Il secondo emendamento ha convinti teorici anche in Ticino
Quando il deputato Paolo Pamini chiedeva l’introduzione delle armi nelle scuole
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Quando il deputato Paolo Pamini chiedeva l’introduzione delle armi nelle scuole
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È il caso di un messaggio giuntoci in questi giorni da un affezionato lettore che, a proposito del caso dell’ennesima strage in una scuola americana, a Uvalde nel Texas, ci ricorda che ben sette anni fa, o giù di lì, anche dalle nostre parti si era arrivati a sostenere, come oggi ci dice gran parte dell’America repubblicana e trumpiana, che al pericolo delle armi si può rispondere soltanto armandosi, e preparandosi ad usare le armi fin da bambini.
Era il 16 dicembre 2015, e in un’”Opinione” ospitata dal “Corriere del Ticino” poi ripresa dal portale “ticinonews”, l’allora ancor più giovane deputato della “Destra” (ora adeguatamente schierato fra le fila dell’UDC) Paolo Pamini lanciava una perentoria proposta per fronteggiare la dilagante violenza che ci circonda, anche dalle nostre parti. Certo, allora, il nemico, subdolo e crudele, da combattere, era anzitutto il terrorismo. Ma, lo sappiamo, i nemici mortali possono nascondersi dovunque, finanche fra i “malati mentali” evocati da Donald Trump.
Dopo tutto quanto abbiamo potuto leggere e sentire in questi giorni a questo proposito, non ci pare occorrano particolari commenti. Ma tornare con la memoria a quella premonitrice proposta, rileggerne le argomentazioni, può forse permettere a ciascuno di noi di farsi, anche qui, qualche ulteriore domanda. E non solo sull’uso delle armi.
Ecco dunque quanto scriveva (e scriverebbe?) il granconsigliere Paolo Pamini:
Per lottare contro il terrorismo bisogna favorire il più possibile la circolazione delle armi e facilitare il libero porto d’armi tra i civili, si potrebbe seriamente pensare di introdurre in Ticino corsi di tiro nella scuola dell’obbligo e negli anni fino alla maturità.
In Svizzera abbiamo ottime premesse per un approccio del genere, perché siamo tra i primi Paesi al mondo in fatto di densità di armi nella popolazione.
Immaginiamo di essere al Bataclan o al Petit Cambodge il mese scorso. Immaginiamo che come noi altri ospiti abbiano la propria pistola con sé. Immaginiamo infine che nella scuola dell’obbligo vi siano regolari lezioni di tiro. Sembra strano? Ricordiamo che qui da noi da più di 100 anni si insegna a qualsiasi maschio svizzero a servirsi di un’arma da fuoco, a portarla con assoluto rispetto, a conservarla a casa propria e a mantenerla sempre in funzione. (…). Chiediamoci: ci attenderemmo più o meno vittime di quanto sta tristemente riportando la stampa? Le armi personali hanno di gran lunga una funzione difensiva anziché offensiva. (…). Non sono criminogene, così come le automobili non uccidono i pedoni. In entrambi i casi, è un determinato uso che uno ne fa che causa vittime.
La miglior garanzia di pace e libertà è una popolazione armata. Il tutto in nome della difesa della nostra libertà.”
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