Parlando di elezioni al Municipio, e di liberali
Alcune perplessità, e parecchi timori, sull’atteggiamento dell’ex-partitone
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Alcune perplessità, e parecchi timori, sull’atteggiamento dell’ex-partitone
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Alcune perplessità, e parecchi timori, sull’atteggiamento dell’ex-partitone
Sono un po’ perplesso, per motivi diversi, sia per la nomina tacita di Michele Foletti alla carica di sindaco, sia per quella di Roberto Badaracco a quella di vicesindaco. Una perplessità che si fonda, in gran parte, su una valutazione piuttosto critica della strategia messa in campo dal partito liberale; una strategia che dimostra il grado di confusione e di impasse progettuale in cui si trova, e la sua difficoltà nel trovare non solo un timoniere, ma addirittura una bussola e una barca per navigare.
Specchio di questa situazione molto complicata è, tra l’altro, l’appello del capogruppo liberale a una sorta di patto, di desistenza e di non belligeranza, con il partito di maggioranza relativa. Un patto nel quale si proponeva la pace – i liberali hanno la maggioranza nel legislativo – in cambio dello scranno di vice-sindaco, con l’idea di ripartire le due cariche principali dell’esecutivo tra i due maggiori partiti; non si capisce bene se in prospettiva di una sorta di mini „Grosse Koalition“, destinata a gestire l’esecutivo – e il legislativo – e a depotenziare gli altri due partiti (in particolare i democristiani che avrebbero, in caso contrario, potuto svolgere il comodo ruolo di ago della bilancia), o proprio nel tentativo di creare una convergenza quasi istituzionale a livello di programmi e di obiettivi.
Tornando alla perplessità espressa all’inizio, trovo politicamente assai poco opportuno che non si sia almeno tentato di contestare alla Lega la carica di sindaco, osando andare al voto; con l’evidente rischio di perdere la contesa, ma con il grande vantaggio di approfittare dell’occasione per marcare un punto di snodo, per dare un segnale di esistenza in vita, in particolare prendendo quello spunto per mettere sul tavolo un progetto liberale forte per il futuro della città. Che si sia deciso di non farlo può avere tre motivazioni, tutte preoccupanti; (1) che il partito non sia in grado, per carenze della classe politica o per altri motivi, di presentare un progetto valido; (2) che i liberali si siano lentamente appiattiti (per un calcolo elettoralistico un po’ da apprendista stregone) sul mainstream sovranista e insulare che ha fatto il successo della Lega, cercando anche in Comune di far passare la fotocopia per l’originale; o (3) che del tema non si sia neppure discusso, magari ragionando more solito che la sconfitta è supremo oltraggio e ingiuria, da evitare ad ogni costo anche se si perde combattendo per i propri ideali e per le proprie visioni. Insomma, non un buon segnale circa lo stato di salute di quello che fu per “millenni” il partito-faro della città-faro; sic transit, con quel che segue.
Per quanto concerne la nomina del pur valoroso vicesindaco, la mia perplessità risiede nel fatto che, con un artifizio formale legato alla modalità di nomina, si sia passati oltre alla volontà popolare. Mi duole dire che non aveva torto chi, pro domo sua, indicava che la carica sarebbe ragionevolmente spettata al più votato dopo il sindaco, e non a chi ha meramente raccolto una maggioranza all’interno dei suoi pari, cioè l’autorità di nomina. Democrazia sostanziale avrebbe imposto una scelta diversa da quella fatta. E questo indipendentemente dal fatto che se avessero proceduto in quel modo avremmo avuto proprio lui, cioè nessuno, come vicesindaco.
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