Tacco 12 o Birkenstock?
Barbieworld è un mondo meno lontano di quanto pensiamo, alcuni di noi un po’ ci vivono già
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Barbieworld è un mondo meno lontano di quanto pensiamo, alcuni di noi un po’ ci vivono già
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Barbieworld è un mondo meno lontano di quanto pensiamo, alcuni di noi un po’ ci vivono già
La scena a nostro avviso forse più iconica (o significativa? o è la stessa cosa?) nell’iperdiscusso, ipercommentato, ipercriticato, e iperosannato film Barbie (difficile a questo punto incastonarsi in un dibattito di tale portata e intensità, soprattutto quando ne hanno già parlato e scritto tutti) è quella in cui una signora del plasticoso regno rosato in cui gli uomini sono magnifici esemplari di riuscitissimo melting pot, anagraficamente allineati e succubi alle donne, mette la protagonista davanti a una scelta. Dondolando un paio di scarpe con tacco in una mano e un paio di sandali nell’altra, chiede a Barbie se vuole continuare a camminare a una decina di centimetri da terra oppure finalmente (o per una volta) appoggiare i talloni sul suolo.
In altre parole, la magnifica bionda-cenere, impersonata da una stupenda Margot Robbie, vuole indossare a oltranza il sexyssimo tacco alto (immaginiamo che l’alluce valgo nel Barbieworld non sia previsto), oppure indossare delle comode e rassicuranti Birkenstock per capire finalmente cosa sia la vita vera?
Barbie, a dire il vero, oltre alla caduta di stile dovuta alle Birkenstock (peraltro ormai sdoganate anche dalla vippanza, tanto che il rapper Future ha creato il modello “Birkinstock”, realizzato da una Hermes-Birkin in coccodrillo), vorrebbe evitare quel salto verso la normalità, ché non si sa mai: in fondo, sono troppe le cose non chiare su cosa troverà dall’altra parte, e la comfort zone è sempre difficile da lasciare, ma alla fine vi sarà costretta.Come è andata poi, si sa. Nel mondo vero non sono le donne a comandare, anzi, e poi le cose sono tutte un po’ più difficili e meno belle di quelle che accadono a Barbieworld, dove tanto per dirne una, non esiste la morte, e Barbie non tarda a rendersene conto.
Per tornare alle Birkenstock però, abbiamo avuto come un déjà-vu: Barbieworld, in fondo (ma forse nemmeno poi tanto), non è un luogo molto diverso da un social, e in particolare da quello potenzialmente più patinato del pianeta. Un luogo dove, se lo si sceglie, la vita può ridursi a semplice immagine di sé stessa fine a sé stessa, senza bisogno di contenuti. Sì, perché anche Instagram può essere così: come Barbieworld presenta vite luccicanti ed edulcorate in milioni di suoi profili gestiti da persone meravigliosamente belle e sorridenti, che vivono in regge faraoniche, si aggirano in luoghi incontaminati a climi temperati, con i borselli pieni e il cuore appagato da relazioni armoniose.
Lasciando da parte Instagram, che è fra i social preferiti e fortunatamente presenta anche profili interessanti, Barbieworld però può essere anche tra di noi, creature umane, in carne e ossa. Ce lo ha ricordato l’altro giorno lo scrittore e giornalista ( e padre di cotanto proprietario di giornale) Alain Elkann, quando, spacciandolo per un racconto estivo, ha narrato inorridito di un tragico viaggio in treno, a contatto con un mondo misterioso e minaccioso, popolato di giovani in maglietta bianca e scarpe Nike (per Elkann probabilmente socialmente e a livello di prezzi sono equivalenti alle Birkenstock). Un affronto per uno elegante come lui, in abito di lino stazzonato in pieno luglio (avrebbe potuto farsi un selfie e postarlo su Instagram), in compagnia di ottime letture, di una penna e di un taccuino. E soprattutto immerso in un mondo di gioia perenne e scarpe su misura.
Così come Barbie, anche Elkann si è dovuto rendere conto (più che una certezza però, il nostro è un auspicio) che, con o senza Birkenstock, prima o poi, Barbieworld il conto lo presenta sempre.
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