Utili idioti, o della demagogia
Strumentalizzare il sentimento popolare per ottenere i propri scopi
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Strumentalizzare il sentimento popolare per ottenere i propri scopi
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Strumentalizzare il sentimento popolare per ottenere i propri scopi
I tifosi del calcio non hanno paura di fare i megafoni per altrui battaglie; e, ignari di essere usati, non temono di usare metodi intimidatori, sui social o financo di persona. Ma l’uso di inconsapevoli strumenti umani per il perseguimento dei propri scopi è moneta corrente, vecchia come il cucco, qui e altrove. Non stupisce troppo che questo da noi avvenga in modo ancor più plateale, senza che ci si preoccupi di trovare nemmeno un’ombra di credibile pretesto legittimante; sarà per il sotterraneo disprezzo per il popolo che anima trasversalmente la politica, al di là della facciata? Tre esempi, tra i tanti.
Siamo partiti con la storia del Cardiocentro, con il dottore avvitato alla poltrona e puntellato dalla commedia dell’arte composta da vecchi e nuovi sindaci e da menatorroni locali; erano stati tirati per la giacca tutti gli infartuati e coronaropatici del Cantone, con parenti al seguito, per beatificare ‘o professore come se fosse stato lui a salvarli dal nulla eterno, proprio lui stesso “di persona personalmente”. Bancarelle, raccolte di firme, profluvi di rosoli deamicisiani, lirismo da supermercato, e arroganza a piene mani per difendere l’indifendibile, cioè il diritto all’arbitrio. Cioè per permettere al clinico di cui sopra e ai suoi amici di continuare a farsi beatamente i fatti propri, a dispetto di principi e di regole che erano scritte chiare, nel marmo, da decenni; per non parlare poi della storia di sfacciata avidità che era venuta prima, e che tutti (pesci rossi) hanno ormai dimenticato. E a chi pensava – dopo lunghe e surreali trattative – di esserselo finalmente tolto di torno, ecco oggi la bella notizia che il luminare continuerà ad avere un ufficio nella struttura, per un po’ ancora. Eggià. Sul resto, cioè sulle magnifiche e progressive sorti della ricerca biomedica a Lugano, ormai c’è solo la polvere del tempo e il trascolorare della memoria nell’oblio; a chi interessa adesso il tema, se non c’è da mettersi in tasca un po’ di pecunia?
Per arrivare alla saga aeroportuale, ben lungi dall’essersi esaurita, con miliardari doc e cementificatori professionisti a lottare per spolparsi le spoglie della struttura, sullo sfondo di una raffica di ricorsi. In quel caso, fu tutto uno spintonare di adamantini liberisti, di sovranisti con e senza coda, di democristiani poco evangelici, a improvvisarsi maldestri sindacalisti a tutela dei posti di lavoro; un tema che mai li aveva occupati prima, né mai li preoccupò dopo. Qui gli “utili idioti” furono, per l’appunto, i dipendenti; furono senza pietà spediti in corriera a Bellinzona, a manifestare per il proprio futuro. Del quale, beninteso, importava solo a loro, e non certo a quelli che invano cercarono di usarli e per i quali questa gente in ambasce era solo banale e sacrificabilissima carne da cannone. Un fallimento mise fine a tutta la manfrina, come era da attendersi (c’era un giudice a Lugano, si direbbe parafrasando il mugnaio).
Finiamo dove abbiamo iniziato, con la soap di Cornaredo, dove si prende a pretesto una vera ed effettiva esigenza – ed urgenza – sportiva per dare il via alla solita invereconda kermesse edificatoria. In questo caso, si è ritardato il ritardabile fino alle soglie del baratro, e senza pietà né rispetto sono stati usati i tifosi, cui si è nascosto lo scandalo vero, cioè un’insipienza progettuale e pianificatoria durata decenni, per precipitarli a manifestare per obiettivi altrui (con trombette, fumogeni e stendardi, comme il se doit, davanti allo stadio in cui vanno in scena i certami rituali della politica). Pedine inconsce di un gioco che non li riguarda, che nulla ha a che vedere con i destini della squadra, né dello sport in generale; al massimo alimenta qualche vertigine di grandezza senza grandezza, qualche ansia di visibilità senza merito, forse la pretesa di passare alla storia per interposto calcestruzzo.
Come si vede, la demagogia non muore mai, e piccoli aspiranti demagoghi nascono e prosperano. Non ci si tira indietro nemmeno davanti allo sfruttamento delle emozioni più profonde e sincere di coloro che vengono utilizzati. Può essere la malattia, l’amore per i propri cari, l’umana riconoscenza; o l’angoscia per il proprio futuro; o la passione sportiva che fa battere forte il cuore. Per i manovratori delle emozioni e dei sentimenti altrui, tutto fa buon brodo per ottenere il risultato.
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