L’urlo di Vandana
Per una coscienza che sappia essere parte della vita e della natura
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Per una coscienza che sappia essere parte della vita e della natura
• – Werner Weick
Il nostro Paese continua ad essere il sicuro forziere dell’oro mondiale, da vendere ed esportare anche e soprattutto a chi si premura di svincolarsi dal dollaro
• – Silvano Toppi
Nella notte dei fuochi d’artificio il cielo resta azzurro, azzurro per tutti
• – Fabrizio Quadranti
Il Regno Unito si ferma, per un giorno, settant’anni dopo
• – Redazione
L’ultima volta era successo nel 2007, anche allora furono gli scrittori di cinema e tv a paralizzare l'industria cinematografica più ricca e prolifica del mondo per 100 giorni
• – Redazione
A giudizio tre giovani militanti per il clima, rei di aver diffuso un documento che contesta il servizio militare
• – Federico Franchini
L’annunciato abbattimento di 107 alberi secolari lungo il viale della stazione a Bellinzona colpisce un bene protetto
• – Benedetto Antonini
La felicità di Napoli e di un popolo vestito d’azzurro
• – Redazione
Quando si insegue la notizia fino a forzarla, forse è meglio leggere bene e voler capire ancora meglio
• – Redazione
L’attacco al simbolo del potere russo: ipotesi sulle responsabilità, stato d’animo della popolazione, possibili conseguenze
• – Yurii Colombo
C’è una persona che attende con gioia l’ascesa al trono di Carlo III. Lo ritiene profondo, riflessivo, accurato e sensibile. Reale sì, ma con le mani sempre “sporche” di terra, un Re ambientalista che raccomanda di usare la scienza per capire come funziona la natura, non per cambiare ciò che è, come facciamo con la manipolazione genetica che cerca di trasformare un processo di evoluzione biologica in qualcosa di completamente diverso. “In quest’epoca guidata dalla tecnologia è fin troppo facile dimenticare che l’uomo è parte della natura e non ne è separato”. È un’affermazione del principe Carlo quando frequentava Vandana Shiva, ambientalista militante, principale teorica dell’ecologia sociale e dell’eco-femminismo.
Nata in India, è cresciuta in un rapporto quasi simbiotico con le piante, gli animali e la natura in tutta la sua grandezza. Dopo la laurea in Fisica, nel 1987 fonda Navdanya,” nove semi”, un’organizzazione nata, appunto, per proteggere i semi. Nella sua autobiografia (“La vita è maestra”, PIEMME editore) racconta che il primo giorno dell’anno le donne indiane piantano nove semi in un vaso e, dopo un certo periodo di tempo, portano i vasi al fiume e scelgono i semi che si sono sviluppati meglio per metterli a disposizione della comunità. Navdanya è un movimento incentrato sulla Terra e sulle donne per la protezione della diversità biologica e naturale. Esistono 150 banche di semi di 600 specie vegetali indiane: 250 tipi di riso, di cui 13 di basmati, 19 tipi di grano, 3 di mais, 4 di lenticchie e 6 di senape.
Molte multinazionali stanno diffondendo cibo creato in laboratorio. La loro finalità è quella di ridurre la terra a una monocultura e di alimentarci con cibo finto. Le multinazionali come Monsanto hanno dichiarato che le sementi sono una loro “invenzione”; quindi, una loro proprietà brevettata che proibisce e sanziona il libero scambio di semi tra gli agricoltori.
Monsanto continua a guadagnare miliardi di rupie all’anno dagli agricoltori indiani vendendo fertilizzanti e pesticidi che hanno fatto cadere gli agricoltori nella trappola del debito. Quasi centomila si sono suicidati nel Maharashtra e negli stati vicini. I fertilizzanti chimici uccidono gli organismi del suolo, il suolo vivo che inizia a desertificarsi, e a necessitare irrigazioni più frequenti. L’India è scivolata al 177.mo posto su 180 paesi nell’indice ambientale, redatto dalle università di Yale e Columbia.
Quando le è stato conferito il Right Livelihood Award, il Nobel alternativo, Vandana Shiva ha denunciato la “monocultura della mente” che ha creato un ordine mondiale violento distruggendo la diversità e legittimando la distruzione spacciandola come progresso, crescita e miglioramento. La natura è viva e può insegnare. Pensate all’ipotesi Gaia di James Lovelock, (scomparso l’anno scorso) che già nel lontano 1979 sostenne che la Terra è un sistema vivo capace di autoregolarsi e in grado di relazionarsi con tutti gli esseri che lo compongono. La scienza più avanzata sta riaffermando le antiche credenze vediche. Il nostro scopo -conclude Vandana Shiva- è quello di favorire la costruzione di una coscienza che sappia essere parte della vita. Con umiltà, coraggio e immaginazione.
Werner Weick è autore, fra l’altro, di un documentario intitolato “La dea ferita, Vandana Shiva”, prodotto e diffuso dalla RSI nel 2009
“Discorso senza un alito di vento”, una nuova raccolta di versi di Leopoldo Lonati
Un progetto della Fondazione Federica Spitzer sulla diaspora balcanica nel Canton Ticino