Profeti in patria?
In un disco antologico appena pubblicato, l’opera di Ivo Antognini, compositore ticinese di musica corale eseguita e diffusa nelle più prestigiose sedi internazionali - Di Zeno Gabaglio
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In un disco antologico appena pubblicato, l’opera di Ivo Antognini, compositore ticinese di musica corale eseguita e diffusa nelle più prestigiose sedi internazionali - Di Zeno Gabaglio
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In un disco antologico appena pubblicato, l’opera di Ivo Antognini, compositore ticinese di musica corale eseguita e diffusa nelle più prestigiose sedi internazionali - Di Zeno Gabaglio
“Nel 2016 si è tenuto un concerto interamente dedicato alla sua musica corale al Lincoln Center for the Performing Arts di New York e la sua prima ampia opera – A prayer for Mother Earth, per coro, orchestra, soprano solista e pianoforte – è stata presentata in anteprima alla Carnegie Hall”.
Di chi stiamo parlando? Nel senso: a quale significativo autore, nostro contemporaneo, si potrebbero riferire simili e tanto prestigiose contingenze? E ancora: dove vive e opera un compositore così inserito in contesti musicali di valenza internazionale?
La risposta è semplice ma anche difficile. Semplice, perché si tratta di Ivo Antognini di Aranno. Difficile perché – a differenza di tanti altri artisti nostrani, di cui si cantano settimanalmente le lodi per opere o riscontri spesso meno rilevanti – l’attenzione dei media e dei programmatori della Svizzera italiana è assai lontana dal riconoscere e fieramente declamare le qualità di un autore che altrove ci invidiano, e non poco.
Una disattenzione che è senz’altro un peccato – anche solo perché nella nostra regione gli autori di musica scarseggiano in numero, qualità e visibilità – ma se ne parliamo oggi qui è perché ci è offerta una concreta occasione per porre rimedio a questa palese ingiustizia.
E che occasione: Hyperion – una delle più rilevanti etichette discografiche britanniche – ha appena pubblicato “Come to me in the silence of the night”: un intero disco monograficamente dedicato alle opere corali di Antognini, affidate all’interpretazione del Trinity College Choir Cambridge diretto da Stephen Layton.
L’impostazione è quella di una sorta di “best of” della musica corale scritta da Antognini tra il 2010 e il 2021. Un arco temporale non amplissimo ma certamente significativo perché Antognini – classe 1963, formatosi prima come pianista in contesti classici e poi affermatosi in ambito jazzistico – è arrivato alla scrittura per coro “soltanto” nel 2006, come conseguenza di un invito di Mario Fontana e del suo Coro Calicantus.
Una folgorazione, quella della scrittura per voci, che non ha tardato a dare frutti estremamente significativi, presto e spesso valorizzati dai migliori cori su scala internazionale. Si potrà dire che proprio quello corale è un dominio esoterico, poco permeabile all’interesse o alla curiosità di chi non è un iniziato. Ma i numeri – e la pratica di tante persone anche nella Svizzera italiana – ci dicono esattamente il contrario. E non mancano di certo anche da noi concerti o notizie dei nostri vari cori, da quelli bravini e quelli bravissimi.
L’ascolto di “Come to me in the silence of the night” deve quindi valere più come una scoperta, che non come una riscoperta o una conferma, di un valore culturale che potrebbe (dovrebbe?) risultarci familiare. E in quanto scoperta, le sedici tracce del disco non lasciano certo insoddisfatta la curiosità e la soddisfazione. A partire dalla title track, Come to me che – malgrado il testo tratti di un lutto in amore – apre a un gratificante sentimento di pace interiore. Non una pace lugubre da eterno riposo, quanto piuttosto una serenità dinamica, che schiude a scoppi di luce, folate di gioia o di emozione (e qui certe armonie di ascendenza jazzistica, dove la sostituzione accordale sposta i riferimenti che l’ascoltatore si attenderebbe, ha un fondamentale ruolo di apertura e maestosità).
Le tematiche contigue al sacro (o propriamente sacre) – così come l’idea di coralità come un sovrapporsi di strati – potrebbero lasciar immaginare un disco piuttosto uniforme, emotivamente ed espressivamente lineare. E invece c’è anche spazio per brani come il Jubilate Deo, in cui un’accentuata scansione ritmica e il gioioso/giocoso succedersi delle parti conduce l’ascolto in territori anche molto variegati.
Certo: per restituire degnamente una simile varietà poetica è fondamentale un gesto interpretativo di grande qualità e partecipazione. E siccome ancora non l’abbiamo scritto, qui lo sottolineiamo: il coro che ha scelto di dedicare un intero disco alla musica di Ivo Antognini – ovvero il coro del Trinity College di Cambridge – è stato classificato quinto miglior coro al mondo nella classifica dei “20 Greatest Choir” della rivista Gramophone. Stiamo parlando del non plus ultra: un’attestazione di qualità che davvero dovrebbe renderci tutti fieri.
Il filmato della registrazione di “Come to me” da parte del “Choir of Trinity College Cambridge”
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