Quando la libertà deve avere un costo
Accesso alle cure per negazionisti e soci, ma a spese di chi?
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Accesso alle cure per negazionisti e soci, ma a spese di chi?
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Accesso alle cure per negazionisti e soci, ma a spese di chi?
Con un filo di sgomento assisto alle manifestazioni degli aperturisti, no-vax, negazionisti e altri rappresentati della variegata galassia di coloro che negano l’esistenza del virus, o la gravità dei suoi effetti, o lamentano i tremendi guai che causerebbero i vaccini, e assumono atteggiamenti plateali di rivolta contro i protocolli; un vago malessere che nasce sia dalla granitica certezza che questa gente manifesta senza prova alcuna, sia da quei rituali officiati da persone mascherate e/o biancovestite, in cortei a metà strada tra processioni spagnole della “settimana santa” e rituali da Ku Klux Klan. Non entro nel merito del tema sanitario, sul quale ho già espresso la mia opinione, che conta zero e che è in sostanza un appello un po’ fatalista a prendere atto della finitezza umana e del fatto che nella vita un rischio-zero non esiste.
Volevo parlare d’altro.
Con una certa regolarità si parla dell’ipotesi di chiamare alla cassa coloro che abbiano adottato comportamenti pregiudizievoli per la propria salute e capacità lavorativa, ma che non seguano le opportune terapie e non cessino/limitino tali comportamenti. Ci si riferisce in particolare a tossicomani di ogni sponda; costoro (era la proposta del premier inglese Cameron, poi plebiscitata in un sondaggio in Svizzera) dovrebbero beneficiare in modo limitato degli aiuti sociali, e pagherebbero maggiormente i costi della sanità, con riferimento alle patologie provocate dai loro comportamenti, a condizione che pervicacemente rifiutino di cessarli. Si tratta di una regola di elementare buon senso, con effetti finanziari forse non simbolici ma, soprattutto, un potente stimolo all’adozione di atteggiamenti di vita meno autopunitivi. Tornando ai manifestanti, mi piacerebbe che quel variegato mondo di scettici (e in particolare quelli che si fanno un ostentato e orgoglioso baffo delle semplici misure richieste dai protocolli sanitari) sapesse che, se l’evento che loro negano li colpisse, ed essi rivendicassero – come puntualmente fa(ra)nno – un immediato, sollecito e puntuale accesso alle terapie, essi avranno sì diritto alle cure come tutti gli altri, ma che i costi saranno messi a loro carico.
Come in ogni ambito, siamo inclini ad atteggiamenti virtuosi solo se obbligati a farlo; gli appelli al senso di responsabilità individuale o sociale si sono da tempo rivelati inefficaci, e non solo in economia. La libertà dei propri comportamenti non deve avere un prezzo, ad eccezione però del caso in cui il peso economico di tali comportamenti ricada su altri. Poi, nel caso di specie, il provvedimento permetterebbe a questa gente di manifestare con non simbolica chiarezza la coerenza della loro posizione, non potendo noi pretendere che essi la spingano fino al punto di rifiutare le cure e, conseguentemente, di defungere per le proprie “idee”; insomma, un bell’aiuto, anche se non a costo zero per loro.
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