Di una ragazzina che si interroga
Le domande che si pone e ci pone il mondo dell’infanzia e che il mondo adulto della politica non sa accogliere se non strumentalizzando
Filtra per rubrica
Filtra per autore/trice
Le domande che si pone e ci pone il mondo dell’infanzia e che il mondo adulto della politica non sa accogliere se non strumentalizzando
• – Fabio Merlini
Stampa / Pdf
• – Franco Cavani
Dalla Schweizerische Kreditanstalt fondata nel 1856 da Alfred Escher ai ripetuti scandali, a cominciare da quello di Chiasso: una panoramica delle tappe fondamentali della storia dell'istituto bancario
• – Redazione
Nel mirino del regime di Ortega soprattutto l’Università Centroamericana, costretta a chiudere le porte e le aule a 5000 studenti e 500 docenti
• – Gianni Beretta
Amnesty denuncia: giustifica la guerra di aggressione della Russia in Ucraina come un legittimo atto di autodifesa e viola il diritto ad un'istruzione adeguata e di qualità
• – Redazione
La crisi economica e del mercato immobiliare in Cina mette in serio allarme la finanza globale?
• – Christian Marazzi
Funerali a porte chiuse, ma poi lunghe code per visitare la tomba del capo della Wagner; il Cremlino nega la collaborazione internazionale per l’inchiesta sullo schianto dell’aereo
• – Yurii Colombo
Non si placa la polemica sull’agenda scolastica e le sue due pagine “gender”: è l’ora dei “dibattiti”, appaltati a politici pronti a dire tutto su tutto, al di là delle competenze - Di Massimo Danzi
• – Redazione
Le discriminazioni razziali, contro o a tutela delle minoranze, sembrano eliminate; eppure l’accesso alle principali università private è ampiamente discriminatorio perché favorisce nettamente i ceti agiati
• – Boas Erez
Christina Rosamilia, attrice e scrittrice nata e cresciuta in Ticino, parla del suo ‘viaggio all’inferno’ durante le scuole e di come evitare tanta sofferenza
• – Redazione
Le domande che si pone e ci pone il mondo dell’infanzia e che il mondo adulto della politica non sa accogliere se non strumentalizzando
Può tradurre apprensione, tutela, sprone – o qualsiasi altro timore o desiderio. Più un nostro modo di essere, però, che non una attenzione sincera verso i loro bisogni e le loro necessità. Può quindi capitare di sbagliare approccio perché “apprensione”, “tutela”, “sprone” e altri atteggiamenti simili il più delle volte tradiscono fragilità, ansie, limiti e desideri. Sono tutte proiezioni che un genitore con un minimo di consapevolezza e buona volontà riconosce immediatamente e, semmai vi riesca, cerca anche di correggere. Il “bene” dei nostri bambini e ragazzi è sempre l’obiettivo o dovrebbe esserlo. In che modo, però, “il bene” sia tradotto, come venga inteso e declinato quando è in gioco l’educazione e la cura di quanti necessitano del nostro aiuto, questo è ancora tutto un altro discorso. “Volere bene”, volere il loro bene non è di per sé una garanzia di “fare bene”, di fare il loro bene. Sono temi rispetto ai quali esiste oggi una bibliografia sconfinata.
C’è però anche un altro sguardo su infanzia e adolescenza che deve oggi destare preoccupazione. È quello di chi parla dell’educazione dell’infanzia e dell’adolescenza non pensando alla loro realtà, ma al tornaconto che un certo modo di parlarne assicura. Succede quando lo sguardo e il discorso sull’infanzia hanno di mira altro: un bottino che può essere intascato discorrendo di qualcosa non perché esso stia davvero a cuore, ma perché viene riconosciuto come terreno propizio ad intercettare ansie e paure da cavalcare, ossia da capitalizzare in una qualche forma di vantaggio. È sempre la vecchia storia: strumentalizzare quel che si prospetta come un’occasione per aumentare il proprio credito, dopo aver intercettato con destrezza la direzione in cui soffia il vento.
È il caso della politica, quando si mobilita attorno a un tema non perché sul tema abbia effettivamente qualcosa da dire. Quanto perché da un certo modo di affrontarlo è possibile carpirne qualcosa. Può essere un qualsiasi tema, dato che il discrimine non è la competenza, bensì la capacità di intuire come affrontarlo per approfittarne il più possibile, una volta intuito quali malumori, quali intolleranze, quali incomprensioni vi aleggino intorno.
