Passi e pensieri scendendo lungo la Val Camadra
Dai rave party stupranti alla natura e ai suoi diritti
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Dai rave party stupranti alla natura e ai suoi diritti
• – Silvano Toppi
Il vertice russo-africano di San Pietroburgo si chiude con la promessa di Putin di regalare il grano ad alcuni paesi del continente nero: che comunque condanna l’uscita di Mosca dall’“accordo del Mar Nero”
• – Yurii Colombo
Il populismo che avanza, in nome della “gente autentica” e contro le élite "cosmopolite e corrotte"
• – Redazione
L’ottantesimo della nascita e il decennale della scomparsa hanno riportato il cantautore al centro dell’attenzione. Complice anche una splendida mostra itinerante
• – Michele Ferrario
Barbieworld è un mondo meno lontano di quanto pensiamo, alcuni di noi un po’ ci vivono già
• – Simona Sala
Pubblicato uno studio che si basa su campioni prelevati da 38 laghi
• – Redazione
• – Franco Cavani
Al potere dal 1985, il Primo Ministro cambogiano, 70 anni, ha annunciato le dimissioni tre giorni dopo la sua vittoria elettorale. A succedergli sarà il figlio Hun Manet: uno smacco per la democrazia
• – Loretta Dalpozzo
Pubblicato un rapporto di Amnesty sui metodi di controllo fortemente oppressivi, utilizzati e intensificati dalle autorità iraniane, nei confronti di donne e ragazze
• – Redazione
Esternazioni social dentro un gruppo Facebook privato di sostenitori di Lega e Udc
• – Rocco Bianchi
Dai rave party stupranti alla natura e ai suoi diritti
Scendendo lungo la Val Camadra mi imbatto in un amico, di Ghirone-Cozzera, che sale di corsa verso Pian Geirett, il pianoro ai piedi della mitica Greina. L’amico non è di quelli che presenta la rubrica televisiva SottoSopra, per i quali contano solo le distanze percorse tra le montagne e gli “exploit”. Ha infatti una sola preoccupazione: andare a verificare se hanno risistemato (come gli aveva promesso l’attenta Claudia, la sindaca) una statua che è stata imbrattata di vernice. Dev’essere stato un atto vandalico, forse vendicativo, lasciato da un rave party mancato (per intervento del Comune e della Polizia).
I rave party sono definiti aggregazioni per ascoltare musica e ballare, che si svolgono fuori dai luoghi convenzionali (come le discoteche). Vi si ascolta musica techno, techno hardcore, psy-trance, drum and bass, dubstep e via dicendo. Musica da gran fracasso, insomma. A quanto pare i rave si stanno moltiplicando, anche attorno o sopra i 2000 metri di altitudine (da quello della Roggiasca, sui monti di Roveredo, che suscitò notizia per una ragazza morta, a quelli sul Monte San Giorgio, in località Serpiano, a Pian Geirett, alla diga del Narett in val Lavizzara), perlopiù anche con notevole afflusso di auto. Tanto da allarmare il granconsigliere liberale-radicale Zanetti che con una interrogazione al Consiglio di Stato chiede “quali possano essere gli strumenti per limitarne la presenza sul territorio”. Con un’aggiunta non da poco: sembra che vi sia un’alta partecipazione, sino al 90 per cento in val Lavizzara, di “clubber” (come si definiscono) italiani…perché in Italia sono stati vietati e chi trasgredisce può anche finire in prigione.
Ha scarso o insufficiente senso dire che con quei rave party si deturpa la natura, che si lasciano rifiuti che poi il comune deve raccogliere, che si pongono problemi per la circolazione o per i controlli, che si disturbano i turisti, che si offrono devastanti alternative agli italiani in astinenza, che si finisce facilmente negli stupefacenti e poi in ospedale… Si dovrebbe invece semplicemente dire che quei rave party sono uno stupro alla natura. E per dire questo (ma è un esempio, certamente più eclatante, tra i tanti) bisogna anche sostenere che la natura ha dei diritti o che alla natura vanno riconosciuti dei diritti ben precisi e intangibili. Ed è sulla base di quelli (come chiede il granconsigliere Zanetti) che si può e si deve intervenire.
