniziativa, sbagliando, o qualcuno li ha indotti all’ignobile messinscena, a falsificare le carte?
Quadroni andava screditato e tolto dalla circolazione non perché era pericoloso per se stesso, ma per l’intero nostro modo di vivere, per la nostra democrazia, per il nostro Stato di diritto; aveva rivelato il modo in cui la “cupola” degli impresari grigionesi gestiva le ricche commesse pubbliche e anche le private: i Riina, Provenzano, i Badalamenti delle nevi si spartivano gli appalti: la strada a te, la galleria e me, ben 400 dal 2007, e fin qui nulla di male: il fatto è che, secondo la Commissione Federale per la concorrenza, le offerte venivano artificialmente aumentate del 40-45%, peggio che nel caso dell’ “Asfaltopoli” ticinese, dove l’aumento (il furto di denaro pubblico) era attorno al 30%.
Funzionava così: se l’appalto, a turno, toccava all’impresa A, tutti gli altri dovevano inoltrare un’offerta nettamente più alta: l’opera pubblica veniva di conseguenza assegnata all’impresa A, che però, pur presentando il costo più favorevole, lo aveva già nettamente maggiorato, causando un danno di almeno 100 milioni sull’arco di 10 anni al Cantone e ai vari Comuni engadinesi che per rifarsi aumentavano le imposte. Ora, che Quadroni abbia rotto l’omertà indotto dal suo anziano genitore (“ti ho sempre insegnato ad essere onesto”) o perché la cupola gli assegnava solo le briciole della ricca torta, non è dato sapere. Ma il pentolone è stato scoperchiato.
Nessuno s’era accorto di nulla: non il presidente degli impresari Andreas Felix, del Partito Borghese Democratico che alla fine rinuncia a ricandidarsi per il governo, non il capo della Polizia Walter Schlegel dell’ UDC, difeso a spada tratta dalla figlia di Blocher, che viene sconfitto per 31 voti da Jon Domenic Parolini del PBD, a cui si era rivolto Quadroni per denunciare il caso. “Vero” dice Parolini, “ma Quadroni non mi ha consegnato i documenti”. “Non li ha voluti vedere” dice Quadroni.
Gli impresari della Bassa Engadina, che hanno pagato 7,5 milioni di multe, fanno terra bruciata attorno all’ “infame”: “Giuda chi dà un soldo a Toppi”, dicevano i banchieri ticinesi a chi voleva salvare il “Quotidiano” anni fa.
Quadroni non riesce a costruire nemmeno un pollaio, fallisce, ma è salvato da un’azione popolare che raccoglie 250’000 franchi, grazie ai quali denuncia tutti, dal Cantone ai Comuni passando per le varie Autorità. Nel frattempo la prima procuratrice straordinaria Esther Omlin getta la spugna, sommersa da troppe carte, e viene sostituita da Sutter.
Per finire: perché siamo in grado di parlare di Quadroni? Solo perché esiste il portale “Republik” che con Anja Conzett gli ha dato voce. Nei Grigioni la “libera” stampa è di Hanspeter Lebrument, ex presidente degli editori svizzeri che controlla tutto: la “Südostschweiz” che comprende anche Radio e TV privata, il “Tagblatt” e la “Quotidiana”. Si era scagliato contro la “mafia” della COMCO che aveva trattato il caso poco prima delle elezioni, favorendo l’ascesa del PPD Caduff e del socialista Peyer e naturalmente contro il portale “Republik” diretto da Gion Mattias Durband, suo ex dipendente troppo indipendente.
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