Insegnanti qualificati: cioè?
Titoli di studio e significato profondo del mestiere di docente - Di Giorgio Mainini, già direttore di Scuola media
Filtra per rubrica
Filtra per autore/trice
Titoli di studio e significato profondo del mestiere di docente - Di Giorgio Mainini, già direttore di Scuola media
• – Redazione
Vittima di un attentato vicino a Mosca la figlia dell’ideologo del Cremlino, ma è probabile che l’esplosione volesse colpire Alexandr Dugin
• – Redazione
Fra poco in libreria un nuovo libro di Mario Casella, dedicato al fotografo bleniese Roberto Donetta
• – Redazione
È ancora polemica sul “Jova Beach party”: un video di una blogger ecologista fornisce qualche elemento di riflessione, anche sui termini della discussione
• – Enrico Lombardi
La scomparsa di Piero Angela, il grande divulgatore scientifico della televisione italiana: lo ricordiamo attraverso le sue ultime parole
• – Redazione
Mahmoud Ahmed e quei suoni folgoranti che vengono dall’Etiopia
• – Marcello Lorrai
In un rapporto con il reale che diventa sempre più mediato rischiamo di vivere senza sapere né dove né come
• – Lelio Demichelis
• – Franco Cavani
Negare l’unicità della Shoah è un oltraggio alla memoria. Ma la destra israeliana se ne fa scudo per rigettare le critiche sulla questione palestinese
• – Redazione
Tornare alla Storia per capire che quella ucraina è un’entità politica distinta dalla Russia, anche per profonde ragioni culturali
• – Redazione
Titoli di studio e significato profondo del mestiere di docente - Di Giorgio Mainini, già direttore di Scuola media
A pochi giorni dalla riapertura delle scuole, sulla scorta delle considerazioni espresse negli scorsi giorni in questa sede da un intervento di Fabio Camponovo sulle difficoltà della scuola ticinese di dotarsi di docenti qualificati pubblichiamo queste riflessioni, auspicando che su un tema tanto importante possano trovare voce, qui, nei prossimi giorni, ulteriori pareri e contributi (red).
Premessa: ho tentato di utilizzare forme linguistiche inclusive ma non ce l’ho fatta e ho quindi usato il maschile esteso. Se ciò dovesse urtare qualche lettrice/lettore mi scuso da subito.
In questi giorni è riapparso il problema, tutt’altro che nuovo, posto dall’inserimento, faute de mieux, di docenti senza titolo di studio specifico nei vari ordini scolastici. Ho quindi ripescato dalla pancia del mio computer uno scritto di qualche anno fa.
Ho compiuto un esperimento mentale: un ex allievo viene da me e mi chiede di valutare se per lui la professione di docente entra in linea di conto. Come procederei?
Prima di tutto, penso, gli chiederei se per lui ha senso darsi a quella professione. In altre parole: “Credi che chi ti troverai davanti come allievo possa imparare? Solo i più dotati o tutti?” Se mi rispondesse “Solo i più dotati” gli direi di lasciar perdere. Quanto più la risposta si avvicinasse a “tutti”, tanto più sarei propenso a valutarlo positivamente. Credo che si parli di “credere nell’educabilità dell’allievo”.
Poi gli chiederei quale condizione faciliti l’educabilità, e mi aspetterei una risposta del tipo “far sì che l’allievo concepisca interesse / amore per la materia che intendo insegnarli”. Anche qui, quanto più – tanto più.
Poi: “Quale condizione è necessaria perché l’allievo concepisca interesse/amore per la materia che intendo insegnarli?”. Qui la risposta accettabile è una sola, discriminante: “Perché io sento interesse/amore per la materia che vorrei insegnargli”.
Poi, ancora: “Come intendi comportarti per dimostrare a te stesso che senti interesse/amore per la disciplina che insegnerai?”. Risposta attesa: “Approfondendone la mia conoscenza, ampliandola, mettendola in relazione con la sua storia, con la sua epistemologia, con altre discipline”, o simili.
Allora aggiungerei: “Quindi, se dovessi insegnare matematica, ti interesseresti anche di storia, letteratura e quant’altro e inseriresti queste tue nuove conoscenze nel tuo insegnamento?” Per non essere troppo fiscale, accetterei una risposta del tipo “Nei limiti del possibile, sì”.
Finalmente: “Questo modo di lavorare potrebbe però essere visto dai tuoi colleghi come un’invasione di campo. Come eviteresti eventuali conflitti?”. Anche qui la risposta è una: “Discutendo e collaborando con loro”. Credo che si parli di cultura d’istituto. Poiché l’istituto non coincide con l’universo, un tale atteggiamento dovrebbe portare il mio interlocutore a interessarsi di tutto il mondo in cui vive. Sempre “nei limiti del possibile”.
Riassumendo: del profilo del docente devono far parte:
Quanto detto fin qui indica doti necessarie ma non sufficienti:
Un ultimo atteggiamento, che penso discenda quasi necessariamente dai precedenti, è quello dell’umiltà. Con umiltà intendo la capacità di ammettere la propria inevitabile ignoranza in tutto salvo che in una epsilon dello scibile. Si dimostra umiltà sia rispondendo “Non lo so” a una domanda imprevista di un allievo, aggiungendo eventualmente “vediamo di trovare insieme una risposta”, sia essendo capaci di cambiare opinione di fronte ad argomenti più validi dei nostri.
Non sarà sfuggito all’attento lettore che in quanto scritto sopra non appare la locuzione “titolo di studio”. Si potrebbe sostituirla con “occorre una conoscenza seria del proprio campo”.
La domanda è: “avere un titolo di studio” è equivalente a “avere una conoscenza seria del proprio campo”? Che potrebbe essere riformulata con “un titolo di studio specifico garantisce una seria conoscenza nel proprio campo?”. Una quarantennale esperienza mi fa rispondere “No”. La risposta è invece “Sì” alla riformulazione “si può avere una seria conoscenza del proprio campo pur non avendo ottenuto un titolo di studio specifico?”
Quattro parole sono spesso erroneamente considerate sinonimi:
Inviterei chi di scuola si occupa, dai dirigenti ai politici ai genitori, a valutare se si trova davanti un insegnante, invece di interessarsi del titolo di cui è portatore.
Nell’immagine: don Lorenzo Milani con i suoi allievi a Barbiana
Per la Costituzione, a pari lavoro uomini e donne devono ricevere lo stesso stipendio, ma in Svizzera ancora non è così - Di Luigi Maffezzoli
In un’intervista, il vice-presidente PS Venuti invoca la candidatura di Mario Branda per la corsa agli Stati - Di Luca Bellinelli