Il diritto di avere diritti ha sempre richiesto un notevole sforzo politico; non è facile cambiare le norme o le istituzioni che respingono nuovi diritti. Lo vediamo con la questione del clima, quando si muove la cieca e ottusa opposizione, perlopiù di destra, con il pretesto che si tratti solo di un’ideologia, di dimostranti ritenuti fanatici, di regole liberticide, dei sacrifici inaccettabili, dell’incatenamento o delle perdite dell’economia.
Tutto ciò dimostra quanto sia complesso considerare la natura come soggetto di diritto, alla stregua di una persona, benché sarebbe salutare la trasformazione strutturale della società e della stessa civiltà che ne deriverebbe. Tuttavia, come si arriva a considerare una società immobiliare una “persona giuridica” (o un ente morale!) perché non lo potremmo pensare per la natura? Riusciamo a riconosce dei diritti quasi-umani a società cosiddette anonime, ma non a tutto quanto è consustanziale, come natura, all’uomo, esso stesso natura?
Probabilmente perché l’essere umano, con le sue forme di organizzazione sociale tutte concentrate su di sé (antropocentriche), si ritiene come fosse “fuori dalla natura”. E infatti la separazione tra cultura (civiltà) e natura è stata una delle azioni ideologiche tra le più assurde e brutali dell’umanità perché ha aperto la strada alla manipolazione e alla violentazione (lo stupro, appunto) della natura, in particolar modo con la cosiddetta “civiltà capitalista”. Ora, è solamente legando le due, natura e cultura, che la politica può acquisire una nuova pertinenza, che non sia chiacchiera, finta preoccupazione, sterile denuncia
In questo complesso scenario, il passaggio dalla “natura in quanto oggetto” alla “natura in quanto soggetto” (che alle volte avverti singolarmente presente anche tra i nostri alpigiani quando ti fermi a discutere con loro) assume sempre più forza e si nutre con le lotte per la protezione della natura, con gli apporti scientifici, giuridici o persino teologici (basterebbe leggere l’enciclica “Laudato sì “di papa Francesco).
Che implica anche una nuova economia, la quale deve smontare quell’impalcatura che (come dice un economista spagnolo, Manuel Naredo) “ha svuotato la nozione di produzione della sua materialità e separato completamente il ragionamento economico da quello fisico; una nuova economia in cui la natura deve poter imporre dei limiti, anche perché se si distrugge la natura, la base stessa dell’economia è distrutta”. Tuttavia, anche qui, non bisogna cadere nella trappola dello “sviluppo sostenibile” o del “capitalismo verde”, ora tanto pubblicizzato dalla finanza, che si traduce spesso e solo in mercantilismo ambientale.
Difendere la natura, incorporandola come soggetto di diritto nella Costituzione o in una legge, è difendere sé stessi, perché noi siamo natura, perché è la Terra-madre che ci dà il diritto di esistere ed è in essa che si trova l’origine di tutti i diritti. Pochi giorni fa si leggeva che Klaus Bosselmann, professore di diritto ambientale dell’Università di Auckland (Nuova Zelanda), di fronte a ciò che succedeva nel suo paese (incendi), sosteneva categoricamente: “Senza i diritti della natura, la libertà è un’illusione”.
Perché i diritti della natura ci permettono di leggere differentemente la dura realtà che stiamo vivendo e che nessuno può negare o minimizzare e ci danno anche lo strumento per cambiarla alla radice.
Nell’immagine: l’ispiratrice (e incantevole) Val Camadra
È il tema cruciale di un convegno luganese indetto in occasione della Giornata mondiale dei Diritti Umani
Nella notte dei fuochi d’artificio il cielo resta azzurro, azzurro per tutti