Gli effetti contradditori di vernice fresca e colla sulle mani
Riflessioni sui commenti contro gli attivisti del clima -Di Bruno Brughera
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Riflessioni sui commenti contro gli attivisti del clima -Di Bruno Brughera
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Riflessioni sui commenti contro gli attivisti del clima -Di Bruno Brughera
Leggendo i commenti sui portali ticinesi dedicati all’ennesima azione di alcuni militanti ecologisti di Renovate Switzerland, sembrerebbe che la loro azione abbia prodotto l’effetto contrario rispetto all’obiettivo di voler sensibilizzare l’opinione pubblica sulla situazione “catastrofica” del cambiamento climatico. In effetti, fin dalle prime azioni choc del movimento, bisogna pur dire che non si è certo trattato di iniziative “acchiappa simpatia”, anzi, volontariamente provocatorie, e dunque non facili da cogliere ed accettare nella loro maniera di esprimersi “disturbando”, o “deturpando”.
Che poi il vero e grave disturbo, la vera quotidiana distruzione sia quella compiuta ai danni della maggiore opera d’arte esistente, la natura e la vita del nostro pianeta, poco importa: non ci si “oppone” così, in questa maniera “violenta”, paiono in fondo sostenere anche coloro che aderiscono di principio alla causa ambientale, magari anche da militanti di sinistra. E forse, proprio le modalità di una protesta che sembra sempre più manifestarsi in modo radicale, di fronte all’immobilismo della politica internazionale a livello globale, ha contribuito, nel nostro piccolo, ad allontanare potenziali simpatizzanti dalla causa rosso-verde volta a focalizzare l’emergenza climatica come priorità.
Sebbene a parole e proclami di partiti e di molti politici l’emergenza climatica risulti evidentemente prioritaria, forse per il cittadino comune prevalgono ancora (e comprensibilmente) le indubbie difficoltà nel condurre la propria vita quotidiana, di sbarcare il lunario alla bell’e meglio e arrivare a fine mese, dovendo andare a lavorare in auto o magari anche permettendosi qualche breve gita fuori porta che proprio non ha nulla di rilassante e rigenerante se deve fare i conti con ore di coda prodotta da manifestanti ecologisti. Insomma, le priorità riguardano “l’oggi” molto più del “domani”, e così le grandi questioni ambientali appaiono lontane, estranee, quasi fastidiose.
Andrea Ghiringhelli, in questa sede, ha ben descritto il fenomeno, evocando l’esempio della rana in acqua calda. Immersi nell’egoismo, egocentrismo, menefreghismo, siamo tutti concentrati nell’affrontare il presente per stare a galla o per guadagnarci (sempre e di più) lasciando alle prossime generazioni il fardello di quel che ne sarà del pianeta, in barba al rispetto del bene pubblico, della collettività.
Certo, ci si potrebbe comunque domandare se le strategie adottate dai giovani attivisti siano le più adeguate ad ottenere attenzione. E ci si potrebbe ancora chiedere se, visti gli scarsi risultati, non varrebbe la pena cambiare modalità, trovare altre forme di protesta. Considerando quelle praticate, si dovrebbe comunque saper fare qualche distinguo, perché se da una parte ci possono essere il blocco del traffico automobilistico o le “devastanti” azioni di imbrattamento di opere d’arte per mezzo di vernici lavabili che lasciano sgomenti i ben pensanti, dall’altra c’è il pianeta che brucia in estate e subisce devastazioni ai confini dell’apocalisse con inondazioni che coinvolgono milioni di persone in fenomeni sempre meno distanti da noi e dalla nostra confort zone.
Ed è inquietante osservare che mentre per il secondo aspetto si attende, si temporeggia, si accampano scuse e pretesti, per quanto concerne le proteste ambientaliste si sta arrivando non solo alla generica riprovazione ma, come sta capitando in Italia, al varo di una (ennesima) legge repressiva. Dopo l’inutile decreto Rave e quello su Cospito che vuole disgregare e annientare i “nemici anarchici”, ora tocca agli ambientalisti militanti appartenenti a sigle internazionali.
Quello che mi pare sconcertante, leggendo certi commenti truci e forcaioli, è il non voler riconoscere il grido di aiuto, di disperazione che i giovani stanno strenuamente lanciando. Possibile che non venga recepita la necessità di adoperarsi per qualcosa che è oramai entrato in un processo forse irreversibile? Probabilmente, allo stato attuale del livello di coscienza della società, qualsiasi forma di denuncia e sensibilizzazione non può prendere piede e attecchire presso strati sociali di lavoratori ossessionati dal dover sopravvivere in un sistema economico capitalista e consumista volto alla continua crescita di profitti. Cercare di fermarsi e optare per una decrescita che rispetti gli ecosistemi, la biodiversità, di pari passo con un benessere sociale, non sembra interessare alla maggioranza della popolazione.
Forse i giovani con queste azioni disperate si aspettavano di far breccia nell’opinione pubblica ma per ora sembrano ottenere il contrario. In effetti, storicamente, è difficile identificare una strategia aggressiva che abbia preso piede e coinvolto il popolo in una determinata rivoluzione. Rivoluzione che è ben lungi dal concretizzarsi e che ottiene solo contrapposizione tra “poveri” lasciando intatte tutte le opzioni per determinare e imporre scelte strategiche di produzione e guadagni stratosferici per una ristrettissima élite.
L’unità d’intenti, giustizia sociale ed emergenza climatica sono senza dubbio prioritari, ma difficilmente perseguibili nell’attuale sistema e soprattutto con gli attuali rapporti di forza politici che premiano a larga maggioranza la visione populista e demagogica delle destre.
Sia la sinistra “progressista “che i verdi ambientalisti, devono forzatamente provare a cambiare registro, se vogliono davvero incidere con i propri ideali in una quotidianità della gente che fa molta fatica a guardare più in là del proprio naso o orticello.
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