In Germania si paga cara l’energia anche per arricchire società svizzere
Le recenti misure di sostegno economico statale per aziende pubbliche tedesche vanno in maniera misteriosa anche a beneficio di trader con sede a Ginevra e a Lugano
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Le recenti misure di sostegno economico statale per aziende pubbliche tedesche vanno in maniera misteriosa anche a beneficio di trader con sede a Ginevra e a Lugano
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Le recenti misure di sostegno economico statale per aziende pubbliche tedesche vanno in maniera misteriosa anche a beneficio di trader con sede a Ginevra e a Lugano
Per affrontare la crisi energetica, la Germania ha introdotto di recente una tassa sul gas. Obiettivo: aiutare le imprese importatrici e di distribuzione a coprire i costi di sostituzione delle forniture russe. Dato che la Russia ha fornito ai tedeschi una quantità di gas molto inferiore a quella concordata, alcuni importatori hanno infatti subito grosse perdite dovendo comprare altrove del gas a prezzi molto più elevati.
Alcune aziende potrebbero addirittura fallire, ciò che non farebbe che peggiorare la situazione riducendo l’offerta e spingendo verso l’alto i prezzi. L’esempio è quello di Uniper, una grossa azienda di servizi pubblici in grande difficoltà in quanto principale importatore di gas russo in Germania. Quest’anno l’azienda ha registrato una perdita di oltre 12 miliardi di euro nel primo semestre dell’anno, 6,5 dei quali legati proprio all’interruzione delle forniture di gas da parte di Gazprom. Da qui, appunto, l’idea di un supplemento alla bolletta– soprannominata tassa Uniper – portata avanti dal ministro dell’economia e della protezione climatica Robert Habek (Verdi).
La nuova imposta pari a 2,4 centesimi di euro per kilowattora sarà addebitata ai clienti da ottobre 2022 fino alla fine di marzo 2024. Per i cittadini tedeschi si tratta di una nuova mazzata sui costi dell’energia: per una famiglia media di quattro persone, il balzello dovrebbe significare un costo aggiuntivo annuale di quasi 500 euro. Così facendo si spera di raccogliere circa 34 miliardi di euro. Secondo il Ministero Federale dell’Economia e della Tecnologia, questo è l’importo richiesto da tutti i fornitori di energia. Di recente, l’operatore tedesco Trading Hub Europe ha pubblicato l’elenco delle imprese che intendono chiedere un risarcimento. A questo punto è saltato fuori un putiferio politico che ha spinto lo stesso ministro Habek a ipotizzare un cambiamento.
Il problema sta soprattutto nel fatto che tra le aziende che hanno alzato la mano per ricevere questi aiuti ce ne siano molte tutt’altro che in punto di morte. Anzi: sono imprese in piena salute, floride e satolle e con bilanci gonfi come il fegato di un ubriaco. Tra di loro troviamo anche dei big trader elvetici come Vitol e Gunvor, rispettivamente prima e terza della Svizzera per volume d’affari nel 2021.
Vitol, attiva a Ginevra, è un colosso del trading che lo scorso anno ha realizzato una cifra d’affari di 255 miliardi di franchi e un utile netto di 4 miliardi di dollari. Nella lista dei richiedenti vi è anche la DXT Commodities di Lugano, la più importante ditta in Ticino per cifra d’affari. Lo scorso anno ha venduto per 19 miliardi di franchi, più 113% rispetto all’anno prima. «Questo notevole incremento è da attribuire principalmente all’aumento dei prezzi dell’energia durante l’estate» ha scritto il Ceo Benedict Sciortino nel rapporto annuale della Dxt International, la holding lussemburghese che controlla la società ticinese.
A fare una richiesta anche un’altra ticinese, la Enet Energy di Lugano, una società nel cui CdA siede il municipale di Lugano Filippo Lombardi. Non sappiamo i dati finanziari esatti della Enet, ma sul suo sito si legge “la società è in continua crescita con un fatturato al di sopra di 1 miliardo di franchi”.
In sostanza i consumatori tedeschi non solo devono salvare con una nuova imposta gli importatori che rischiano il fallimento: devono anche contribuire all’ubriacatura di soldi di imprese estere che, proprio grazie alla crisi legata all’aumento del costo del gas, si sono riempite le busecche. Salute!
E se proprio dovessimo comunque definirla dovremmo chiamarla ‘coercizione cosciente’ perché imposta da fattori e forze esterne
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