L’assurdità di un concetto economico imperante
Se assisti un ammalato o un anziano… dove metti la produttività?
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Se assisti un ammalato o un anziano… dove metti la produttività?
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Se assisti un ammalato o un anziano… dove metti la produttività?
“Abbiamo visto colleghi esausti, uno dopo l’altro, fino alla malattia. Alcuni si dimettono, altri vanno altrove ma si rendono conto che la mancanza di personale e la pressione ad andare sempre più in fretta è un fenomeno ormai diffuso…La nostra salute e a sua volta la salute dei nostri pazienti e residenti è in gioco…” (Da ‘Prendiamoci cura di chi ci cura’, di Claudio Carrer, Area, 8 ottobre)
Una manchevolezza che si riscontra nelle informazioni o nelle rapide analisi di fatti locali che suscitano attenzione, sollevano clamore, suscitano anche gran voglia di partecipazione e condivisione, è quella di mai risalire alla causa iscritta nel “sistema” che ci domina, governa, rende carcerieri di noi stessi. Forse perché quella causa è ritenuta generale e non c’entra niente nel caso concreto o addirittura è sfizio teorico e accademico o quasi sempre “ideologico” (e di fatto lo è anche, ma l’etichetta è sempre attribuita nel senso di cosa estremista, solitamente di sinistra, da contrastare). Nell’esergo citato sopra la causa è indicata a ragione come “fenomeno diffuso”. Quindi, è sistematico.
Prendiamo ad esempio ciò che è emerso con la pandemia o le rimostranze di questi giorni nei confronti della conduzione (o, si è detto, malagestione) delle case per anziani.
Con la pandemia si sono scoperti l’importanza, i sacrifici ed anche i rischi del personale infermieristico. Tutti a cantarne le lodi, a creare eroi, a battere le mani e a moltiplicare il grazie su striscioni. Quando il personale infermieristico, a giusta ragione, ha detto: d’accordo, grazie, ma non ci basta, ora passate anche ai fatti (condizioni e orari di lavoro, responsabilità attiva, retribuzione), istituzioni, aziende, decisori politici, hanno subito storto il naso, sia a livello nazionale, sia a livello cantonale. Con un atteggiamento e un’obiezione pressoché comuni e tra loro contraddittorie: avete sostanzialmente ragione, bisogna considerarvi di più (anche perché di voi c’è e ci sarà enorme bisogno e abbiamo tragica carenza), ma se accettiamo le vostre pretese aumenteranno i costi della salute e dobbiamo stare attenti o non possiamo permettercelo.
Con le case per gli anziani la situazione è pressoché analoga. L’assistenza agli anziani è sempre più impegnativa, lo stesso decorso demografico, accompagnato dal naturale degrado dello stato di salute, implica spesso un rapporto di uno a uno (un assistito, un assistente), giorno ed anche notte. E quindi non solo turni di lavoro per il personale di cura molto gravosi, ma continuità di attenzioni, anche dal punto di vista psicologico, estenuante. E si possono capire, benché sempre ingiustificabili, casi in cui qualcuno non riesce più a reggere e così si finisce, spesso su denuncia dei parenti, in incresciosi strascichi penali.
Nell’uno e nell’altro esempio c’è una causa, essenzialmente economica, non umana, che muove e determina tutto e si chiama produttività. Un mito assoluto dei nostri tempi, che sembra non ammettere mai eccezioni. È comunque una nozione ben radicata in ogni settore: i guadagni di produttività del lavoro permettono di produrre altrettanto o più beni e servizi ed anche con minor lavoro. Quindi minori costi, più profitti, ricchezza, crescita.
Tuttavia, per poter definire e misurare sia la crescita economica in volume sia i guadagni di produttività, è necessario fondarsi sulla nozione di unità prodotte (quante in un’ora di lavoro? ad esempio) e di prezzi per unità prodotta (quale costo per unità occupata?). E qui si finisce per trovarsi in difficoltà economica ma soprattutto nell’assurdità umana. Come definire in numerosi servizi che oggi hanno una elevata espansione quante siano le unità prodotte per ora, il loro prezzo unitario, il volume prodotto? In concreto: quali o quante sono le unità prodotte (ogni ora, supponiamo) nell’insegnamento, nella salute, nella ricerca, o proprio nei servizi agli ammalati, nell’assistenza alle persone anziane, negli ospedali o nelle case per anziani? Se assisti un malato di coronavirus o se assisti un anziano dove metti la produttività? Sempre più ammalati o pazienti o anziani per persona curante? Là dove si è tentato di accorciare i tempi di servizio in nome della produttività -come appunto negli ospedali o nelle case per anziani- non solo è peggiorata la qualità del servizio ma ci son scappati anche i morti.
Produttività non è forse un concetto che va assolutamente bandito, perlomeno in alcuni servizi della vita, benché si continui a pretenderlo ancora paradossalmente essenziale per la sopravvivenza dei servizi più che degli uomini?
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