“Né con lo Zar, né con il Sultano”
È impossibile (e inutile) attribuire un’opinione sull’attualità ad una persona morta da quasi un secolo e mezzo, anche se si chiama Marx - Di Damiano Bardelli, storico
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È impossibile (e inutile) attribuire un’opinione sull’attualità ad una persona morta da quasi un secolo e mezzo, anche se si chiama Marx - Di Damiano Bardelli, storico
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È impossibile (e inutile) attribuire un’opinione sull’attualità ad una persona morta da quasi un secolo e mezzo, anche se si chiama Marx - Di Damiano Bardelli, storico
Ogni analisi storica si basa su un fondamento essenziale: il contesto. Il primo compito per una storica o uno storico che volesse comprendere e restituire le opinioni di un attore passato consiste quindi nel ricostruire in modo quanto più minuzioso il contesto in cui vengono espresse le opinioni in questione. Questo perché ignorare o prendere in considerazione solo parzialmente il contesto equivale di fatto a manipolare (volontariamente o meno) le opinioni dell’individuo studiato. Questo problema, all’apparenza marginale e specialistico, si invita ogni tanto anche nel dibattito pubblico, solitamente in occasione di parallelismi tra fatti storici ed eventi d’attualità, come nel caso del pezzo d’opinione “Né con Putin, né con la NATO?” apparso martedì su laRegione e ripreso anche in questo sito, firmato da Martino Rossi.
Prendendo spunto da un interessante articolo sulla guerra di Crimea del 1853-56 apparso su Le Monde diplomatique, il pezzo in questione traccia dei paralleli (inopportuni e anacronistici) tra l’opinione di Marx su quel conflitto e la posizione della sinistra radicale sull’attuale guerra in Ucraina. L’opinione favorevole di Marx all’intervento delle potenze colonialiste dell’epoca (il Regno Unito e la Francia, “la “Nato” di allora” secondo l’autore) a sostegno dell’impero Ottomano aggredito dalla Russia zarista viene così raffrontato a quella parte della sinistra occidentale che oggi si schiera apertamente con la Russia o perlomeno si oppone all’intervento della Nato in Ucraina.
Se si resiste alla tentazione di stabilire paralleli inopportuni tra la Russia zarista del XIX secolo e la Russia “neo-zarista” di Putin, tra l’assolutismo di allora e l’autoritarismo di oggi, tra il colonialismo europeo ottocentesco e la Nato, tra l’Impero ottomano e l’Ucraina, e si va a vedere più in dettaglio il contesto della guerra di Crimea, il ragionamento si rivela problematico. Non si può infatti dimenticare che agli occhi di Marx e dei suoi contemporanei, le esperienze di democrazia rappresentativa della Rivoluzione francese prima e quelle di democrazia liberale scaturite dalle rivoluzioni del 1830 e del 1848 poi rappresentavano solo delle parentesi o delle acquisizioni recenti e fragili. L’Antico regime era ancora una realtà nella maggior parte degli Stati europei malgrado lo sviluppo del capitalismo e della borghesia, e la Russia zarista si presentava sin dalle guerre napoleoniche come il principale “cane da guardia” dell’ordine feudale in Europa. Solo pochi anni prima della guerra di Crimea, la Russia era intervenuta per reprimere nel sangue la “primavera dei popoli” nella quale il giovane Marx aveva profondamente creduto.
Sostenere un intervento militare contro la Russia, indipendentemente dalle credenziali di chi l’avesse affrontata, equivaleva quindi ad aprire uno spiraglio per delle rivoluzioni democratiche in Europa. Come scritto nero su bianco nel succitato articolo di Le Monde diplomatique, Marx e gli altri rivoluzionari che cercavano di stravolgere lo status quo della metà del XIX secolo desideravano una guerra contro la Russia. Ai loro occhi, fermare l’aggressione russa dell’Impero ottomano era fondamentale per evitare che le logiche dell’Antico regime si affermassero di nuovo e forse definitivamente in Europa, mettendo fine alle timide aperture liberaldemocratiche dell’epoca. Questo perché il predominio russo sui confini orientali dell’Europa, con il controllo sugli stretti del Bosforo e dei Dardanelli e la conseguente potenziale egemonia della flotta russa sul Mediterraneo, equivaleva a spianare la strada a degli interventi militari dell’Impero russo contro delle possibili future rivoluzioni in Europa.
Oggi l’Antico regime è definitivamente morto e sepolto, viviamo nel mondo del capitalismo globale e il “cane da guardia” di questo ordine mondiale che Marx voleva superare è rappresentato appunto dalla Nato. Se proprio ci si volesse lanciare in paragoni storici azzardati e anacronistici, ci sono validi argomenti per sostenere che l’equivalente della Nato nel contesto geopolitico dell’Europa di metà Ottocento era rappresentato dall’Impero Russo, e non certo dal Regno Unito e dalla Francia. Ne consegue che se volessimo ad ogni costo stabilire un parallelo tra il conflitto attuale e l’opinione di Marx sulla guerra di Crimea, difficilmente quest’ultimo si sarebbe schierato con la Nato e probabilmente l’avrebbe avversata con forza. Ma poco importa, perché questo genere di speculazioni non è minimamente pertinente, né agli occhi dello storico né tantomeno a quelli del marxista. Per il primo è impossibile (e inutile) attribuire un’opinione sull’attualità ad una persona morta da quasi un secolo e mezzo. Per il secondo Marx non rappresenta un profeta portatore di verità assolute, ma solo un filosofo che ha sviluppato degli strumenti analitici e di lotta che permettono di capire il posto occupato dal capitalismo nella storia e di superarlo. Strumenti analitici e di lotta che possono essere capiti e applicati in modo pertinente solo con il necessario lavoro di contestualizzazione.
Si lascino quindi stare Marx e la guerra di Crimea. Ci sono numerosi argomenti validi per criticare la posizione “né con Putin, né con la Nato”: aggiungervi delle manipolazioni storiche non solo non è intellettualmente onesto, ma non è neanche necessario.
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