Perché la pace Russia-Ucraina non è possibile
Al massimo russi e ucraini bisbigliano in russo sotto il tavolo, senza produrre nulla
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Al massimo russi e ucraini bisbigliano in russo sotto il tavolo, senza produrre nulla
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Al massimo russi e ucraini bisbigliano in russo sotto il tavolo, senza produrre nulla
La pace in Ucraina è impossibile. La guerra può finire solo in tre modi: collasso russo, collasso ucraino o cessate-il-fuoco per esaurimento di entrambi un minuto prima del loro cedimento strutturale. Nel primo caso crollerebbe non solo Putin ma forse la Federazione Russa. Nel secondo, insieme a Zelensky sarebbe eliminata anche la Repubblica Ucraina, spartita fra russi e altri vicini. Nel terzo, il grado di distruzione fisica e morale deciderebbe della sopravvivenza di Putin e Zelensky e impegnerebbe per molti anni i loro successori in una ricostruzione da quasi zero. Nessuno dei tre scenari implica negoziato, tantomeno trattato di pace. Solo capitolazione (casi uno e due) o tregua lungo la linea del fuoco garantita da un contingente internazionale, impregiudicate restando le incomponibili rivendicazioni territoriali di russi e ucraini.
Poiché la guerra è al grado strategico uno scontro sempre più diretto fra Stati Uniti e Russia, quindi si riflette sulla decisiva partita sino-americana, i tre esiti citati cambierebbero di molto la posizione del Numero Uno. Per Washington la terza ipotesi sarebbe la meno peggiore. La prima potrebbe parere ottimale, non fosse che implicherebbe il rischio di disintegrazione della superpotenza atomica rivale, con effetti imprevedibili, e la fine della motivazione con cui l’America ha sempre legittimato la sua egemonia in Europa: proteggerci dai russi, rossi o bianchi che siano. Non facile inventarsene un’altra. Insomma, Putin sarà un “figlio di puttana”, ma Biden non vuole certo fargli perdere la faccia. Tantomeno vuole perdere la Russia. Il problema è che non sa bene che cosa volere. Quanto a noi europei, divisi su quale sia lo scenario meno devastante, saremo comunque chiamati a pagare prezzi economici e ad assumerci responsabilità di sicurezza di cui preferiamo non avere idea. Far finta di nulla, quasi la partita investisse solo la nostra volontà/capacità di tenere in piedi l’Ucraina aggredita con armi e denari, rischia di provocare uno shock quando dovremo effettivamente pagare la nostra quota di conto. Quando, non se. Comunque molto più di quanto abbiamo già devoluto. Perché certo l’America non paga per noi.
Dopo vari mesi di inconclusiva controffensiva ucraina, siamo a questo trivio. L’Ucraina ha resistito eroicamente all’invasione russa, al prezzo però della perdita di un quinto del proprio territorio (il danno minore, considerando anche che sono spazi abitati in buona parte da cittadini ucraini non simpatizzanti per Kiev), oltre a milioni di rifugiati o sfollati (pari a circa un terzo degli abitanti al momento dell’indipendenza, nel 1991), a decine di migliaia di morti e alla fine della sovranità finanziaria (il Tesoro ucraino vive dei fondi americani ed europei). Visto il prevedibile stallo al fronte, Zelensky spera di ottenere ciò che non può avere con le armi attraverso una controffensiva diplomatica, che però si limita al dialogo con paesi amici o non avversi. Ma questa è propaganda, non politica. E’ col nemico che si negozia. Finora non se ne vede segno. Al massimo russi e ucraini bisbigliano in russo sotto il tavolo, senza produrre nulla.
La Russia dice di volersi “accontentare” dei territori annessi, una volta fallito il blitz su Kiev. Ma nessun governo ucraino può permettersi di cedere i territori occupati. I russi hanno subìto gravi perdite. Soprattutto, sono finiti nella tenaglia sino-americana. I due cari nemici godono dell’indebolimento della Russia, chi allargando la Nato chi mettendo le mani sulla sfera d’influenza ex sovietica, specie in Asia centrale. Nella guerra di attrito tuttavia la Russia dispone di risorse nettamente superiori all’Ucraina. Quindi potrebbe permettersi di proseguire il conflitto contando sul collasso di Kiev, ovvero sul non troppo graduale disimpegno degli occidentali. Scommessa ad alto rischio. Perché un conflitto che non si chiude spesso si allarga.
Quanto agli americani. Da quasi un anno hanno fatto sapere a Kiev che è meglio finirla qui. Soluzione “coreana”: cessate-il-fuoco a tempo indefinito, senza che nessuno debba concedere nulla. Il brusco “no” di Biden all’ingresso ucraino nella Nato, contro il parere di polacchi, baltici e altri europei, è segno esplicito di questa volontà. Inoltre, supportare la controffensiva ucraina con armi peraltro non decisive e insieme commentarne pubblicamente le scarse possibilità di successo rivela un eccesso di cinismo, per niente apprezzato da Zelensky. Ora Washington scopre di aver perso il controllo di Kiev, che in realtà non ha mai avuto. E teme che se l’Ucraina decidesse di battersi a tempo indefinito, fino all’ultimo uomo, rischierebbe di perdere tutto. A quel punto la sconfitta strategica sarebbe americana, visto il capitale di credibilità investito nella causa del paese aggredito. Altro che Afghanistan. La guerra non sta andando secondo i piani di nessuno, come quasi sempre. In carenza di una vera pace, il cessate-il-fuoco potrebbe arrivare troppo tardi per tutti. Sarebbe questo il tempo della diplomazia segreta diretta, unica alternativa alla catastrofe. O forse sarebbe stato, per esempio in tempo di guerra fredda. Ma quello era un ordine di pace e questo è il mondo della giungla.
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