È una tecnica antica, che la politica conosce molto bene. E che può persino assicurare notevoli successi a chi la persegue. È successo in passato e succede oggi. Ha però un altissimo prezzo: mina alla base la salute, sempre fragilissima, della democrazia. Il suo terreno di cultura non è infatti quello della discussione pubblica ben argomentata e partecipata, nel desiderio di una sempre più consapevole e articolata tematizzazione delle varie questioni, oggi complessissime, inerenti alla vita in comune. Si tratta, al contrario, di una strategia che alimenta le sue azioni muovendosi per così dire ai livelli più viscerali del corpo sociale, rilevandone i malumori, i risentimenti, le paure, le reazioni di intolleranza maggiormente aggressive. Il che, intendiamoci, non è di per sé una frequentazione sconveniente. A condizione però di sapersi poi impegnare nell’ingrata, laboriosa e faticosissima analisi delle loro cause. Un lavoro che presuppone non poche doti scompositive, oltre che un grande senso di responsabilità – visto che le cause sono sempre plurali, articolate, intrecciate e sicuramente mai riconducibili a un solo fattore da additare quale unico responsabile (ora le élite, ora la mondializzazione, ora la speculazione, ora l’immigrazione, ora gli stranieri, ora i frontalieri). E vista anche la scarsa disposizione all’ascolto su cui possiamo contare oggi. Ma c’è di peggio. Ed è quando non si è affatto interessati alle cause, poiché conta solo approfittare delle conseguenze problematiche senza avere minimamente a cuore la loro soluzione. Anzi, il successo dipende esattamente dalla persistenza delle conseguenze, dal fatto cioè che esse rimangano proprio lì dove sono. È chiaro che siamo all’interno di un operare in cui tutto, proprio tutto, vale semplicemente come una risorsa da cui trarre più vantaggi possibili. Allora, qui, non abbiamo solo il tradimento della politica. Abbiamo anche il tradimento della democrazia.
Così, può capitare persino questo. Che una ragazzina, la quale guardandoci, si interroga attorno all’oscillazione del suo sentimento di appartenenza di genere, susciti in noi uno sguardo del tutto cieco. Cioè uno sguardo che, invece di approfittarne al fine di interrogarsi sulla sua disponibilità ad accogliere una manifestazione della vita sempre esuberante rispetto alle nostre categorie (non è un caso che, dalla pagina dell’agenda scolastica incriminata, la ragazzina ci stia guardando), si chiede invece subito che cosa sia possibile farne politicamente. Ovvio, dopo aver previsto le reazioni a catena innescabili in una società confrontata per la prima volta (un compito difficilissimo) a un discorso sulla differenza inedito e spiazzante, in cui sono finalmente i diritti a venire avanti e non la più brutale repressione – almeno alle nostre latitudini. Ci sono condanne, come in questo caso, che più che essere interessate all’oggetto della condanna, lo sono ai loro effetti. È sempre certamente possibile farne anche un problema di opportunità: come parlarne, con chi, quando, in quali luoghi, a quali condizioni. Ma queste sono spesso sottigliezze strategiche che nascondono altro.
Alla fine, ciò che dobbiamo chiederci è se vogliamo una realtà inchiodata alle categorie nelle quali ci conosciamo, riconosciamo (e misconosciamo), e quindi aggressiva, violenta e censoria verso tutto ciò che non vi rientra. Oppure una realtà maggiormente variegata, appunto esuberante rispetto agli schemi mediante cui la guardiamo e ci guardiamo. Posso certamente essere spaesato dalla persona che mi passa accanto e di cui, per così dire, non inquadro immediatamente il “tipo”. Pur non volendolo ammettere, posso essere addirittura inquietato da una certa fascinazione subita senza riuscire a metterla in conto. Anzi proprio per questo. Il fatto è che un mondo in cui ciò accade non è un mondo più povero. È un mondo infinitamente più ricco.
Articolo scritto per laRegione
Nell’immagine: fotografia di Rosemary Ketchum (Pexels)
Qual è il vero bersaglio di Putin, l’autocrate che disse: ‘il crollo dell’Urss è la più grande tragedia del ventesimo secolo’
Tra un mese e mezzo, le elezioni dell’assemblea che riunisce 27 nazioni: previsioni che annunciano l’avanzata delle destre continentali, ma fino a che punto e con quali...