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Federico Franchini
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• 5 Settembre 2023 – Federico Franchini

Swiss Life Arena, Zurigo, 26 agosto 2023. Il primo partito svizzero, l’UDC, lancia in pompa magna la propria campagna in vista delle prossime elezioni federali per le quali è dato dai sondaggi come il grande vincitore. Uno show all’americana mai visto in Svizzera che ha richiamato più di 4.000 persone. Una torcida di camicie Edelweiss, birre e bratwurst pronta a tambureggiare al ritmo dei soliti slogan anti immigrazione. Il tutto in una cornice urbana – una pista di ghiaccio – che richiama però l’immaginario campagnolo e folcloristico: la lotta svizzera e i campanacci, le bandierine e i canti tradizionali, gli chalet e i trattori. Come quello su cui è entrato in scena, assieme alla figlia Magdalena, Christoph Blocher, il grande burattinaio e mecenate del partito.

La famiglia Blocher – nona fortuna svizzera con un patrimonio tra i 14 e i 15 miliardi di franchi – è proprio l’emblema di un partito dove, a tirare le fila, sono dei miliardari, ma a votarli è la gente comune. Ciò avviene anche in altre parti del mondo, quando a seguito anche delle trasformazioni industriali e sociali la sinistra non ha più saputo rivolgersi a quelle classi popolari che altri hanno sedotto e conquistato. L’esempio più lampante sono gli Stati Uniti dove un volgare miliardario è riuscito a parlare ai dimenticati in maniera più convincente di quanto non l’abbia saputo fare la competente quanto spocchiosa Hillary Clinton.

Blocher in Svizzera ha saputo cancellare la naturale distanza tra un miliardario e il cittadino comune, fiutandone i malumori, percependone bisogni e rancori da sollazzare in salsa nazional popolare. La tattica è semplice quanto efficace: cercare il voto della gente, cavalcando la xenofobia, l’antieuropeismo, ma anche legittime paure e criticando certe élite per poi fare gli interessi della propria, di élite. L’essenza stessa dell’UDC sta tutta qui. Già dalla fine degli anni ’20 del Novecento, quando l’allora Partito dei contadini, degli artigiani e dei borghesi entrò nella stanza del potere si praticava questo doppio discorso: da un lato si esaltava lo stile di vita rurale, la patria libera dalla modernità industriale, dall’altro, dietro le quinte, si portavano avanti i programmi della destra padronale in opposizione a qualsiasi politica di giustizia sociale. Il primo consigliere federale del partito, Rudolf Minger, era un contadino che raccontava barzellette, patriottico e avverso al socialismo quanto al grande capitale. Poi, però, era membro del consiglio di amministrazione della Banca nazionale e, dopo il suo ritiro dal Governo, sedette nei Cda di diverse imprese attive nel settore alimentare.

L’alleanza “segreta ma sacra” tra il partito dei contadini e gli oligarchi della Goldküste è stata studiata dallo storico Hans-Ulrich Jost, il quale ha messo in luce questa capacità di attirare i voti paesani promuovendo allo stesso tempo gli interessi dei nemici di chi la terra la lavora: le banche e la grande industria. Un doppio filo – o doppio gioco – che è stato osservato anche dopo la trasformazione del partito agrario nell’attuale UDC. Negli anni Novanta il patrimonio finanziario di Christoph Blocher ha permesso al partito di uscire dall’impasse elettorale in cui si trovava. Con la diminuzione del numero di contadini il partito faticava a superare il 10% dei voti alle elezioni federali. Blocher finanziò la professionalizzazione del partito e rilanciò l’aggressiva linea politica anti stranieri e anti UE, coniugando la tradizionale xenofobia con alcuni problemi congiunturali quali la globalizzazione, la paura della modernizzazione della società e, oggi, persino con i costi della salute o l’intasamento delle strade. Una scelta vincente: l’UDC è infatti da tempo il primo partito in Svizzera. 

Blocher, che vanta il suo passato di apprendista contadino, in realtà è da sempre legato al mondo delle banche e dell’industria. È stato membro del Cda di UBS dal 1981 al 1991. Quando, nel 1983, acquisì la maggioranza delle azioni della EMS-Chemie, beneficiò del più cospicuo credito a privati che la grande banca avesse mai concesso fino ad allora. Poi, insieme all’amico Martin Ebner, finanziere d’assalto, utilizzò l’azienda come base per fare incetta di altre ditte, attraverso azioni speculative e altamente redditizie come quella che, a fine anni novanta, portò allo smantellamento della storica fabbrica vallesana Alusuisse. Oggi la EMS-Chemie è un’industria chimica altamente inquinante che continua a nutrire la famiglia Blocher: ogni anno i dividendi versati alla famiglia Blocher superano i 100 milioni di franchi. Malgrado ciò la festa a cui parteciperà come ospite d’onore lo stesso Blocher in Ticino – sabato prossimo, a Pregassona – sarà per definizione “popolare”. Con risotto, luganighe e merlot, giusto per saziare il mito su cui si basa l’identità dell’elettorato UDC.

Mentre alla Swiss Life Arena andavano in scena anche i canti tradizionali ticinesi – portati forse dal presidente Marco Chiesa («Privo di energia» è stato definito il suo discorso dal quotidiano romando le Temps) – un altro siparietto dava una fotografia dei veri interessi del “partito del popolo svizzero”. Quattro signori seduti attorno ad un tavolo con tovaglia a quadretti stile trattoria. Uno è Roman Kilchsperger noto presentatore sportivo svizzero tedesco con dichiarate simpatie udiciste; gli altri sono tre massimi rappresentanti della classe padronale svizzera e del partito: Walter Frey, Peter Spuhler e Rolf Dörig. 

Walter Frey, già consigliere nazionale zurighese, presidente della squadra di hockey degli ZSC Lions, ma soprattutto patriarca del gruppo Emil Frey (importazione di auto) con un patrimonio stimato fra i 3 e i 4 miliardi di franchi. Peter Spuhler, già consigliere nazionale, già membro del Cda degli ZSC Lions, ma soprattutto gran patron della Stadler Rail (costruttore di treni) con patrimonio stimato a 4,1 miliardi. Rolf Dörig, membro del Cda degli ZSC Lions (e del Grasshoppers), presidente del consiglio d’amministrazione del gruppo assicurativo Swiss Life (tra i principali proprietari immobiliari in Svizzera) e membro del Cda – toh, il caso – della Emil Frey Holding. Ex eminenza grigia del PLR, Dörig ha lasciato i liberali per iscriversi all’UDC, partito giudicato «più efficace» e consono ai suoi «valori conservatori». E forse, aggiungiamo noi, più funzionale al consolidamento dei sui privilegi. Evviva il partito del popolo!

Nell’immagine: un’allegra tavolata di miliardari. Da destra (naturalmente): Peter Spuhler, Rolf Dörig e Walter Frey con il moderatore Roman Kilchsperger






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