Parole di Giannis
Sull’idea che nello sport (e non solo) se non si vince si ha fallito
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Sull’idea che nello sport (e non solo) se non si vince si ha fallito
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Sull’idea che nello sport (e non solo) se non si vince si ha fallito
Giannis Antetokounmpo è un nome difficile da pronunciare e che a molti dirà poco o nulla. Per gli appassionati di basket americano, e per numerosi sportivi, è invece il nome di uno dei grandi protagonisti delle ultime stagioni di NBA, il più importante campionato di pallacanestro al mondo.
Giannis è greco con origini nigeriane, da dieci anni gioca nella squadra di Milwaukee, i Bucks, che ha portato alla vittoria del campionato nel 2021, dopo mezzo secolo dal precedente ed unico titolo. Per due anni è stato votato come il miglior giocatore della NBA, in virtù dei suoi numeri strabilianti e di prestazioni eccezionali. Da pochi giorni, dopo i gironi preliminari passati alla grande, la sua squadra è stata eliminata, a sorpresa, al primo turno dei playoff dai Miami Heat, dati da tutti per assoluti sfavoriti. Per il secondo anno consecutivo, Milwaukee esce di scena anzitempo e naturalmente ora fa i conti con i propri fans ed una dirigenza che ha già provveduto a licenziare l’allenatore.
Giannis durante la conferenza stampa. Sotto, il video
Al setaccio della stampa e dei giornalisti è passato naturalmente anche Giannis, chiamato a render conto della sua stagione e di quella della sua squadra. Una conferenza stampa che sta ora facendo il giro del mondo attraverso i social ed i milioni di visualizzazioni ottenute da un particolare momento, una risposta di Giannis Antetokounmpo a Eric Nehm, giornalista esperto della rivista specializzata “The Athletic”. Una risposta che ha aperto un’ampia discussione uscendo dallo specifico contesto dello sport, del basket, del basket americano. Ne parla, fra l’altro, diffusamente, un bell’articolo de “Il Post “ interrogandosi sulla parola cruciale su cui si focalizza la risposta del giocatore: “fallimento”.
La sconfitta come fallimento è un concetto che nello sport come in altri ambiti (anche esistenziali) è frutto di un’estremizzazione e nel contempo semplificazione massima della definizione di esperienze umane o sociali. Lo sport, in questo senso, insegna molto, nella sua contradditoria natura di essere espressione di “valori” che si vogliono anche morali, ma poi anche veicolo del più bieco mercantilismo o di ogni tipo di eccessi, a cominciare da quelli legati agli investimenti economici. Nel grande business in cui gli atleti hanno anzitutto una quotazione finanziaria, circondati da nugoli di agenti e procuratori assetati di soldi oltre che di sangue, il discorso puramente esperienziale, relativo a quanto un ragazzo o una ragazza e poi un uomo o una donna possano crescere nel confronto, nello scontro sportivo, nel superamento dei limiti, passa totalmente in secondo piano. Gli stessi “appassionati”, sono spesso orde di indemoniati leoni da tastiera pronti ad esaltare o a distruggere a seconda del risultato, della vittoria o del… fallimento. Centinaia, migliaia di ragazzi che anche da noi calcano campetti sportivi, si ritrovano progressivamente a misurarsi con il prossimo in un contesto di competitività a volte quasi crudele, con lo spauracchio incombente, imminente del “fallimento”, fantasma sventolato loro davanti agli occhi da genitori, parenti, amici come il più triste e scontato dei destini. A loro, forse, a questi adulti cresciuti sull’onda di parole d’ordine come “vincere è l’unica cosa che conta”, possono e dovrebbero essere destinate anzitutto le parole di Giannis Antetokounmpo.
Giornalista : Vorrei chiederti, alla fine di questa stagione: dobbiamo definirla un fallimento?
Giannis: Oh mio Dio! (pausa) mi hai fatto questa stessa domanda l’anno scorso, Eric. Giusto? Bene, in quest’anno che è passato e in ogni anno che passa, nel tuo lavoro tu ottieni regolarmente una promozione, un premio, qualcosa del genere? No? Giusto.
Quindi ogni anno il tuo lavoro è un fallimento? Si o no? No, evidentemente. Ogni anno lavori per raggiungere qualcosa, per un obiettivo, che può essere quello di ottenere una promozione sul posto di lavoro, oppure di essere in grado di badare meglio e di più alla tua famiglia, prenderti cura dei tuoi genitori, chessò, o di comprarti una casa. Lavori per questo, e non è un fallimento se non raggiungi tutto, e subito, perché sei su un percorso fatto di gradini … scusami il tono, non ho assolutamente nulla contro di te, lo dico con rispetto…
Dicevo, ci sono dei gradini, degli steps da superare, è così… Michael Jordan ha giocato in NBA per 15 anni ed ha vinto 6 titoli: questo significa che nella sua carriera ha fallito 9 volte? È questo che pensi? Perché con la domanda che mi hai fatto parrebbe che per te sia così. Dimmi: sì o no? No? E allora perché torni a farmi questa domanda? È una domanda sbagliata, perdonami, perché non esiste fallimento nello sport.
Ci sono giorni buoni e giorni meno buoni, situazioni in cui raggiungi il successo e altre in cui non ce la fai. Qualche volta è il tuo momento altre volte no. Questo è lo sport. Non devi e non puoi sempre vincere, perché vincono anche gli altri, e quest’anno vincerà qualcun altro. L’anno prossimo si cercherà di fare di più e si proverà a giocare meglio per tentare di vincere. Abbiamo vinto nel 1971 e poi nel 2021: in mezzo ci sono stati 50 anni di fallimenti? Ma no, non si può pensare in questo modo.
Perdonami, comunque, ti rispondo così solo perché proprio tu mi hai posto la stessa identica domanda lo scorso anno. Ma non c’è niente di personale.
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