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Marco Züblin
Marco Züblin
Mario Timbal, buona la prima
• 13 Aprile 2021 – Marco Züblin

Nel periodo elettorale i contributi di candidate e candidati sono benvenuti sulla nostra zattera secondo queste regole

C’è qualche buon motivo per essere speranzosi, anzi ragionevolmente ottimisti, dopo l’incontro tra il direttore RSI Mario Timbal e i collaboratori dell’azienda. Un incontro canonico, dai tempi di Marco Blaser, che questa volta si è caricato di parecchi contenuti, ma soprattutto (e comprensibilmente) di attese.  Come era logico, si sono sentite dichiarazioni di intenzione piuttosto generali, in attesa di piani e di strategie concreti. Generali, certo, ma non per questo generiche, in quanto alludono a un cambio di passo in un’azienda da anni vittima più delle proprie paure e della propria cattiva coscienza che non degli attacchi esterni, incapace di progettualità vera e coraggiosa, arroccata su posizioni da trincea aziendalista e autoreferenziale, con gravi incertezze anche a livello di capacità di comunicare.  Sembrano, infatti, poste ora le basi per l’uscita da un atteggiamento puramente difensivo, da un aziendalismo da sopravvivenza, teso alla tutela dell’esistente.

Cominciamo col dire che la premessa personale è buona: pare infatti vincente la scelta di valersi di una risorsa e di una riflessione esterne, di una persona che porta con sé esperienze diverse e prestigiose, maturate anche fuori dal nostro claustrofobico hortus conclusus (ed è un elemento di grande novità, dopo decenni di soluzioni interne, per non parlare della parentesi compensatoria-clientelar-partitica): nella comunicazione, nella gestione di grandi strutture (Locarno film festival), nell’attività di promozione culturale (Fondazione Luma). Questo sembra prefigurare il superamento di approcci e di mentalità triti e ritriti, la capacità di valutare situazioni e progetti senza pregiudizi e con lucidità, qualche proposta finalmente inedita e qualche iniezione di creatività. Per non parlare dell’enorme vantaggio di avere ora un direttore che non ha mai lavorato in azienda, cioè di non essere portatore di quella che, nel tempo, si è rivelata essere una micidiale zavorra.

Vediamo di mettere in fila (a titolo del tutto personale, e provvisorio) qualche primo elemento di valutazione, in attesa di conoscere le concrete direttrici di intervento.

–          Vi è, alla base, la coscienza della necessità di una riflessione identitaria, non solo per identificare  natura e missione dell’azienda, ma anche per capire come gli obiettivi del servizio pubblico debbano essere declinati nel nuovo paesaggio mediatico e di fronte alle nuove modalità di fruizione da parte del pubblico, e in epoca di crollo delle risorse finanziarie.

–          Si supera finalmente logica dei tagli lineari, poco coraggiosa e perdente, per andare verso scelte di programmazione, che porteranno all’abbandono di ambiti non determinanti, quali quelli ormai presidiati dall’offerta privata e in cui il servizio pubblico non ha più la possibilità di concorrere, per manifesta sproporzione a livello di risorse. Sembra di capire che si smetterà quindi finalmente con il mantra dell’offerta audiovisiva “universale”, per concentrare competenze e risorse sugli elementi qualificanti del servizio pubblico (immagino: informazione, cultura, formazione e mediazione, attenzione al territorio e agli elementi che favoriscano la conoscenza e la coesione nazionale).

–          L’attenzione è posta sulla ridefinizione e la costruzione di competenze professionali adatte al nuovo mondo dei media (con il corollario dell’esigenza della formazione interna, ma con qualche incognita a livello di posti di lavoro), oltre che su una gestione attenta agli obiettivi e che superi la tutela di personali rendite di posizione.

–          Nessuno deve essere lasciato indietro: a ogni tipo di pubblico si vuole garantire la modalità più idonea per la fruizione dei contenuti, declinata su vettori diversi ma con identica attenzione alla qualità. Quindi nessuna trasmigrazione totale verso nuovi media o verso fruizione meramente online, ma compresenza di diverse forme di offerta e con contenuti fruibili su piattaforme diverse, lineari classiche o digitali. Comunque, attenzione al recupero del pubblico giovanile, proponendo appunto contenuti in modalità specifiche.

–          Viene esclusa l’idea di reti esclusivamente musicali, che tanto aveva scaldato gli animi pensando alla liquidazione del patrimonio ideale di Rete2, con la volontà di offrire una programmazione che segua il respiro dell’attualità, della cultura e del territorio.

–          Si percepisce una visione lucida e articolata sui modi di trasmissione dei contenuti culturali, che non deve esaurirsi in forme di mediazione classica e un po’ parruccona, ma neppure nell’intrattenimento banalizzante e caciarone, la sfida dovendo essere quella di trovare le forme giuste per migliorare (e, idealmente, per generalizzare) l’accesso a tematiche culturali.

Sullo sfondo di queste belle intenzioni, si staglia minaccioso il discorso sui mezzi finanziari e sui risparmi futuri; un giorno qualcuno dovrà pur spiegare che il servizio pubblico audiovisivo ha un mandato sociale di grande valenza, e che questo aspetto deve essere prioritario rispetto agli equilibri di bilancio. È però intuitivo che una migliore e più attenta definizione dei compiti, e soprattutto la capacità di operare scelte chiare in favore del core business del servizio pubblico, possono favorire anche una riflessione in questo senso da parte della politica e della società.

Insomma, primi passi che autorizzano un ottimismo non solo a livello di volontà, ma anche ragionevoli speranze. Vedremo quanto le intenzioni si tradurranno in coraggio delle scelte, in capacità di superare le resistenze interne, e quelle del territorio; e, alla fine, in risultati concreti. Il nuovo direttore ha buone premesse e un approccio convincente; che sia la volta buona, dopo tanto masticare amaro?

Marco Züblin è membro del Consiglio del pubblico della CORSI ma si esprime qui a titolo personale






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