Occupy Paradeplatz (again!)
Qualche prospettiva alternativa alla creazione del “mostro UBS+CS”, al motto di “Save people not banks”
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Qualche prospettiva alternativa alla creazione del “mostro UBS+CS”, al motto di “Save people not banks”
• – Fabio Dozio
Ricordando il grande autore milanese a 10 anni dalla scomparsa
• – Fabrizio Quadranti
In effetti era vero
• – Redazione
Mai così lacerato e diviso nella sua storia, fiumi di manifestanti democratici contro la riforma della magistratura con cui Netanyahu vuole anche salvare sé stesso
• – Aldo Sofia
• – Franco Cavani
Dovremmo iniziare a ragionare non in termini di transizione ecologica E di transizione digitale, ma di transizione ecologica O di transizione digitale
• – Lelio Demichelis
Morire di camion
• – Redazione
Quando sul “Mattino” la $inistra appare come per magia
• – Enrico Lombardi
• – Franco Cavani
Giuseppe Panebarco accusa polmonite
• – Redazione
Qualche prospettiva alternativa alla creazione del “mostro UBS+CS”, al motto di “Save people not banks”
Per evitare il fallimento di Credit Suisse, che costa ai contribuenti e alla Banca nazionale centinaia di miliardi di franchi, si poteva fare diversamente? Certo: si poteva nazionalizzare. I politici e anche gli esperti mettono in guardia: la nazionalizzazione è contro i principi svizzeri, si tratta di una prospettiva irrealistica, non appartiene alla cultura politica della Svizzera, è un’utopia. Sarà vero? Non è detto.
Dopo la crisi del 2008 sono state nazionalizzate numerose banche in Europa: dalla Gran Bretagna alla Spagna, dall’Islanda all’Olanda. In Germania è stata varata una legge che permette di espropriare gli azionisti. Nell’Unione Europea le nazionalizzazioni di imprese hanno ripreso slancio nel periodo della pandemia. Lo Stato, in caso di crisi, torna in auge anche fra i paladini del liberismo.
D’altra parte, gestire il Credit Suisse peggio che negli ultimi venti anni è impossibile. I tre giornalisti tedeschi autori di Segreti Svizzeri hanno messo in luce gli scandali (costati miliardi di franchi di multe nel mondo!) e il ruolo dei “banchieri svizzeri nell’occultare le ricchezze di evasori, dittatori, mafiosi e della Chiesa, con l’aiuto dei politici”. (La Finma non ha letto?)
In Italia, nel periodo del boom del secondo dopoguerra, le maggiori banche nazionali erano pubbliche e controllate dall’IRI, l’Istituto per la Ricostruzione Industriale.
Ma restiamo a casa nostra: la Posta, le Ferrovie federali e la RUAG, azienda che produce “sistemi militari terrestri e aerei”, sono proprietà della Confederazione. Simonetta Sommaruga e Albert Rösti non sembrano equipaggiati per gestire traffico postale e ferroviario. E Viola Amherd non pare particolarmente competente nel campo degli armamenti (vedi acquisto dei jet F-35). Però le tre imprese funzionano.
La creazione del “mostro” UBS+CS (definizione della Neue Zürcher Zeitung) è ben più pericolosa di una nazionalizzazione, che poteva essere decisa subito dal Consiglio federale, e che rimane un obiettivo praticabile.
Sono in aumento le voci di chi vede nella creazione di una super-mega-banca, che elimina la concorrenza e che se fallisse trascinerebbe con sé l’intera economia del Paese, un pericolo da evitare. Thierry Burkart, presidente del partito liberale elvetico, formazione amica del mondo bancario, propone che l’unità svizzera di CS, che funziona bene, sia staccata e resa indipendente da UBS. Il capogruppo socialista Roger Nordmann e il presidente del Centro Gerhard Pfister non escludono che Postfinance, il settore finanziario della Posta in mano pubblica, possa giocare un ruolo nell’assumere una parte scorporata di CS.
Secondo l’economista Mariana Mazzucato, autrice di Ripensare il capitalismo, lo Stato ha dimostrato in più occasioni di essere più performante nel gestire aziende e imprese, puntando su sviluppo, innovazione e redistribuzione, invece che sul profitto.
C’è una proposta interessante, avanzata dal Forum Denknetz: dalle ceneri del CS potrebbe nascere la Swiss Climate Bank. In particolare, afferma Denknetz: “Le attività svizzere del Credit Suisse sarebbero separate da UBS e trasferite a un’organizzazione pubblica senza scopo di lucro. Un simile passo deve essere valutato anche per il business internazionale di Credit Suisse, ad esempio, in collaborazione con l’UNCTAD, la Conferenza delle Nazioni Unite sul Commercio e lo Sviluppo. Invece di una banca mostruosa orientata al passato, ci sarebbe un potente attore per un sistema bancario orientato al futuro”.
Una banca per il clima avrebbe un ruolo innovatore in Svizzera, e forse non solo, per finanziare la transizione ecologica. E potrebbe offrire altri servizi alla popolazione rispettando i principi del servizio pubblico. Per sostenere questa rivendicazione, sarebbe opportuno ripristinare, davanti al palazzo di Credit Suisse (ormai un po’ di noi contribuenti, visti i miliardi che offriamo), una postazione di Occupy Paradeplatz, rilanciando lo slogan di una dozzina di anni fa: “Save people, not banks”.
Nell’immagine: la versione zurighese di “Occupy Wall street”, nel novembre del 2011
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