La memoria in cammino
Mentre si avvicina il ‘Giorno della memoria’, la testimonianza di chi nel 1943 trovò la salvezza dalle persecuzioni razziali e dai rastrellamenti entrando in Svizzera
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Mentre si avvicina il ‘Giorno della memoria’, la testimonianza di chi nel 1943 trovò la salvezza dalle persecuzioni razziali e dai rastrellamenti entrando in Svizzera
• – Redazione
Pubblichiamo la prefazione dello storico e giornalista Pietro Montorfani al libro “Diario” di Bruna Cases (edizioni Abendstern e a cura di Simona Sala). La piccola Bruna, ebrea,...
• – Redazione
Importanti rivelazioni nel documentario RSI (“Storie”, domani sera) su come e da chi venne respinta la tredicenne ebrea nel dicembre 1943
• – Redazione
Mustafa, il piccolo di 6 anni e il padre Munzir rimasero gravemente mutilati in un bombardamento in Siria. Dopo il successo della foto del turco Mehmet Aslan, adesso tutta la famiglia può finalmente voltare pagina
• – Redazione
Dopo l’ottima notizia del Ticino disposto ad accogliere definitivamente India e la sua famiglia di profughi, a Berna la SEM - a cui spetta la decisione definitiva - si interroga sulla sicurezza nel loro paese d’origine
• – Redazione
Disagio giovanile: so ciò che vedo, che non è molto, eppure è sufficiente per spaventarmi
• – Tommaso Soldini
Il delirio di potere perpetuo dell’ex rivoluzionario diventato dittatore
• – Gianni Beretta
Come le imprese transnazionali riescono ad imporsi sulle leggi dei singoli Stati, e come è possibile contrastarle
• – Raffaele Morgantini
Qualche precisazione intorno all’utilizzo delle opinioni altrui
• – Redazione
Berlusconi è convinto di potersi comprare i voti, Salvini e Meloni abbozzano: ecco com'è ridotta la destra sovranista
• – Aldo Sofia
È un discorso caro da tempo ad alcuni (c’è chi dice siano ancora troppo pochi) intellettuali, come ad esempio l’israeliano Yishai Sarid, autore de Il mostro della memoria (edizioni e/o), che, in un’intervista della giornalista Sarah Parenzo apparsa su “Azione”, afferma come sia importante “Interessarci della vita degli ebrei in Europa prima della Shoah (…) e insegnare ai bambini a opporsi a fascismi e razzismi di ogni sorta”. O come la storica italiana Anna Foa, figlia di Vittorio, che auspica “più storia e meno memoria (…) Dobbiamo raccontare i fatti, ancora troppo ignorati, ricostruire vite cancellate, anche narrandole sotto forma di storie, soprattutto quando si parla ai più giovani.” Raccontare storie ai più (e meno) giovani è anche quello che faranno Bruna Cases e Giordano D’Urbino (intervistati da Simona Sala) in occasione dell’appuntamento previsto a Stabio lunedì 24 gennaio e trasmesso in streaming da Naufraghi/e alle ore 14.00. Bruna Cases e Giordano D’Urbino da bambini non si conoscevano, eppure entrambi appartenevano a ben inserite famiglie ebree di Milano, entrambi subirono le conseguenze delle leggi razziali, ed entrambi fuggirono dalla furia tedesca post-armistizio trovando la salvezza in terra elvetica, lei a San Pietro di Stabio, lui passando dal Bisbino. Entrambi trascorsero mesi sballottati da un Campo all’altro, ed entrambi riuscirono poi fortunatamente a rientrare nella loro Milano, dove ancora vivono.
Il racconto di quale fosse la loro vita a ridosso della fuga, e di come quest’ultima si svolse, tra incertezze e aspettative, in mano a misteriosi contrabbandieri, in bilico su quello che Primo Levi chiamava “un sì o un no”, sarà al centro della testimonianza di lunedì e di un filmato che verrà messo a disposizione giovedì 27 sul sito di ATIS (Associazione ticinese degli insegnanti di storia). Bruna Cases, che, come in più occasioni ha raccontato, a 9 anni si ritrovò adulta da un giorno all’altro, quando partì per la Svizzera cominciò ad annotare le proprie impressioni su dei foglietti volanti, che poi vennero ricopiati con cura su un quaderno dell’Innovazione. Ne nacque un Diario, che è il racconto a tratti preoccupato delle emozioni di una bambina davanti all’enormità delle conseguenze della guerra, e che ora è disponibile in forma anastatica per i tipi di Abendstern.
Tre divagazioni impertinenti sul filo dell’attualità
La storia di Fatima (Malalai), giunta in Svizzera con un visto umanitario, è simbolo della resilienza che caratterizza le donne afghane, malgrado l’oppressione dei talebani