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Di Olga Tokariuk, Linkiesta

Pubblichiamo qui l’articolo di Olga Tokariuk, giornalista indipendente di Kiev, scritto per il CEPA (Center fot European Policy Analysis) e uscito il 14 giugno con il titolo “Flaming June Could Be Ukraine’s Decisive Month”

Siamo a metà giugno e nell’Ucraina orientale infuria una battaglia cruciale per il Donbas, con la Russia che cerca di accaparrarsi quanto più territorio possibile, come hanno reso evidente le recenti dichiarazioni di Putin. Il conflitto, che dura da quasi quattro mesi, non viene più nemmeno giustificato con il presunto allargamento della Nato, o con fantomatici nazisti, o con laboratori biologici segreti o con qualsiasi altro ridicolo pretesto: il dittatore russo ha esposto molto chiaramente le sue ambizioni imperiali, paragonandosi a Pietro il Grande e rivendicando tutte le terre che un tempo appartenevano alla Russia – in Ucraina e ben oltre.

Nonostante la retorica entusiastica, i successi della Russia sul campo di battaglia in Ucraina sono stati finora modesti. Non essendo riusciti a conquistare nessuna grande città, ad eccezione di Kherson, e dopo aver raso al suolo Mariupol, gli invasori si sono concentrati sulla conquista del controllo delle regioni di Donetsk e Luhansk.

Nelle ultime settimane, la guerra in Ucraina si è trasformata in una battaglia di logoramento, combattuta soprattutto con l’artiglieria. Nelle prossime potrebbe emergere un vincitore. Le munizioni occidentali possono contribuire a ribaltare la situazione a favore dell’Ucraina, ma dovrebbero arrivare rapidamente e in quantità molto maggiori (secondo alcuni rapporti, la preponderanza dell’artiglieria russa è di 20 a 1).

Gli ucraini hanno un estremo bisogno di una maggiore quantità di armi occidentali e il bilancio umano della loro straordinaria resistenza è sempre più pesante. Il Presidente Volodymyr Zelensky ha dichiarato che l’Ucraina sta perdendo fino a 100 soldati al giorno, mentre altri funzionari hanno detto che il numero potrebbe essere più vicino a 200. Questo significa 3.000-6.000 soldati uccisi. Questo significa 3.000-6.000 morti al mese, senza considerare le vittime civili. La resistenza e la resilienza ucraina hanno ispirato il mondo intero, ma hanno avuto un costo enorme e sempre più alto.

Decine di migliaia di morti, tra militari e civili, il collasso economico (si prevede che quest’anno il PIL scenderà della metà), città e infrastrutture distrutte e ben sette milioni di rifugiati all’estero, disposti ma non ancora pronti a tornare, mentre i missili russi continuano a colpire l’Ucraina. Aiutare il Paese a sconfiggere la Russia sul campo di battaglia limiterebbe notevolmente questi costi e non permetterebbe alla Russia di avere quel tempo prezioso per riarmarsi e riorganizzarsi.

Il futuro dell’Ucraina potrebbe essere deciso a giugno non solo a livello militare, ma anche a livello politico. Proprio oggi, la Commissione europea annuncerà se raccomandare o meno che all’Ucraina venga concesso lo status di candidato all’UE.

Ieri, i capi politici dei tre maggiori Stati dell’Unione Europea (UE), Olaf Scholz, Emmanuel Macron e Mario Draghi, hanno avuto un summit sul treno che li ha portati a Kiev. Ci si aspetta che esprimano sostegno all’Ucraina, ma si teme che (dato il comportamento passato) possano tentare di fare pressione sull’Ucraina per ottenere concessioni e una sorta di accordo di pace prematuro con la Russia.

A parte l’approccio passato dei tre grandi dell’UE, anche le loro politiche attuali alimentano le preoccupazioni in Ucraina: le promesse di Scholz di fornire armi pesanti all’Ucraina non sono ancora state mantenute (e la Germania starebbe ritardando la consegna all’Ucraina dei carri armati Leopard spagnoli). Le regolari telefonate di Macron a Putin e la sua preoccupazione di non “umiliare” il leader russo hanno provocato un tumulto a Kiev. Mentre Draghi è stato lodato per il sostegno dell’Italia alla candidatura dell’Ucraina all’UE e alla fornitura di armi, la sua proposta di un piano di pace in quattro punti è stata considerata inaccettabile in Ucraina.

