Israele, meta degli ebrei russi in fuga dalla guerra
In un anno diverse decine di migliaia hanno fatto “Aliyah”, il “viaggio del ritorno” nella terra degli avi
Filtra per rubrica
Filtra per autore/trice
In un anno diverse decine di migliaia hanno fatto “Aliyah”, il “viaggio del ritorno” nella terra degli avi
• – Yurii Colombo
Alla ricerca di segnali concreti di una annunciata strategia a medio termine
• – Enrico Lombardi
Il controllo del sistema bancario e degli istituti “too big to jail”
• – Paolo Bernasconi
Le dimissioni del quinto responsabile dei negoziati Berna-UE segnala la necessità di rivedere il ruolo di chi dovrebbe essere (e non è) il numero due del DFAE
• – Redazione
In un’intervista, il vice-presidente PS Venuti invoca la candidatura di Mario Branda per la corsa agli Stati - Di Luca Bellinelli
• – Redazione
La rozza costruzione dell’egemonia culturale di Meloni & Co.
• – Redazione
Stampa / Pdf
• – Franco Cavani
Non è vincendo la Terza guerra mondiale che Washington può brillare di nuova luce, l’America globale non è possibile. Prepariamoci a convivere con una lunga stagione di caos
• – Redazione
Il discorso ai neolaureati dell’USI di Bruno Giussani, relatore ospite
• – Bruno Giussani
Il “sultano“ turco costretto al ballottaggio, ma potrebbe riconquistare la presidenza per la terza volta
• – Aldo Sofia
In un anno diverse decine di migliaia hanno fatto “Aliyah”, il “viaggio del ritorno” nella terra degli avi
Tutti russi, di diverse generazioni (ma ci sono anche parecchi ucraini e bielorussi sparsi per Israele), che però non si amano. Oggi, qui in Israele, gli immigrati di 30 anni fa (facilitati dall’”Aliyah”, la legge che consente il ritorno alla terra dei padri) accusano i giovani che scappano dall’arruolamento di volere ottenere dei diritti che a loro sono costati molti sacrifici. C’è del vero in questa contrapposizione nei confronti degli ultimi arrivati: i ragazzi che giungono qui provengono spesso dalle classi medie delle grandi città russe e fino al 24 febbraio non avrebbero mai pensato di prendere il passaporto israeliano.
“Ma neppure per noi è facile” dice Vladimir, 33 anni, di San Pietroburgo, arrivato a Tel Aviv in autunno con la fidanzata. “Io ero attivista del movimento di Navalnij, e credevo davvero che la Russia potesse diventare un paese democratico. Ora mi trovo qui, ho dovuto accettare un lavoro non qualificato, e mia moglie stenta a trovare occupazione”. Non ha un’idea precisa sul futuro: “Tornerò in Russia solo se cadrà il regime putiniano, non potrei più vivere sotto una dittatura”. Israele gli piace perché finalmente può sentire il profumo della democrazia: “Qui si respira un’ aria di libertà. Ho osservato da vicino le grandi manifestazioni contro la riforma del sistema giudiziario dei mesi scorsi ed è straordinario vedere come tanta parte della popolazione sia pronta a difendere i suoi diritti”. È la stessa cosa che pensa Marko, 27 anni. Lui non è di origine ebraica. Si è sposato qui con il suo attuale marito e ha ottenuto il passaporto. “Siamo scesi in piazza anche noi, nessuno qui ha paura che la polizia ti possa caricare o arrestare”. Questa famiglia gay ha comprato casa dopo aver venduto quella che aveva a Mosca: pensano di restare qui a lungo anche perché il welfare israeliano fornisce molte garanzie.
L’unico neo è il conflitto con le popolazioni palestinesi che vivono a pochi chilometri da qui. Lo ricorda anche la sirena d’allarme che è tornata a suonare negli ultimi giorni a causa dei missili lanciati da Hamas, che fortunatamente hanno fatto pochi danni e una sola vittima. “Ritengo – afferma Marko – che la questione debba essere assolutamente risolta per il bene di tutti, anche se francamente non so come, visto che i tentativi fatti per giungere a un accordo sono stati molti e infruttuosi”.
Ekaterina, 25 anni, è invece arrivata qui da sola. Niente marito, niente figli. In quanto donna, in Russia non rischiava la mobilitazione, ma era stanca dell’aria pesante che ormai si respira a Mosca, e approfittando delle sue origine ebraiche ha deciso per il “grande salto”. “Questa guerra in Ucraina – dice la ragazza – non porterò nulla di buono, la Russia resterà isolata dal mondo occidentale”. A cui Ekaterina tiene molto visto che si veste “firmata” da capo a piedi, e sogna di diventare una celebre “influencer”. Il suo profilo Instagram in cui descrive la sua vita quotidiana a Gerusalemme ha già più di 10 mila followers. Non fa grandi progetti per ora. “Cosa vorrei fare? Vorrei andare a vedere i Metallica in Francia in autunno”. E la Russia? “Per ora non mi interessa più. Tra qualche anno vedremo”.
Nell’immagine: ebrei che si trasferiscono in Israele grazie alla “Legge del ritorno”
La crisi del nostro sistema democratico nelle riflessioni affidate da Dick Marty al libro “Verità irriverenti”, intorno a cui si terrà dopodomani, a Breno, un incontro pubblico...
Un’analisi di come gira il mondo Frutto di un’approfondita ricerca, il libro Sans transition-Une nouvelle histoire de l’énergie (pubblicato in Francia da Seuil), scritto dallo...