Non sono “infiltrazioni mafiose”. È complicità
Certo, la 'ndrangheta. Ma chi ha guadagnato su appalti a prezzi stracciati e condizioni di lavoro disumane?
Filtra per rubrica
Filtra per autore/trice
Certo, la 'ndrangheta. Ma chi ha guadagnato su appalti a prezzi stracciati e condizioni di lavoro disumane?
• – Federico Franchini
Il cerchio è chiuso: in pista ha sempre ragione lei
• – Libano Zanolari
Per quale motivo la valutazione deve rimanere espressa da un numero assoluto dal significato identico per tutti?
• – Rocco Bianchi
Sul salario minimo una brutta storia, protagonisti un sindacato giallo e chi lo sostiene facendo finta di non capire la differenza tra libertà di impresa e libertà di sfruttamento
• – Redazione
Ragioni e prospettive della ‘Grande dimissione’: sempre più lavoratori si licenziano per riconquistare una qualità di vita dopo decenni di deriva liberista
• – Christian Marazzi
In Salvador la Chiesa di papa Francesco riscatta la figura del prelato ucciso perché diventato simbolo della teologia della liberazione
• – Gianni Beretta
Centro chiuso per minorenni: significato e rischi di una soluzione anacronistica
• – Fulvio Poletti
È quello di Facebook, che in un giorno ha perso in Borsa il 22%: cause dello scivolone e interrogativi. È iniziato il declino del colosso digitale?
• – Aldo Sofia
E pazienza se dopo l’oro in discesa, nel supergigante non c’era più…
• – Libano Zanolari
Su una pagina a pagamento la stupefacente tesi dell'Avv. Tettamanti, ma il trucco si vede: dal vanto del cigno al lamento del coyote
• – Silvano Toppi
Certo, la 'ndrangheta. Ma chi ha guadagnato su appalti a prezzi stracciati e condizioni di lavoro disumane?
Sempre quel 4 settembre, in mattinata, un manipolo di persone aveva protestato chiedendo giustizia per chi quel tunnel lo aveva costruito. Una decina di manifestanti di sinistra, ignorati da tutti in quel giorno di festa, gridava nel vuoto per ricordare le intimidazioni subite da molti operai all’interno della galleria di base.
Quanto successo era emerso a seguito di un servizio di Falò del 2019. Un cantiere della vergogna, fatto da turni infiniti, buste paga taroccate, assenza di controlli e lacune nella sicurezza. In seguito a quel servizio, grazie alla testimonianza degli operai e al lavoro del sindacato Unia, la magistratura ticinese ha aperto un’inchiesta (tuttora in corso). Nel frattempo chi in quel servizio ci ha messo la faccia ha pagato sulla propria pelle il coraggio di denunciare: «Mi hanno fatto perdere il nuovo lavoro, offerto 100mila euro per ritirare la denuncia e minacciato» ha raccontato Fouad Zerroudi, il principale testimone protagonista del servizio della RSI.
Dietro a queste storie, dietro ad abusi, taglieggiamenti e minacce, vi è una guerra. È la “guerra dei prezzi” per accaparrarsi gli appalti. La concorrenza è sempre più spietata: se vuoi vincere, spesso, devi giocare sporco. Fouad lavorava per l’impresa italiana GCF che fa parte del consorzio italo-svizzero Mons Ceneris. Quest’ultimo ha vinto l’appalto per i lavori di tecnica ferroviaria con un’offerta del 30% più bassa rispetto al consorzio concorrente. È in questa percentuale che si nasconde lo sfruttamento del personale senza il quale, per le imprese, non sarebbe possibile riempirsi le tasche.
Ma non è tutto. Quanto succede ora prende un’altra, ancor più preoccupante, dimensione. La notizia è quella della recente inchiesta della Direzione distrettuale antimafia di Milano sulle presunte infiltrazioni della ‘ndrangheta nei subappalti per i lavori sulla rete ferroviaria italiana. Un’inchiesta che tocca direttamente i vertici della GCF, tra cui il presidente Edoardo Rossi, membro anche del CdA della filiale di Bellinzona della società. L’uomo è accusato dagli inquirenti italiani di aver preso parte a un’associazione a delinquere operante tra Varese e Milano e di avere avuto “solidi e perduranti legami” con la ‘ndrangheta assieme ad altri soggetti. Si parla della cosca Nicoscia-Arena di Capo Rizzuto le cui società avrebbero ottenuto in subappalto lavori che le ferrovie italiane appaltava a colossi del settore, come la GCF.
Una notizia, quella delle indagini italiane, che è quindi rimbalzata in Svizzera dove la ditta italiana ha ottenuto altri appalti: oltre a quello ultimato al Ceneri, GCF sta ad esempio lavorando alla realizzazione di una linea di metrò a Losanna.
La vicenda non può che fare riflettere. Anche perché non si tratta di un caso unico. Basta ricordare quando è andato in scena sempre nel cantiere per il tunnel di base del Ceneri. Nel 2009, gli appalti per la realizzazione della galleria sono stati affidati ad un consorzio guidato dall’italiana Società Condotte d’Acqua. Un colosso la cui reputazione, all’epoca, era già macchiata. Nel 2008, in piena gara d’appalto, il gruppo romano aveva perso il certificato antimafia italiano per una vicenda di subappalti sulla Salerno-Reggio Calabria. Un fatto che non ha impedito di ottenere il succoso appalto svizzero. D’altronde, l’offerta presentata da Condotte era troppo allettante: con il 7% in meno rispetto al principale consorzio concorrente, l’opera sarebbe costata 70 milioni di franchi in meno.
Anche in questo caso, questi bassi costi hanno significato soprusi e lacune nella sicurezza. È in questo contesto che, il 21 settembre del 2010, ci è scappato il morto. Pietro Mirabelli, minatore figlio di minatore, lancista esperto assunto qualche mese prima, viene travolto da 400 chili di roccia staccatasi da un’altezza di 8 metri. La causa: l’impatto sulla parete del braccio della macchina di perforazione, il Jumbo, guidato da un operaio poco pratico. Una tragedia ha messo in luce le responsabilità di Condotte in termini di sicurezza.
Ma non solo: quello che emerse era un clima di omertà e di paura. Quando la Procura arrivò sul posto qualcuno aveva già pulito la scena del crimine. Per questa vicenda non è mai stata fatta giustizia. Resta però la sensazione che qualcosa di più marcio, in quel cantiere, c’era. Non a caso l’allora Procuratore generale John Noseda ha dichiarato alla stampa che la mafia «ha messo le mani su AlpTransit». Il sospetto, mai provato, è quello che delle persone legate alla ’ndrangheta fossero state assunte a Sigirino al fine di far tacere chi si opponeva alla “cultura d’impresa” imposta da Condotte. Quest’ultima, nel 2012, è stata poi implicata in un’operazione antimafia in Calabria che ha portato all’arresto di alcuni dirigenti locali, accusati di aver collaborato con aziende legate alle cosche.
Un’esperienza che, alla luce di quanto successo in seguito con la posa dei binari, non sembra aver turbato più di tanto i nostri committenti pubblici.
Non si può passare sotto silenzio l’operazione di mercoledì scorso. Quattro ore di diretta SRF… per far contenta l’UDC
Partito socialista e Unione Sindacale invitano ad affossare l’imposizione dei grandi gruppi di imprese. Favorevoli al principio, ma contrari all’applicazione: una scelta...