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• 4 Aprile 2022 – Federico Franchini

Il Ministero pubblico della Confederazione (MPC) ha annunciato la creazione di una speciale task force per chinarsi sulle possibili implicazioni penali del conflitto tra Russia e Ucraina. Guidato dal nuovo procuratore generale Stefan Blättler, il gruppo di lavoro avrà due focus: crimini di guerra e criminalità economica. Su quest’ultimo fronte la speranza è di un cambio di passo rispetto all’era Michael Lauber. Sotto la sua condotta, infatti, diverse indagini per corruzione e riciclaggio legate alla Russia sono finite nel nulla. O meglio: sono finite nel modo migliore per il Cremlino. Tanto che c’è chi, come ha fatto il giornale russo d’opposizione Novaja Gazeta, ha parlato di connivenza. Certo è che sotto la guida di Lauber le relazioni tra le massime autorità giudiziarie elvetiche e quelle russe è stata molto intensa. E ha avuto come esito risultati contestabili. Ecco i casi principali.

L’8 dicembre 2015, Alexei Navalny inoltra all’MPC una denuncia sulle presunte attività di riciclaggio svolte in Svizzera da Artiom Chaika, figlio dell’allora procuratore generale russo Yuri Chaika. Il giovane Chaika avrebbe investito soldi dalla dubbia origine nell’acquisto di una villa da 3 milioni a Coppet (Vaud) e nelle azioni di una società finanziaria di Losanna . Per Navalny, l’origine del denaro risalirebbe ad una controversa acquisizione di una compagnia di navigazione il cui proprietario era stato trovato morto. Per la Svizzera, però, non c’è nulla da indagare. Tre mesi dopo la denuncia, nel marzo 2016, l’antenna ticinese della Procura federale emana un non luogo a procedere: due paginette striminzite in cui si dice, in sostanza, che “non sono emersi elementi costitutivi di reato”.

Il caso vuole che, quello stesso mese di marzo 2016, Michael Lauber era a Mosca per discutere di lotta alla corruzione con il suo omologo russo. Il suo nome? Yuri Chaika. Un viaggio che fu molto controverso. Come rilevato in seguito dalla stampa le autorità russe avevano riempito di regali la delegazione svizzera: vodka, caviale e oggetti in porcellana voluminosi al punto che dovettero essere stoccati presso l’ambasciata elvetica a Mosca.

Nel luglio 2017, viene chiusa un’altra indagine sull’asse Mosca-Berna. L’inchiesta archiviata è quella che vedeva indagata Elena Srkynnik, ex ministra dell’agricoltura considerata molto vicina a Vladimir Putin. La donna controllava diversi conti in Svizzera, alcuni dei quali alla BSI di Lugano. Secondo il decreto d’abbandono, tra il 2003 e il 2010, ci sono state transazioni “economicamente irrintracciabili e quindi sospette” per un importo di più di 140 milioni di dollari. Ciò malgrado, l’indagine è stata abbandonata. Il motivo: la mancanza di cooperazione da parte delle autorità russe. Il decreto spiega che la Procura generale russa aveva risposto alla Svizzera che “non c’erano sufficienti sospetti per proseguire un’indagine”, e che la richiesta di assistenza giudiziaria svizzera “non poteva più essere eseguita”.

Questa risposta era contenuta in una lettera datata 29 dicembre 2016. Coincidenza vuole che lo stesso giorno Vinzenz S., un ispettore della polizia federale specializzato in affari russi, fosse tornato a Berna dopo un viaggio non autorizzato a Mosca. Il poliziotto pensava forse di ottenere prove per sostenere il caso contro Elena Skrynnik. Quello che raccoglie è però la conferma che Yuri Chaika aveva ricevuto ordini “dall’alto” per rifiutare l’assistenza giudiziaria per questo caso. Alcuni mesi dopo, l’indagine contro l’ex ministra è dunque abbandonata. Settanta milioni di franchi sequestrati all’entourage dell’ex ministra sono liberati.

Vinzenz S. è stato poi licenziato e condannato, in prima istanza e in appello, dal Tribunale penale federale (TPF). La ragione: aver accettato un invito ad una partita di caccia all’orso in Kamtchatka offerto dalle autorità russe. In Russia, l’uomo era di casa e si è recato più volte per trattare casi delicati. Oltre all’inchiesta Skrynnik, anche i casi Aereoflot e Magnitsky. Quest’ultima vicenda si è chiusa mestamente la scorsa estate. Nel 2011, il magnate britannico Bill Browder aveva segnalato all’MPC l’arrivo su conti svizzeri di diversi milioni di dollari originati da una maxi frode da oltre 230 milioni di dollari al fisco russo sulle tasse pagate a Mosca dal fondo detenuto dallo stesso Browder. Il suo avvocato russo, Sergeï Magnitsky, aveva scoperto la truffa ed era morto in carcere a Mosca. La Svizzera aveva così aperto un’indagine penale e bloccato diciotto milioni di franchi su dei conti controllati da presunti protagonisti della frode. Su tutti il marito di un ex alta funzionaria del fisco di Mosca, Olga Stepanova.

Proprio nell’ambito di questa indagine, Vinzenz S. si era recato più volte in Russia. In almeno un’occasione venne accompagnato dallo stesso Michael Lauber e dal suo fedelissimo Patrick Lamon, il procuratore incaricato dell’indagine. Sul web circola una foto imbarazzante della delegazione svizzera su una barca da pesca in compagnia dei colleghi russi tra cui Saak Karapateyan, ex vicedirettore della procura generale russa, morto in un incidente di elicottero nel 2018.

Durante il suo processo, il poliziotto ha ammesso che uno dei suoi viaggi in Russia, quello della battuta di caccia che gli è valsa la condanna, aveva come scopo quello di preparare l’audizione di Andreas Gross. L’agente della Fedpol era stato incaricato dall’MPC di interrogare questo ex parlamentare svizzero e relatore del Consiglio d’Europa, nell’ambito della procedura indagata da Lamon sul caso Magnitsky. Gross è infatti l’autore di un rapporto intitolato “Rifiutare l’impunità per gli assassini di Sergei Magnitsky“.

L’udienza di Gross si è svolta poco dopo in una modalità piuttosto aggressiva. Vinzenz S. sembra aver abbracciato pienamente la tesi delle autorità giudiziarie russe, che presentano Magnitsky e il suo ex capo Bill Browder come truffatori manipolati dalla CIA. Durante il suo processo, l’ex ispettore ha spiegato che il caso Magnitsky avrebbe dovuto essere chiuso molto prima e affinché ciò accadesse, il rapporto di Gross doveva essere “discreditato”.

L’indagine svizzera è stata chiusa nel luglio del 2021, con Lauber già dimessosi per l’affaire FIFA e Lamon da poco andato in pensione. La procura federale è riuscita sì a dimostrare un legame tra la frode e parte del denaro sequestrato. Tuttavia nessuno è mai stato indagato in Svizzera. Il testimone principale identificato dagli inquirenti elvetici è morto improvvisamente a Londra durante le indagini. Ricorsi permettendo, la gran parte dei 18 milioni di franchi congelati in Svizzera saranno presto liberati. Torneranno nelle mani di chi ha beneficiato della maxi frode. Na zdorov’ye!

Nell’immagine: illustrazione dalla Novaja Gazeta






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