Lo scenario climatico UDC
Opporsi di fatto agli agli accordi di Parigi sul clima significa negare la prospettiva drammatica cui ci riconducono tutte le ricerche scientifiche più accreditate - Di Matteo Buzzi
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Opporsi di fatto agli agli accordi di Parigi sul clima significa negare la prospettiva drammatica cui ci riconducono tutte le ricerche scientifiche più accreditate - Di Matteo Buzzi
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Opporsi di fatto agli agli accordi di Parigi sul clima significa negare la prospettiva drammatica cui ci riconducono tutte le ricerche scientifiche più accreditate - Di Matteo Buzzi
Giovedì 19 gennaio l’UDC ha consegnato le firme che certificano la riuscita del referendum nazionale che si oppone al controprogetto all’iniziativa ghiacciai. Questo compromesso chiede la concreta implementazione a livello Svizzero dell’accordo di Parigi sul clima. Il referendum dell’UDC vuole rendere carta straccia l’unico accordo climatico mondiale disponibile e in grado di dare una prospettiva all’umanità, e questo attraverso fumosi argomenti che confondono l’opinione pubblica sul tema energetico.
I modelli climatici basati sugli scenari di emissione di CO2, contrariamente a quanto affermano singoli esponenti democentristi o le publiredazionali antiscientifiche a pagamento che appaiono regolarmente nei quotidiani ticinesi, sono riusciti finora a simulare con una buona precisione l’indiscutibile e insolitamente rapido riscaldamento climatico di origine antropica già osservato.
Anche la probabile evoluzione futura dipendente dalle emissioni antropiche di CO2 è molto chiara. I dati, sia sottoforma numerica che grafica, sono a disposizione di tutti e permettono quindi con facilità di analizzare le implicazioni della scelta UDC se fosse proiettata a livello globale.
L’obiezione secondo cui la Svizzera conti poco a livello globale non è fondata: abbiamo le emissioni pro capite tra le più alte al mondo e una piazza finanziaria tra le più importanti. Inoltre i numerosi partiti analoghi all’UDC nelle altre nazioni, promovendo politiche simili, ne fanno un possibile e concreto scenario globale.
Concretamente cosa potrebbe significare questo scenario UDC già verso la metà di questo secolo (2060), rispetto ad una scelta con un’attiva e incisiva protezione del clima?
Significherebbe una Svizzera mediamente di due gradi più calda, con una dozzina di giorni tropicali in più e una ventina di notti tropicali aggiuntive e con il doppio di ondate canicolari. In inverno significherebbe un innalzamento ulteriore dello zero termico di 300-400 metri con 10 giorni di neve nuova in meno a 1500 metri (20-25% in meno rispetto allo scenario con protezione del clima).
Per quanto riguarda le precipitazioni, implicherebbe una diminuzione aggiuntiva in media del 10% delle precipitazioni estive (ricordate l’estate 2022?), ma anche un aumento dei casi di precipitazioni forti e della relativa intensità e l’aumento del quantitativo alluvionale centenario di almeno il 10%. Bisognerà anche convivere con il 10-20% di volume di ghiacciai in meno, ovvero in pratica con la loro completa sparizione entro il 2100, rispetto ad un 30% ancora presente sulle nostre montagne nel caso di una politica attiva di protezione del clima.
Se guardiamo invece su scala planetaria il livello del mare sarebbe di 5 centimetri più elevato e dalle regioni maggiormente colpite dai mutamenti climatici ci sarebbero migrazioni significativamente maggiori nell’ordine delle centinaia di milioni di persone.
Le conseguenze delle scelte climatiche di oggi saranno i nostri figli e nipoti viverle sulla loro pelle. Pensiamoci.
Matteo Buzzi è meteorologo e granconsigliere de I Verdi
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