Palloni sgonfiati
Fra partite, contestazioni e polemiche in Qatar, dall’Italia arriva la bomba calcistica ed esplode il “caso Juventus”
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Fra partite, contestazioni e polemiche in Qatar, dall’Italia arriva la bomba calcistica ed esplode il “caso Juventus”
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• – Redazione
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• – Enrico Lombardi
Fra partite, contestazioni e polemiche in Qatar, dall’Italia arriva la bomba calcistica ed esplode il “caso Juventus”
In questi giorni convulsi del mondiale pedatorio qatariota, forse non si sarà troppo notato che prima, durante e dopo le partite teletrasmesse in tutto il mondo, nella sequela di spot pubblicitari che le emittenti devono diffondere, ve n’è uno, l’ennesimo, che ha per protagonista CR7, Cristiano Ronaldo.
In una versione tipo Marvel, da eroe dei cinefumetti, l’idolo portoghese si muove furtivo fra statue che lo rappresentano e poi corre, corre sempre più veloce, e salta, e vola, calciando un pallone in classica rovesciata, per dare infine a chi lo guarda il benvenuto nel mondo del futuro, il mondo di Binance.
Dopo l’effetto ubriacante del forsennato montaggio non saranno forse in molti a chiedersi cosa cosa stia vendendoci questo spot, e men che meno cosa stia promuovendo il prode eroe attualmente senza contratto, ma capitano indiscusso della sua nazionale a Doha. Eppure è questione tutt’altro che irrilevante, perché Binance è attualmente, né più né meno, la prima piattaforma al mondo di criptovalute: per intenderci, quella che ( non troppo chiaramente) ha contribuito al chiacchierato crollo di FTX, di cui si è dato ampiamente conto anche in questa sede.
Dunque, l’uomo immagine per eccellenza del calcio di questi anni si fa testimonial convinto e persuasivo (certamente ben remunerato) della nuova frontiera della finanza, quella delle monete virtuali, che hanno, per inciso, parecchi autorevoli e pubblici seguaci anche dalle nostre parti.
La questione, appunto, non è irrilevante perché rappresenta bene, sigilla e suggella il binomio calcio e finanza, indicandoci in un minuto di spot quello che ci raccontano le cronache di questi ultimi anni, mesi, settimane, giorni: il calcio è un affare colossale, quotato in borsa, che cerca forsennatamente nuovi mercati e forme di guadagno a suon di miliardi e secondo una logica che non guarda in faccia a nessuno, se non a chi i soldi li ha e ne vuole di più, che siano calciatori, procuratori, dirigenti, azionisti, dirigenti federali nazionali ed internazionali.
Non sarà dunque troppo forzato mettere in relazione, all’insegna dello scultoreo Cristiano e dei suoi fedeli adulatori, le vicende alquanto inquietanti cui si sta assistendo attorno e dentro gli stadi di Doha con quanto è capitato all’improvviso ieri sera a Torino: le dimissioni in corpore dell’intero CdA della Juventus, il più blasonato club calcistico italiano.
La Juventus di Andrea Agnelli da ieri sera non c’è più, e quel che ne sarà è ancora un gran mistero, poiché la società è finita nuovamente sotto inchiesta, a Torino, con una serie di imputazioni da far rabbrividire. Senza voler entrare nei dettagli (che sono ancora tutti da indagare) si può dire tranquillamente che si sta avverando, alla Juve, quanto aveva fra gli altri vaticinato un noto ex-calciatore, bandiera di un altro blasonatissimo club calcistico, il Bayer di Monaco, ovvero Karl-Heinz Rummenigge, che non aveva esitato, ancora pochi giorni fa, a parlare di “calcio malato” anche per chiara responsabilità di Agnelli e di un club (la Juve, appunto) all’orlo della disperazione per una gestione finanziaria ormai incontrollabile.
Non suona forse tutto questo come qualcosa che ci ricorda i rischi che corrono tutti coloro che in varia misura si lanciano negli investimenti di valute virtuali, con una propensione, magari, a far diventare virtuali anche i bilanci ed i conti della spesa, da esibire a piacimento e con fantasia?
I gravi problemi della Juventus sono peraltro quelli di un calcio che più in generale ha vissuto uno sviluppo vertiginoso di investimenti a causa soprattutto dell’entrata in scena degli emiri dalle disponibilità economiche infinite, che hanno letteralmente “drogato” il mercato. Guai sempre più seri che in casa Juventus sono cominciati ad emergere proprio con l’acquisto clamoroso, quattro anni fa, di Cristiano Ronaldo, con un contratto mostruoso ed un ingaggio da 30 milioni netti a stagione.
Si ricorderà pure lo sciagurato tentativo, da parte di Agnelli e di altri presidenti di società in gravi difficoltà finaziarie (in primis il Barcellona) di dar vita ad una “Superlega” europea spazzata via in men che non si dica dalla mano ferrea e implacabile di Aleksander Ceferin, presidente sloveno dell’UEFA, capace di impugnare le più nobili ragioni morali per difendere un bastione affaristico miliardario che rischiava di essere messo in crisi… dalla crisi dei club.
Come meravigliarsi dunque che il Mondiale dell’ipocrisia si svolga nel deserto, sì, ma dentro una dorata oasi in cui zampillano miliardi come piovesse, ad accontentare ogni appetito, anche quello di quei pochi che provano ad aprir bocca o, emblematicamente, a tacere.
Da Ceferin ad Infantino, il passo è breve e comune è l’attenzione per un mercato (calcistico) che si vuole ampliare e soprattutto controllare, ma che, a suon di gestioni scriteriate, è sull’orlo dell’implosione: perché a tutto c’è un limite, anche alla protervia del denaro e all’ignavia degli idoli del mondo del calcio: palloni che rischiano fortemente di finire sgonfiati.
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