Sanna Marin e il “sisu”
La capacità finlandese di soffrire e superare le avversità
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La capacità finlandese di soffrire e superare le avversità
• – Redazione
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• – Benedetto Antonini
Un nuovo programma culturale di terza serata aumenta, con qualità indubbie, l’offerta della RSI
• – Enrico Lombardi
Quando a dominare il nostro lavoro sono le mansioni e le incombenze senza senso
• – Redazione
Il crollo di Conte. Il boom di Meloni. Salvini al bivio. Dopo il primo turno delle amministrative, la sinistra italiana dovrà tornare a fare politica: già per i ballottaggi del 26 giugno
• – Redazione
Mentre dovrebbero partire i lavori del mega-cantiere luganese, arriva la notizia della defenestrazione degli architetti responsabili del progetto. Un nuovo, brutto segnale di gestione pubblica del futuro della città
• – Rocco Bianchi
La lunga maratona burocratica dell’Ucraina per entrare nell’Ue
• – Redazione
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• – Redazione
Dopo la morte di Abraham B. Yehoshua quale figura letteraria potrà farsi paladina della lotta politica in Israele?
• – Simona Sala
Come è possibile che unə parlamentare possa immaginare di “armonizzare” l’età di riferimento per gli uomini e per le donne a 65 anni, quando siamo proprio noi donne a risultare più povere al momento della pensione?
• – Pepita Vera Conforti
La storia di copertina di 7 del “Corriere della Sera” è il ritratto di Sanna Marin firmato da Paolo Valentino. Qui un’anticipazione, proposta nella settimanale newsletter del CdS.
Al Forum di Davos del gennaio 2020 c’era molta attesa per la nuova premier finlandese. Eletta un mese prima, Sanna Marin aveva al tempo 34 anni ed era il più giovane primo ministro e la più giovane donna al vertice di un governo del mondo. Non solo. Perché la coalizione guidata dai suoi socialdemocratici era formata da cinque partiti e tutti avevano donne sotto i 35 anni come leader. «Dove vi riunite?», chiese qualcuno nel panel di cui era ospite. «Funziona come in qualsiasi altro governo e non ci incontriamo nello spogliatoio delle donne», rispose lei glaciale. E aggiunse: «In ogni posizione che ho occupato, il mio genere e la mia giovane età sono sempre stati il punto di partenza. Spero che un giorno non sia più un tema, che questa domanda non venga più posta. Voglio fare il mio lavoro al meglio possibile. Non sono né migliore, né peggiore di un uomo di mezza età».
Quando appare nella sala vuota di un grande albergo romano, Marin indossa una semplice camicia bianca su pantalone scuro e non ha un filo di trucco. E anche questo sembra lo statement liberatorio di una leader che non vuole in alcun modo più fare del proprio abbigliamento e del proprio stile un soggetto di discussione. È ancora fresco il ricordo del servizio fotografico di un magazine finlandese, dove Marin aveva sfoggiato un blazer scollato e indossato a pelle, suscitando le obiezioni scandalizzate di alcuni benpensanti, ma anche la reazione solidale di migliaia di donne che si raccolsero intorno all’hashtag #imwithsanna e adottarono la giacca come loro divisa.
Aveva altre priorità, Sanna Marin, quando era arrivata al potere. «Dobbiamo far sì che la nostra società sia sostenibile non solo socialmente ed economicamente, ma anche sul piano ambientale», aveva detto all’epoca. Obiettivi ambiziosi: settimana lavorativa di quattro giorni e sei ore quotidiane, riduzione del divario salariale ancora esistente tra donne e uomini, emissioni nocive zero entro il 2035, ben 15 anni prima dell’obiettivo della neutralità carbonica concordato dall’Unione europea. Fra le prime misure approvate dal suo governo figurano l’innalzamento dell’obbligo scolastico a 18 anni e l’aumento del congedo parentale per i padri da 2,2 a 6,6 mesi.
Ma la guerra di aggressione di Vladimir Putin contro l’Ucraina ha stravolto la sua agenda, catapultando Sanna Marin al centro dell’attenzione mondiale e mettendola davanti a una sfida storica. «È cambiato tutto», dice la premier, che sin da prima dell’invasione, quando il Cremlino ammassava truppe al confine, aveva adottato una posizione ferma, rivendicando il diritto della Finlandia a aderire alla Nato. Il nostro incontro avviene nella stessa giornata in cui Helsinki varca il Rubicone della neutralità e inizia formalmente il percorso che la porterà per la prima volta nella sua storia a essere parte di un’alleanza militare: «Abbiamo fatto questa scelta per proteggere la nostra nazione e i nostri figli. Siamo molto preoccupati per la sicurezza nostra e dell’Europa. Siamo stati in guerra con il nostro vicino in passato e abbiamo una storia difficile con loro. Dobbiamo assicurarci che non ci sia mai più guerra in Finlandia e la nostra adesione alla Nato è un atto di pace. Diventarne membri significa che se fossimo attaccati, gli alleati ci difenderebbero e viceversa.
Continueremo a cercare di risolvere i problemi con la diplomazia, ma sfortunatamente non tutti la pensano così. La Russia ha aggredito l’Ucraina uccidendo civili, bambini, madri, anziani e agendo in modo inaccettabile. Ecco perché dobbiamo aiutare Kiev a vincere la guerra, fornendo aiuti militari, economici, umanitari e varando nuove sanzioni contro Mosca, che non si fermerà fino a quando non sarà fermata». Mentre parla, Marin trasmette forza interiore, calma, determinazione. Le chiedo se questo sia ciò che i finlandesi chiamano sisu, parola non traducibile che ne compendia il carattere nazionale, fatto di stoicismo, resilienza, abitudine a stringere i denti nella brezza glaciale del Nord. Sono le qualità che nel 1939-40 permisero loro di resistere e tenere in scacco per oltre un anno l’Armata Rossa di Stalin, che aveva invaso il Paese: «Ogni finlandese ha il sisu in sé e significa capacità di soffrire e superare ogni avversità che ci troviamo davanti. Quale che sia la difficoltà del tempo, noi vi facciamo fronte per fare in modo che la prossima generazione abbia un futuro migliore».
Il servizio completo è sul N°24 di 7 in edicola e digital edition con il Corriere della Sera da venerdì 17 giugno
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Che cosa si sottintende quando, soprattutto in alcuni ambienti intellettuali di sinistra, si parla di decolonizzazione a proposito di Israele?