Napoli … non per caso
Nella notte dei fuochi d’artificio il cielo resta azzurro, azzurro per tutti
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Nella notte dei fuochi d’artificio il cielo resta azzurro, azzurro per tutti
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Nella notte dei fuochi d’artificio il cielo resta azzurro, azzurro per tutti
Bisogna aggiungere un altro dato. Napoli è una metropoli (3 milioni i suoi abitanti!) che, a differenza di tante altre (Roma, Milano, Genova e Torino) non deve suddividere la propria passione calcistica. C’è un club solo, dunque un’esclusiva indiscutibile. Nessun battibecco con i dirimpettati, nessuna discussione pre o post derby: il cielo è azzurro e resta azzurro per tutti. E se dobbiamo collegare una striscia azzurra da un balcone di fronte all’altro… lo si fa, mettendo da parte la discussione avuta il giorno prima. Questa «totalizzazione» ha una potenza contagiosa incredibile: non solo coinvolge subito tutti ma fa sentire escluso chi tenta di chiamarsi fuori. Per cui quando si accostano le parole «calcio» e «Napoli» occorre intendere la totalità delle persone coinvolte. Dottori e camerieri, donne e uomini, suocere e suore, disoccupati e malandrini, politici della parte di qua e della parte di là, a sventolare bandiere e a gioire sono proprio tutti, all’unisono. E questo è il secondo valore aggiunto alla festa partenopea.
Un terzo aspetto, eminentemente tecnico, sportivo, che rende leggendaria l’impresa della squadra di Spalletti, è legato alle scelte dirigenziali, economiche decise durante la scorsa estate. Un qualcosa di assolutamente controcorrente. Il Napoli ha vinto il suo terzo scudetto dopo aver venduto i suoi migliori calciatori ed aver ridotto il monte-stipendi di un terzo. Solo 10 mesi fa nessuno indicava il Napoli come possibile protagonista stagionale; nemmeno i più ottimisti lo ipotizzavano fra i primi 4. E invece, invece i nuovi (Kvara, Kim, Raspadori…) hanno superato anche le più ottimistiche aspettative, e sul campo gli schemi di Spalletti hanno fatto il resto.
Il Napoli non ha solo vinto, ha dominato. Facendo inarcare un qualche sopracciglio anche in Europa (Guardiola, Klopp … non per dire). Aggiudicandosi il titolo alla trentatreesima giornata (record eguagliato) dopo 33 anni, anche questo è Napoli. Dunque l’eccezionalità della stagione non è riconducibile ad un anno di bassa marea del pallone italiano (c’è stato anche questo, diciamolo) ma di valori tecnici e tattici straordinari. Verrebbe da dire … «miracolosi».
E qui sopraggiunge un quarto aspetto specifico partenopeo. Infatti la città di Napoli conta ben 56 Santi patroni (e fra questi 8 «Tutelari»). Un record assoluto a livello mondiale che non la dice ancora tutta. Infatti la lista dei Santi patroni, disponibile sul web, quella che inizia con l’istituzionalissimo San Gennaro, non contempla ufficialmente quel “santo laico” argentino, adorato e venerato ancora e per sempre dall’intera città, che gli ha pure dedicato il nome dello stadio. A Napoli Maradona si ritrova ovunque, a cominciare da quel muro che come un altare viene visitata e riconosciuto da tutti. Lui ha «segnato» i primi due scudetti, lui c’è ancora oggi, al punto che il popolo azzurro colloca ancora lui, Diego, fra i protagonisti di questa vittoria. Forse è esagerato, ma si potrebbe pure affermare che a Napoli non vi sono «generazioni che hanno dissipato poeti»: lì restano, sempre e comunque. Alla faccia di chi consuma e brucia i propri eroi in un amen.
La vittoria, la festa, la programmazione controvento, l’azzardo, la scommessa, gli eccessi, il coraggio di andare oltre: Napoli 2023 non è per caso.
Nell’immagine: Napoli – il murale di Maradona ai Quartieri Spagnoli
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