Tuttavia, la prospettiva di approvare o meno lo status di candidato all’UE all’Ucraina conferisce agli Stati dell’UE una forte capacità di leva. Il via libera all’Ucraina sarà annunciato alla riunione del Consiglio dell’UE del 23-24 giugno.

Il governo, la società civile e la popolazione ucraina nutrono grandi speranze. In Ucraina, dal 2014, il sostegno all’adesione all’UE è cresciuto costantemente, raggiungendo livelli massimi dopo l’invasione su larga scala da parte della Russia. Le ONG e le organizzazioni della società civile ucraine si battono da anni per avvicinare il Paese agli standard dell’UE, sostenendo le riforme e la lotta alla corruzione. Nonostante l’aggressione russa, sono stati compiuti progressi significativi in entrambi questi ambiti. Se non altro, il conflitto ha fatto sì che gli ucraini apprezzassero maggiormente la loro democrazia e libertà e si impegnassero di più per rafforzare le istituzioni, aumentare la trasparenza e sradicare la corruzione.

Concedere all’Ucraina lo status di candidato all’adesione all’Unione europea rafforzerebbe il morale degli ucraini e incoraggerebbe ulteriori riforme, come hanno dichiarato i leader di 200 organizzazioni della società civile ucraina in una lettera aperta. Sarà un motivo per richiamare in patria milioni di rifugiati ucraini, che si chiedono se tornare nel loro Paese e quale futuro li attende. Il sostegno condizionato dall’adesione all’UE garantirebbe il proseguimento della trasformazione dell’Ucraina.

Inserire l’Ucraina all’interno di un processo reale, e non retorico, per entrare nell’UE sarebbe anche nell’interesse del blocco europeo. Lo status di candidato fornirebbe un quadro giuridico e rassicurerebbe le aziende straniere che cercano di investire nella ricostruzione postbellica dell’Ucraina.

Gli ucraini sono consapevoli che la concessione all’Ucraina dello status di candidato all’UE è un primo passo e che passeranno anni prima che il Paese sia in grado di soddisfare i criteri di adesione. Ma è difficile sopravvalutare l’importanza simbolica di questa decisione. Dal 2014, gli ucraini hanno pagato con migliaia di vite il loro desiderio di far parte del mondo democratico e libero. Sarebbe un duro colpo se le loro speranze venissero nuovamente infrante.

Anche il vertice della Nato che si terrà dal 28 al 30 giugno a Madrid sarà seguito con attenzione. Sebbene i funzionari ucraini non parlino più di adesione all’alleanza, sottolineano che l’Ucraina postbellica avrà bisogno di garanzie di sicurezza contro ulteriori aggressioni russe. Al momento, solo la NATO, o almeno i suoi maggiori membri, possono fornire un tale impegno.

L’invasione dell’Ucraina da parte della Russia è stata resa possibile dall’isolamento del Paese al di fuori dell’architettura politica e di sicurezza occidentale. È ormai chiaro che designare il Paese come “zona cuscinetto” o “ponte tra Occidente e Russia” non è sostenibile.

L’Ucraina merita di essere pienamente integrata nelle istituzioni di un mondo libero e democratico, secondo il desiderio dichiarato e il sacrificio del suo popolo. Il mondo democratico non può che trarne beneficio. In questo senso, le decisioni prese ai vertici dell’UE e della NATO a fine giugno determineranno il futuro dell’Ucraina e del mondo libero.

Come ha detto recentemente un esperto della società civile ucraina: «Siamo consapevoli che la finestra di opportunità è piccola. Si chiuderà alla fine di giugno, al massimo alla fine dell’estate. Gli occidentali andranno in vacanza e poi inizierà una nuova stagione politica, con altre questioni sul tavolo».

L’Occidente ha ancora un mucchio di compiti da fare prima della pausa estiva. L’Ucraina non deve essere lasciata sola.

Nell’immagine: centinaia di crateri di artiglieria in un campo in Ucraina (foto Maxar)






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